Forza e Coraggio: la vera Alessandria è tornata
Giu 9, 2025

Nel calcio, come nella vita, ci sono momenti in cui tutto sembra perduto. E poi, a un tratto, quando meno te l’aspetti, qualcosa si rimette in moto. A volte basta un gesto, un’idea, una scintilla. Ad Alessandria, quella scintilla è tornata ad accendersi dopo anni di illusioni, promesse, dolori e disincanti.

C’erano stati giorni gloriosi, non così lontani nel tempo. Con l’arrivo del presidente Luca Di Masi, i Grigi erano risaliti dall’anonimato delle serie inferiori fino a riaffacciarsi, a testa alta, sulla scena del calcio che conta. Un sogno coltivato con pazienza e determinazione, fatto di investimenti, passione e ambizione. Una fiaba che sembrava troppo bella per essere vera, e che invece era reale. Come quando a La Spezia, in una sera di Coppa Italia, l’Alessandria raggiunse la semifinale contro il Milan. Un’impresa storica, da underdog puro, da provincia fiera e romantica, di quelle che scaldano il cuore e fanno battere le mani anche ai neutrali.

La leggendaria Alessandria della celebre scuola, nell’altrettanto leggendario campo degli Orti

Poi vennero la vittoria della Coppa Italia di Serie C e l’agognata promozione in Serie B, attesa da oltre quarant’anni. Era il ritorno della grande Alessandria, quella di una storia antica, delle maglie grigie come il ferro e l’anima operaia, della provincia che sa sognare in grande. Ma come spesso accade, il sogno iniziò a incrinarsi proprio quando sembrava più vicino alla sua piena realizzazione.

Non vogliamo entrare nei dettagli delle fratture, dei veleni, delle contestazioni. Di Masi iniziò un lento disimpegno, complice la tensione crescente con una parte della tifoseria che non si riconosceva più nella gestione. La contestazione si fece più accesa, e infine, quasi con sollievo o con ripicca, Di Masi decise di lasciare, liberandosi di quello che, a quel punto, era diventato un peso più che un progetto. La verità, come spesso accade, non sta da una parte sola. Le responsabilità sono diffuse, condivise. Ma il risultato fu uno solo: l’Alessandria, quella vera, quella storica, cadde in mano a personaggi quantomeno discutibili.

L’Alessandria festeggia dopo l’incredibile partita di TimCup contro lo Spezia

La gestione seguente fu un susseguirsi di errori, improvvisazioni, incertezze. Dirigenti di passaggio, progetti mai decollati, bilanci traballanti, comunicazione confusionaria. E mentre il campo parlava sempre meno, la città si allontanava. Lo spettro della fine aleggiava ormai da tempo. Come da copione già scritto in tante altre piazze d’Italia, la storia si è chiusa nel modo più amaro: con la sparizione della società. Alessandria, calcisticamente, era morta. Ma non per tutti.

C’è chi, in silenzio, ha continuato a credere. A custodire la memoria, a sfogliare le foto in bianco e nero, a lucidare i cimeli, a raccontare ai giovani chi erano i Grigi. E proprio da quel patrimonio di amore e ricordi, qualcosa ha iniziato a rinascere. L’epicentro di questa resistenza culturale è stato Museo Grigio, vero scrigno della storia calcistica alessandrina, dove le emozioni non vanno mai in prescrizione.

17 giugno 2021, l’Alessandria festeggia la riconquista della Serie B

Nel frattempo, in un’altra parte della città, l’Asca – piccola realtà con radici locali – festeggiava uno storico approdo nella Promozione piemontese. Un risultato importante per un club modesto, ma con gente seria, con passione autentica. E lì, tra una riunione e l’altra, è nata l’idea: perché non ripartire da qui?

Così, lentamente, è cominciato un cammino nuovo. L’Asca ha cambiato pelle: nuovo nome, nuovi colori, nuovo spirito. Ma non era una semplice operazione di maquillage. Era qualcosa di più profondo. Era un atto d’amore. Dal passato è stato recuperato un nome glorioso, “Forza e Coraggio”, lo stesso di chi, nel 1912, contribuì alla nascita dei Grigi. Un nome simbolico, carico di storia e significato. Un manifesto di intenti.

Nel frattempo, il campo ha fatto la sua parte. Vittorie, entusiasmo, pubblico in crescita. E poi, come nei migliori racconti, il ritorno del derby con il Casale. Un Moccagatta ribollente di passione, gremito come ai vecchi tempi, con i colori, le bandiere, le urla, gli abbracci. Un tuffo nel passato, ma con lo sguardo rivolto al futuro.

Una fase del ritrovato derby: la Forza e Coraggio contro i Nerostellati casalesi (foto Roberta Grasso)

Infine, il colpo più importante. Dal Tribunale è arrivata l’assegnazione del ramo d’azienda dell’Alessandria Calcio: nome, logo, cimeli. Un passaggio simbolico e sostanziale. Un’investitura. Un riconoscimento. Da oggi, quella che era Forza e Coraggio è di nuovo Alessandria Calcio, a tutti gli effetti. Ma con dentro una linfa nuova, popolare, cittadina, autentica.

Non possiamo dire di non aver provato gratitudine, almeno in certi momenti, per quel surrogato che ha cercato di tener viva la fiammella. Ma il cuore non ha battuto mai davvero. Ora invece pulsa, vibra, scalpita. Ora, davvero, possiamo parlare di rinascita.

Ma non basta l’entusiasmo. Serve visione. Serve struttura. Serve coinvolgere il tessuto imprenditoriale della città e della provincia, creare una rete di sostegno economico solida, duratura, trasparente. Perché senza stabilità non c’è futuro. Senza futuro non c’è sogno.

Il primo passo è fatto. Adesso è il momento di costruire. Con pazienza, con ambizione, con competenza. Perché Alessandria merita di tornare tra i professionisti. Ma non per nostalgia. Perché ha una storia da onorare, e un popolo che non ha mai smesso di crederci.

Mario Bocchio

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