
C’era una volta un ragazzo di Roma, cresciuto nel quartiere di Tor Marancia, che sognava di indossare la maglia della squadra che amava, la Roma. Il suo nome era Agostino Di Bartolomei, ma per chi lo seguiva sugli spalti dell’Olimpico e per chi lo vedeva giocare, lui era semplicemente “il Capitano”. Non un semplice giocatore, ma un simbolo, un eroe che, con ogni passaggio, con ogni tiro, con ogni corsa, si mescolava alla storia stessa della sua squadra.

Il destino di Agostino si intreccia con quello della Roma fin da giovane. Un ragazzino che ha mosso i primi passi nella OMI e che, rifiutata la proposta del Milan che lo aveva prescelto, a soli diciassette anni, trova il suo posto tra i grandi del calcio con la maglia giallorossa. Un’esistenza fatta di allenamenti, sacrifici, sogni di gloria e la passione che ardeva come un fuoco dentro di lui. Quando il giovane Di Bartolomei entra in campo per la prima volta con la maglia giallorossa, non è solo per difendere i colori della squadra, ma per rappresentare una città, una cultura, un popolo che vive di calcio come se fosse l’anima stessa di Roma.

Non passa molto tempo prima che “Diba” diventi uno dei punti di riferimento della squadra. La sua eleganza in campo, il modo in cui dava ordine al gioco, lo trasformano in un giocatore che non solo è temuto dagli avversari, ma adorato dai tifosi. Ma, per lui, quella non è una semplice carriera: è una missione, un destino che lo lega alla città che lo ha visto nascere.

Nel 1980, dopo un percorso di crescita costante, Di Bartolomei assume il ruolo di capitano della Roma. Un onore, certo, ma anche una grande responsabilità. Lui, che era stato solo un ragazzo che rincorreva un sogno, ora portava sulle spalle la speranza di milioni di romanisti. Non era solo un uomo in campo, ma un simbolo, il cuore pulsante della squadra. Ogni suo gesto era un messaggio, ogni sua corsa una dichiarazione di amore per quella maglia che non gli avrebbe mai chiesto nulla in cambio.

Ma fu nel 1984 che il suo nome si scolpì davvero nella leggenda. La Roma di Nils Liedholm arriva in finale di Coppa dei Campioni, una tappa storica che avrebbe segnato la definitiva consacrazione. L’Olimpico è pieno, il cielo di Roma è carico di emozioni, e Agostino, con il suo passo da comandante, guida i suoi compagni di squadra in quella che sarebbe stata una delle finali più drammatiche della storia del calcio. Contro il Liverpool, dopo un 1-1 nei tempi supplementari, è il momento dei rigori. E quando il pallone arriva ai piedi di Di Bartolomei, ogni romanista sa che è lui a dover scrivere la storia. Ma quel rigore, purtroppo, non basta a portare la Roma alla gloria, e i giallorossi devono accontentarsi della sconfitta, una ferita che non si sarebbe mai rimarginata del tutto. Il sogno infranto di “Ago”.

Gli anni successivi, purtroppo, non sono facili. La Roma perde di intensità e Di Bartolomei, nonostante la sua classe e la sua leadership, sente sempre più pesante il peso della responsabilità. Dopo aver vissuto il suo apice, lascia la capitale per tentare una nuova avventura al Milan, ma la magia che aveva vissuto con la Roma non si ripete. I suoi ultimi anni da calciatore lo vedono indossare altre maglie, quelle di Cesena e Salernitana, ma nessuna sembra offrirgli lo stesso legame indissolubile con la città e con i tifosi che lo avevano acclamato come un re.

Poi, il 30 maggio 1994, il capitano scompare. Non è un’assenza come le altre: Agostino Di Bartolomei lascia questo mondo troppo presto, a soli 39 anni, portandosi dietro un’infinità di domande senza risposta. Quel ragazzo che aveva vissuto per il calcio e per la Roma, quel ragazzo che aveva amato la sua città con la forza di mille cuori, se n’è andato in silenzio, lasciando la sua famiglia, i suoi amici e, soprattutto, i suoi tifosi nel dolore più profondo.
La sua morte, segnata dalla solitudine e dalla disperazione, è stata un urlo muto che ha scosso il mondo del calcio, e la sua tragica fine ha messo in luce le ombre che spesso si nascondono dietro il sorriso di un campione.

Eppure, nonostante il vuoto lasciato dalla sua morte, il ricordo di Agostino Di Bartolomei non svanisce. Ogni volta che i tifosi giallorossi entrano allo stadio, ogni volta che la Roma gioca una partita importante, la sua figura è lì, tra le righe di ogni passaggio, nel cuore di ogni tifoso che l’ha visto correre sul campo, in ogni grido che sale dal pubblico. Il suo nome non è solo un ricordo del passato, ma una parte viva e pulsante della Roma che ancora oggi sogna e lotta. Anche per riscattare il sogno infranto di “Diba”.
Mario Bocchio