Il caso ha voluto che andasse al Danubio quando aveva un piede nel River Plate. Jorge Washington Caraballo, nato in Uruguay a Treinta y Tres nel 1959, calcisticamente era cresciuto nel vivaio del Central Español, il club del barrio Palermo a Montevideo, sferrando i suoi primi “colpi di mancino”.
I primi tempi al Danubio, quasi ventenne, non furono felici e quando sembrava che dovesse partire definitivamente, rinnovò invece il contratto e poi finì addirittura nel calcio italiano.
Arrivò al Danubio nel 1979, anno di transizione, visto che si era appena qualificato nella stagione precedente e partecipava per la prima volta alla Copa Libertadores de América.
Caraballo nel Danubio: i tifosi lo portano in trionfo
In quell’annata complicata giocò le sue prime 18 partite con la striscia nera trasversale sul petto, ma la sua presenza fu davvero discreta. Anche se è stato troppo difficile per lui adattarsi, vale la pena sottolineare che ha dovuto agire come attaccante (visto che il numero 10 apparteneva indiscutibilmente al “Bocha” Sergio Santín) e che aveva anche una squadra con un pessimo rendimento.
Quando la sua destinazione sembrava essere lontana dal Danubio, forse ebbe un altro colpo di fortuna. All’inizio del 1980, la storia cominciò a cambiare, dopo il trasferimento di Santín in Colombia, Jorge si fece crescere la barba in stile Abraham Lincoln, iniziò a giocare nel suo ruolo e apparvero l’ingegno, la tecnica e l’abilità.
Caraballo ha giocato ad alti livelli nelle stagioni successive, ma soprattutto nelle partite più difficili in cui ha anche segnato gol.
Le sue prestazioni suscitarono l’interesse di diverse squadre straniere, ma fu il Pisa ad acquisirlo nel giugno 1982 e Jorge diventò il primo calciatore del Danubio a trasferirsi direttamente nel Paese dello stivale.
Le cronache dicono che fu il figlio del vulcanico presidente nerazzurro Anconetani a trattarlo direttamente. L’Italia aveva appena vinto il Mundial spagnolo, Adolfo si era recato in Uruguay in cerca di un talento da portare in Toscana e sembra che sia stato un taxista a suggerirgli il nominativo di Caraballo.
I dirigenti del Danubio non credono ai propri occhi e affrettano la firma del contratto, prima che Anconetani possa cambiare idea.
A Pisa i tifosi non conoscono questo ventitreenne, sono entusiasti. Romeo Anconetani è raggiante: “È il Caravaggio del pallone: usa i piedi come il pittore usava il pennello”. Lui, il calciatore, non è da meno: “Difficilmente potrò segnare quanto in Uruguay, ma vi farò volare. In onore del Pisa chiamerò mia figlia Vittoria”. Per presentarsi fece anche un azzardato paragone con il grande Schiaffino.
Treinta y Tres dove è nato, ha da sempre un’economia basata sull’allevamento e sulle attività derivate. Caraballo non tradisce le proprie origini e anche a Pisa, dove è andato ad abitare, alleva picconi e conigli.
Mario Bocchio
– continua –