La migliore squadra boliviana, quella che raggiunse i Mondiali del 1994 negli Stati Uniti, lo fece a spese dell’Uruguay, ma anche un’altra squadra molto meno famosa, quella che giocò le qualificazioni per l’Argentina nel 1978, lasciò un enorme segno doloroso per gli uruguaiani dei giorni bui della dittatura, perché senza nemmeno dover decidere la qualificazione al Centenario, lasciò eliminato l’Uruguay in un girone condiviso con gli stessi boliviani e il Venezuela.
Con il Sudamerica quasi interamente immerso nelle dittature, terribilmente danneggiato dal Piano Cóndor, l’Uruguay fu eliminato dalla fase finale del Mondiale più vicino, Argentina 1978, organizzato e promosso dalla sua sanguinaria dittatura civile-militare. La partita di La Paz fu determinante per un’eliminazione prematura e spiacevole, così presto che gli uruguaiani sono stati esclusi ancor prima di giocare a Montevideo. Tutto è successo nello stadio più alto di La Paz, nel quartiere Tembladerani, l’allora nuovo stadio Bolívar, che ospitò quattro partite della squadra verde nel 1977 mentre l’Hernando Siles veniva ristrutturato.
Con il dittatore Hugo Bánzer Suárez presente sugli spalti del Simón Bolívar di Tembladerani, a quasi 3.800 metri sul livello del mare, l’Uruguay cadde 1-0 gettando nello sconforto i tifosi che in patria seguivano quella partita quel pomeriggio alla radio – la televisione, non parliamone nemmeno. Porfirio Tamayá Giménez era il nome del marcatore che ha battuto irrevocabilmente Rodolfo Rodríguez portando la Bolivia sull’1-0. Gli avevano dato il soprannome di Tamayá, in onore di un personaggio di una soap opera radiofonica.
Alla fine i boliviani non riuscirono a giocare in Argentina 1978 perché arrivarono ultimi nel triangolare di Cali con Brasile e Perù, e poi persero i playoff con l’Ungheria, ma quanto furono tristi quei giorni per gli uruguaiani.
Pertanto, quando in Uruguay rivedono le 11 partite di qualificazione mondiale al Centenario, che annoverano dieci vittorie e un solo pareggio, fanno male all’anima perché identificano subito quel 2-2. È stata un’altra notte triste, quella, al Centenario.
Juan Eduardo Hohberg era stato licenziato dalla carica di direttore tecnico, così per le due partite di Montevideo i dirigenti dell’epoca nominarono ad interim Raúl Bentancor, che un anno prima aveva iniziato un grande ciclo con le giovanili vincendo il Campionato sudamericano in Venezuela nel 1977.
Bentancor ha chiamato calciatori che non erano presenti nella preselezione di’Hohberg ma che avevano esperienza, e ha innovato inserendo due atleti della squadra del Paysandú, Jorge Rodríguez Cantero ed Enzo Angelo. La squadra di Bentancor ha battuto il Venezuela 2-0 nell’unica vittoria della squadra celeste in quel girone, davanti a poche migliaia di tifosi nell’immensità del Centenario. Dieci giorni dopo sarebbe arrivata la partita di patatine fritte con i boliviani.
Gli uruguayani Laddy Pizzani (a sinistra) e Alberto Santelli
Quella notte l’Uruguay si schierò con Rodolfo Rodríguez, uno dei pochi sopravvissuti alla partita di febbraio di Tembladerani; Eduardo del Capellán, che giocava nel Peñarol, sostituto del difensore del Nacional, Pedro Taborda e Raúl Möller (i titolari Alfredo de los Santos e Rafael Villazán erano i difensori centrali della Nazionale pochi giorni prima), e Mario Santana, dei Wanderers, per il lato sinistro; Lorenzo Unanue, del Peñarol, Pedrín Grafigna, pilastro del centrocampo del Defensor e sopravvissuto della squadra di Hohberg, e Alfonso Darío Pereyra del São Paulo, un altro di quelli che erano lì dall’inizio, mentre in attacco si è presentato Laddy Pizzani, del Peñarol, Alberto Santelli del Defensor, e Jorge Rodríguez Cantero del Paysandú Wanderers.
Venne fuori un pareggio per 2-2, con doppietta di Darío, per la squadra Celeste, che ha salutato quella sfida senza dolore né gloria. Solo con tanta amarezza.
Mario Bocchio