I tifosi l’hanno ribattezzato il “decennio d’oro” perché dal 1970 al 1980 l’Albese ha toccato i vertici della sua storia sportiva: una lunga stagione irripetibile. La formazione azzurra, fondata nel 1917, raggiunse 49 anni fa, prima compagine della Granda, la serie C dopo vari anni anche in Prima Categoria e Promozione.
Nel ’70-’71 il primo exploit con la promozione in D; nel ’74-’75 il secondo. Guidata in panchina da Mirko Ferretti affiancato dal compianto Giambattista Moschino vinse la D e fu promossa in C, come ricorda Giorgio Ferrero, scrupoloso statistico della squadra. L’esordio nella Terza Serie nazionale avvenne nel 1975-’76 sempre con il duo torinista Ferretti-Moschino; la squadra giocava la partite interne sul campo di Cinzano, il “Coppino” non era adeguato. In quella C militavano “colossi” quali Udinese, Cremonese, Monza, Triestina, Mantova, Venezia, Piacenza, Casale, Alessandria.
Il ds Luigi Saglietti racconta un gustoso siparietto: “Andammo a giocare a Udine e un mio atleta, dopo aver visto gli spogliatoi, mi disse ‘Abbiamo già perso: questi hanno un armadietto ciascuno’. Nulla a che vedere con le panche e gli attaccapanni dello stanzone spartano del Coppino”. Alla fine del torneo la squadra si salvò; retrocesse l’anno dopo (’76-’77) con il compianto allenatore Enzo Benedetti. Era tornata a giocare al “Coppino” anche per ritrovare il calore del pubblico. Quell’anno è ricordato anche per un altro avvenimento. La Rai, che la domenica trasmetteva in differita un tempo di una partita di serie A, aveva deciso di aprire anche una “finestra” sulla C e come primo esperimento scelse Albese-Udinese, anticipata al sabato. A commentare l’incontro fu Bruno Pizzul, la “seconda voce” del calcio Rai dopo Nando Martellini. Finì con il successo dell’Udinese per 0-1 con un gol di Basili all’84’. Dopo la retrocessione, l’Albese affidata al compianto Luigi Vitto e a Carlo Borsalino disputò in serie D un ottimo campionato e salì nella neonata C2. Il decennio d’oro si chiuse poi amaramente.
Uno degli atleti più rappresentativi del periodo fu il terzino destro (allora i ruoli erano questi) Claudio De Gasperi, triestino. “Prima di arrivare mi avevano messo in guardia dal carattere degli albesi – ricorda -, ma io mi sono trovato molto bene, tanto che mi sono fermato sei anni. Poi sono andato a Bra, quindi a Dogliani dove ho chiuso la carriera a 43 anni, anche se ho giocato ancora una partita a 46 nel Bra. Leggendo i tabellini un giornalista mi telefonò, complimentandosi della prova di mio figlio. Gli spiegai che in campo ero andato proprio io. A Bra ho anche allenato il settore giovanile”. “Dopo Triestina, Maglie e Vigevano – ha aggiunto De Gasperi – arrivai ad Alba trovando tre dirigenti come Franco Barberis, Sergio Brovia e Luigi Saglietti con i quali l’intesa fu perfetta”.
All’inizio la squadra non era completa e parecchi giocatori arrivarono a novembre. “Alla fine però fu allestita un’ottima formazione. Voglio ricordare Alberto Carelli, una lunga esperienza in A e B, Salvatore Rampanti, Luciani, che riusciva brillantemente a conciliare l’attività calcistica e gli studi di Medicina (diventando un apprezzato pediatra, NdR), Oscar Saioni, Livio Manzin, che ha avuto un’eccellente e lunga carriera, Olinto Magara (“Fo’ gol, fo’ gol” il suo intercalare prima delle partite). Poi un superportiere, un po’ ‘matto’ come tutti i numeri 1, come Franco Rottoli, che dopo Alba è finito addirittura al Torino con il quale fece il dodicesimo in Coppa Uefa. Contro la Cremonese affrontammo un certo Cabrini, destinato alla grande carriera che tutti sappiamo nella Juve e in Nazionale, campione del mondo 1982. Il calcio di allora era molto diverso, più rude forse, ma anche con meno sceneggiate. I giocatori non si rotolavano a terra al minimo contatto”.