Liverpool e Pro Vercelli hanno due punti in comune. Entrambi i club sono stati fondati nel 1892. Poi le Bianche Casacche vercellesi hanno incontrato i Reds d’Oltremanica in un match ormai datatissimo – siamo nel 1922 – ma conservato sino ai giorni nostri come una pagina molto preziosa del mitico libro del cosiddetto calcio dei pionieri.
Allora era consuetudine che le squadre inglesi facessero delle tournée per ribadire che loro erano i maestri, perché loro avevano inventato il football. Il tutto condito con la proverbiale altezzosità britannica.
Il match si giocò a Vercelli il 5 giugno con inizio alle ore 17, su un prato che gli stessi inglesi avevano voluto che fosse abbondantemente innaffiato per farlo assomigliare al meglio al manto erboso inglese, frutto del giusto mix tra pioggia naturale e sole.
Avevano anche preteso che il pallone di cuoio misura 6 fosse tenuto a bagno per almeno due ore prima del suo utilizzo, così cosa mangiare al ristorante, ovvero pesce o montone bollito con legumi oppure salsa e frutta. Condizioni irrinunciabili, ma già allora il Liverpool era una delle principali squadre del panorama internazionale.
Il portiere vercellese Mario Curti fu una saracinesca, così, seppur asfissiati dalla pressione dei Reds i vercellesi, sorretti dalla muraglia umana del proprio pubblico, resistettero e la gara terminò 0-0. Il pareggio per gli inglesi fu come una sconfitta. In patria i giornali ricordarono come in Piemonte nel 1913 fosse caduto addirittura il Reading contro gli acerrimi nemici della Pro Vercelli, il Casale.
Il trainer William Connell chiese ufficialmente di giocare un’altra gara, offrendo una consistente somma d’ingaggio. Le Bianche Casacche non accettarono, il capitano Giuseppe Parodi, il roccioso centrocampista che proveniva dagli “odiati” Nerostellati di Casale, fu irremovibile. A lui è attribuita questa risposta: “Non ci avete battuto oggi, non lo farete mai più”.
Per la cronaca il Liverpool vinse il suo terzo titolo, con sei punti di vantaggio sul Tottenham. Anche la Pro Vercelli festeggiò lo scudetto, dopo la doppia finale contro la Fortitudo Roma: si tratta della settima e ultima affermazione nel contesto di una storia incredibile.
La stagione successiva il Liverpool ritornò in Italia, il manager David Ashworth portò i suoi campioni in un tour pre-campionato tutto spesato. Lasciarono la stazione di Lime Street sette giorni dopo aver perso la Charity Shield contro l’Huddersfield 0-1. Il Liverpool viaggiò per due giorni attraverso Londra, Dover, Calais e Parigi per raggiungere la sede di Milano. Il team si rilassò per un paio di giorni ammirando il panorama delle isole del Lago Maggiore, il secondo lago prealpino più grande d’Italia, e salì in funivia sul Monte Mottarone, che offre una vista mozzafiato sulle Alpi. Otto giorni dopo la partenza per l’Italia, il Liverpool affrontò il suo primo avversario in tournéea perse 0-1 a Milano e poi incontrò varie squadre italiane nelle due settimane successive. Il giocatore Tom Bromilow scrisse una colonna per la stampa inglese non impressionato dalle tattiche della selezione mista Ligure-Toscana: “Non ho mai giocato in una partita del genere in cui erano tollerati così tanti colpi, calci e spinte. In effetti, la squadra di casa si è concessa tutto tranne mordere”.
Ritornando alla sfida contro la Pro Vercelli, i Reds si portarono a casa il pallone. Ma che fine ha fatto? Nel museo di Anfield Road non c’è.
Mario Bocchio