“Ricordatevelo: ha soltanto diciassette anni. Se gioca così, potrà giocare dappertutto”. Se chiedete ad un tifoso interista – che abbia soffiato su almeno trenta candeline, a salire – il momento nerazzurro iconico per eccellenza, vi risponderà quasi certamente con una data ben precisa. No, siate clementi, ma menzionare quella della finale Champions 2010, con Triplete annesso, sarebbe fin troppo prevedibile. Che a fissare quegli attimi siano stati gli occhi appassionati di un bambino o quelli smaliziati, tuttavia non per questo meno innamorati, di un supporter in là con gli anni, tutti – nessuno escluso – vi parleranno con il cuore in mano di quel caldo (ma non troppo, visto il periodo) pomeriggio milanese di fine luglio 1997. Era da gennaio che la notizia occupava gli spazi dei più importanti quotidiani sportivi, con una firma – tribolata – apposta sul contratto soltanto a giugno: Luís Nazário de Lima, o più semplicemente Ronaldo, è il nuovo acquisto dell’Inter. Indelebili le immagini del Fenomeno che saluta la folla in festa dal terrazzo della sede nerazzurra in via Durini. Indelebile, da lì a poco, pure la presenza della bellissima Susana Werner, ribattezzata Ronaldinha, all’epoca compagna del centravanti.
Conferenza stampa, foto di rito con la maglia nº 10 (la 9 viene lasciata momentaneamente al già presente Zamorano, in attesa che diventi la caratteristica 1+8), cappellino sponsorizzato Nike a coprire la pelata più famosa del momento ed orecchino destinato a diventare un must have tra i giovanissimi di fine anni ’90: il resto è custodito nei vostri cuori ed ognuno coltiva il suo personalissimo ricordo. Sarebbe tutto normale se non si trattasse del giocatore più promettente, talentuoso e letale del mondo. Alle spalle ha già più di cento palloni depositati in rete (tra club e nazionali) e tecnicamente è completo in tutte le skill, senza defezioni (il non irresistibile colpo di testa potrà servire ai detrattori per salvaguardare il proprio fegato e ai comuni mortali per collocarlo ancora nella sfera umana, seppur con l’occhio che strizza ugualmente al divino)… ah, dimenticavo, non aveva neppure ventuno anni.
Fu il primo approccio con il nostro calcio (prima del bis, mal digerito dai suoi ex tifosi, nella sponda rossonera di Milano), tuttavia l’Europa, fisica e calcistica, lo aveva tenuto a battesimo qualche anno prima, tra il freddo dell’Eredivisie e i campi sempre caldi – non solo per questioni climatiche – della Liga. Del percorso svolto nel vecchio continente, c’è una serata che più di tutte è destinata a segnare l’inizio del baby prodigio come prodotto pop conosciuto dalla maggioranza e non per pochi intimi: 13 settembre 1994. Ronaldo è fresco campione del mondo con il suo Brasile, pur non scendendo mai in campo durante i campionati statunitensi. È sbarcato ad Eindhoven, rimpiazzando nel club un totem come Romario che gli “presenta” la città in maniera alquanto diretta: “Troverai due cose… la Philips e il freddo”. Per le avverse condizioni meteorologiche basteranno due paia di calze (a volte persino tre) da indossare sotto i pantaloncini, ma sin da subito è chiaro a tutti che il brasiliano ha ben pochi rivali sul rettangolo di gioco… che essi si presentino sotto forma di temperature rigide o in carne ed ossa.
Tra i primi a rendersene conto c’è il Leverkusen che, nella gara di metà settembre, ospita alla BayArena la compagine biancorossa per i trentaduesimi di Coppa Uefa. I tedeschi possono vantare un attacco in cui spiccano i nomi di Kirsten e Paulo Sérgio; la risposta del Psv passa per i piedi fatati (destro o sinistro è irrilevante… scegliete voi oppure lanciate per aria una monetina) del ragazzo proveniente dal quartiere di Bento Ribeiro e non ancora maggiorenne. È il momento di uscire allo scoperto. È il momento di togliersi di dosso il potterriano mantello dell’invisibilità e mostrarsi agli occhi del grande pubblico. Il palcoscenico europeo non sarà quello dei massimi livelli ma la classe del centravanti trasforma l’anonimo impianto tedesco in un imperdibile concerto rock: Ronaldo è il frontman indiscusso della band. Segna su rigore, procuratosi un attimo prima. Segna di destro dalla distanza.
Segna di sinistro, appoggiando sottoporta come un rapace d’area. Le tre portate della serata sono un ricco menu che verrà arricchito da impressionanti progressioni palla al piede, come antipasto, e da dribbling ubriacanti come contorno, dolce, caffè e ammazzacaffè… per i palati fini del calcio, la cena è servita! Le parole emozionate del telecronista fungono da didascalia per le opere in movimento – esibite con una naturalezza sconcertante – del brasiliano divenuto a pieni titoli caposcuola di una rinnovata corrente futurista. “È incredibile. È Bayer Leverkusen contro Ronaldo. Ed ora sono 4 a 3” .
Peccato per il risultato finale. La tripletta del sudamericano e il timbro di Luc Nilis non basteranno ad arginare la truppa di mister Stepanovic: alla BayArena termina 5 a 4. Il pareggio a reti bianche del ritorno condannerà il Psv, ma quel 13 settembre 1994 passerà ugualmente alla storia. La data, nel calendario dei calciofili, presenta la colorazione rossa dei grandi eventi. È un Natale laico. È l’alba di una nuova era, con un ante ed un post Ronaldo… nulla sarà più uguale. L’abbiamo detto, è un credo aconfessionale, eppure con il pallone tra i piedi sembrava che fosse stato mandato dall’Alto. Per tutto quel che sei riuscito a fare: obrigado Rony.
Luca Fazi