Le colline del Monferrato profumano di autunno, la stagione che meglio di ogni altra sa esaltare l’essenza di questo laborioso angolo del Piemonte agricolo, dominato dai profili dolci delle colline.
Partì dalla provincia, da Asti, alla conquista del calcio mondiale e scelse il Monferrato astigiano, esattamente Calliano, per il suo buen retiro.
Sergio Gonella non è stato un arbitro qualunque e proprio a Calliano ci ha ospitati per quella che rimane la sua ultima intervista prima di morire nel 2018.
Ottobre 2015, ma sarà proprio questo il pallone della finalissima? Sergio Gonella ci mostra una sfera di cuoio la cui usura del tempo è evidente. È del modello Tango, lo stesso che venne creato per i Mondiali del 1978 in Argentina. L’ex fischietto astigiano fu designato a dirigere Argentina-Olanda, una delle finalissime più discusse di tutta la storia del calcio.
“Dove sta scritto che il pallone va dato alla squadra che vince? A termine di regolamento, una volta che fischiai la fine lo presi con me. Tempo dopo venni contattato dalla federazione argentina e poi anche dal governo, perché mi chiedevano il pallone da collocare nel loro museo, trattandosi del primo titolo mondiale della Selección. Che fare? – il racconto di Gonella -. Dirigente di banca, al tempo risiedevo a La Spezia. Dopo essere riuscito a trovare un Tango ufficiale, perciò identico a quello della partita, insieme all’ex arbitro Egidio Ballerini lo portammo nell’erba e incominciammo a giocarci per un bel po’, in maniera tale che alla fine era pronto”.
La confessione del fischietto piemontese a questo punto si interrompe. Cosa è poi successo? Chi va oggi a Buenos Aires può ammirare un pallone la cui didascalia accanto spiega che è quello di quella finalissima. Ma Gonella mi guarda e sorride?: “Allora questa che lei vede è la copia? Mah, preferisco non dire niente”.
Classe 1933, Gonella ha esordito in serie A negli anni Sessanta, guadagnandosi all’inizio della carriera la fama di arbitro severissimo ed imparziale, dopo aver concesso sette rigori nelle prime sette partite del campionato 1965-‘66, di cui due, realizzati, durante la partita Napoli-Cagliari e due in Bologna-Atalanta. Cominciò a dirigere gare internazionali nel 1970 e nel 1972 fischiò la finale di andata degli Europei Under 21 vinti dalla Cecoslovacchia; arbitrò anche la finale di Supercoppa europea del 1975, tra Dinamo Kiev e Bayern Monaco. Nel 1976 fu scelto per arbitrare la finale degli Europei di calcio, a Belgrado, tra Cecoslovacchia e Germania Ovest, risolta dal celebre rigore a cucchiaio di Antonín Panenka. Due anni più tardi, a Buenos Aires con la finale dei Mondiali di calcio tra Argentina e Olanda raggiunse il primato dello svizzero Gottfried Dienst, diventando uno dei due soli direttori di gara a centrare entrambe le prestigiose finali.
Quel Mondiale del’78 ancora oggi è al centro delle critiche più feroci: in Argentina c’era il regime militare di Jorge Rafael Videla, due sui grandi amici erano Henry Kissinger e il maestro venerabile della Loggia P2 Licio Gelli e il paese ospitante “doveva” vincere a tutti i costi. E lo fece. Si arrivò a una situazione dell’assurdo nella capitale, dove il campo di concentramento – quello famigerato dell’Esma – si trovava a due passi dallo stadio Monumental, dove l’ Albiceleste sollevò al cielo la Coppa del mondo. Ma come nacque la “leggenda” che Gonella sarebbe stato un arbitro gradito a Videla?
“È una balla, un’autentica balla – risponde senza esitare -. Durante un momento di relax tutta la delegazione degli arbitri presenti al Mundial venne portata a vedere il museo del calcio argentino e davanti alla foto che ritraeva la Nazionale italiana campione del mondo 1934 un giornalista italiano famoso, di cui non faccio il nome, disse che il regime di Mussolini si ingraziò gli arbitri e fece di tutto per non fare giocare il famoso portiere spagnolo Zamora. Io gli diedi del cretino davanti a tutti. Come si fa infatti, a mettere in dubbio il valore di quegli autentici campioni? In più non posso accettare l’idea che quegli arbitri furono corrotti. Ebbene, da quel momento furono in molti a ritenere che io fossi un fascista, per cui ben disposto nei confronti del generale Videla”.
L’attesa della designazione per la finale era stressante dal punto di vista della tensione nervosa.
Ancora Gonella: “Io avevo già diretto Brasile-Spagna terminata 0-0 e avevo convinto la Fifa, compreso il nostro Artemio Franchi, che credo abbia fatto non poche pressioni perché la scelta cadesse su di me per prestigio dell’intero calcio italiano. Per stemperare lo stress decisi di accettare l’invito di amici italiani emigrati di andare a mangiare l’asado nel loro giardino e dissi al collega romeno Nicolae Rainea di telefonarmi – allora non c’erano i cellulari – non appena fosse uscito il nome. Non ce ne fu bisogno: ad un certo punto la via si riempì di gente e tutti mi indicarono: ‘Quello è l’italiano che dirigerà la finale!’. Fu quello l’unico momento in cui provai una certa paura”.
Su influenza olandese, erano in molti alla Fifa a preferire l’israeliano Abraham Klein, che aveva diretto Italia-Argentina, terminata 1-0 per gli Azzurri di Bearzot con rete di Bettega. Ma alla fine, come visto, la spuntò Gonella che, nel ringraziare la Fifa per la fiducia riposta nella sua persona, annunciò al mondo intero che dopo la finale avrebbe smesso di fare l’arbitro: “Così finalmente potrò godermi le vacanze con la mia famiglia”. Allora gli arbitri non erano professionisti e dovevano usufruire delle ferie e di permessi lavorativi per poter effettuare le trasferte.
25 giugno 1978, tutto il mondo era collegato con lo stadio Monumental di Buenos Aires. Guardalinee erano l’austriaco Erich Linemayr e l’uruguaiano Ramón Barreto.
“Dovetti subito risolvere un problema sollevato dai calciatori argentini ancor prima dell’inizio della partita a causa della vistosa fasciatura al polso e alla mano destra portata dal calciatore olandese René van de Kerkhof – racconta Gonella – . La fasciatura venne in parte ridotta e, dopo alcuni minuti di vivaci polemiche e dopo le proteste olandesi per l’atteggiamento degli argentini che sembrarono mettere in dubbio lo svolgimento della finale, la partita potè avere inizio regolarmente. Andai vicino al capitano Daniel Passerella e gli chiesi in spagnolo ‘Adesso possiamo giocare?’ Lui mi disse di sì con la testa. Allora io mi avvicinai ulteriormente a lui: ‘Bene, da adesso in poi non mi rompi più i c…!”.
La gara fu caratterizzata dall’estremo agonismo, dal gioco frammentario e a tratti violento, dall’acceso tifo del pubblico argentino. L’arbitraggio venne ritenuto dalla critica sportiva insufficiente e venne fortemente contestato dalla squadra olandese; in particolare l’arbitro italiano non sarebbe riuscito a controllare la situazione sul campo in particolare nei tempi supplementari dove la gara divenne caotica e molto dura, avrebbe tollerato un gioco estremamente falloso delle due squadre, avrebbe sbagliato alcune decisioni, avrebbe sorvolato su alcuni episodi di violenza da parte argentina, come la gomitata dello stesso Passarella a Johan Neeskens. L’arbitro, condizionato dall’ambiente surriscaldato dello stadio, avrebbe mantenuto un atteggiamento complessivamente favorevole agli argentini. Più volte i giornalisti olandesi, anche anni dopo la gara, contattarono Gonella per parlare di quella partita, ma lui si è sempre limitato a dire di “aver agito nel rispetto delle regole”.
Gonella nelle sue dichiarazioni dopo la finale e negli anni seguenti ha peraltro sempre respinto tutte le critiche.
Quando Nanninga pareggiò all’82’ la rete di Kampes il gelò calò nel catino. Poi a tempo praticamente scaduto Rob Rensenbrink prese il palo.
“Se la palla fosse entrata in rete, beh, ciao Argentina, avrebbe vinto l’Olanda alla faccia di chi vedeva in ogni azione un aiuto esterno alla squadra di casa. Alla fine, dopo i tempi supplementari, la Selección si impose 3-1, visto che andarono in rete ancora Kempes e poi Bertoni”, si ricorda bene Gonella.
Rimane però un fatto difficilmente da ascrivere nelle vicende della sportività: la “marmelada peruana”. La sconfitta di 6 reti dei peruviani a danno dei padroni di casa – col conseguente accesso alla finale -, grazie alla complicità del portiere di origini argentine, Ramon Quiroga. Un’inchiesta del Times denunciò la corruzione della gara da parte del governo argentino (35mila tonnellate di grano gratis, un contributo di 50milioni di dollari ai generali peruviani). La storia rimane ancora oggi avvolta nel mistero, nulla è stato appurato di preciso. Resta il dubbio (se non la certezza) di una gara palesemente truccata.
“Ma ciò non toglie che la finalissima fu regolare e l’Argentina, che era una grandissima Nazionale, avrebbe anche potuto perdere, perché aveva di fronte ugualmente una squadra molto forte”, taglia corto Gonella.
Per concludere: “Non abboccai a un tuffo di Luque in area che altri arbitri avrebbero trasformato in rigore”. Con il triplice fischio finale di Sergio Gonella calò definitivamente il sipario sul tentativo della terribile e rivoluzionaria Olanda del calcio totale di vincere qualcosa di veramente importante.
Mario Bocchio