“Se colpisci quell’albero con il pallone per almeno tre volte di fila giochi la finale del Torneo di Viareggio”. La storia d’amore tra Domenico Morfeo e il grande calcio inizia da qui, da questa frase di Cesare Prandelli, allora tecnico della Primavera dell’Atalanta. Era il 25 febbraio 1993.
“Ho un ricordo bellissimo di quella esperienza – racconta -. Il ‘Viareggio’ è una vetrina importante, la più importante per chi ha quell’età. C’è la possibilità di confrontarsi con i migliori pari categoria italiani e stranieri. Un modo per maturare, se necessario, e per acquisire maggiore sicurezza. Senza dimenticare che in ballo c’è la possibilità di farsi notare dalla prima squadra del proprio club”.
Da quel 25 febbraio, come ovvio, sono successe e cambiate molte cose. Tra queste la più eclatante è che Morfeo, oggi 45enne, non gioca più ed è diventato un imprenditore commerciale Abbandonò il calcio nel 201, quasi in sordina. Dopo 14 stagioni passate in Serie A – Atalanta e Parma le squadre dove ha dato il meglio di sé – il trequartista di Pescina (L’Aquila) disse basta con il professionismo subito dopo aver iniziato il 2009 in LegaPro (oggi Serie C) con la Cremonese. Prima dello stop definitivo riprese a giocare in Seconda categoria, nel San Benedetto dei Marsi, squadra del paese natio dove ha trascorso l’infanzia.
Un talento puro, mai totalmente esploso; offuscato dalla difficoltà ad ambientarsi in grandi club come Milan e Inter, dove spesso ha dovuto fare i conti con una concorrenza agguerrita. Con Rui Costa, ad esempio, non ha avuto vita facile alla Fiorentina. Di Morfeo il mondo dei calci d’angolo si è accorto subito. E quel Viareggio del ’93, vinto dall’Atalanta (secondo nella storia dei bergamaschi) nella finale giocata due volte contro il Milan, è stato decisivo per la sua carriera: “Non dovevo scendere in campo per una forte distorsione al piede. Ma la voglia, come potete immaginare, era enorme. Avevo disputato un gran torneo e non potevo saltare proprio la partita decisiva. Prandelli mi disse, immagino per gioco, di salire in pinetina e di provare a centrare un albero con il pallone. Dovevo colpirlo per almeno tre volte consecutive. Solo così mi avrebbe fatto giocare. E alla fine ce l’ho fatta. Non sono stato schierato tra i titolari, però il mio momento di gloria l’ho avuto”.
I rossoneri allenati da Lorenzini escono sconfitti dal confronto (2-0), e il giovane regista abruzzese è ancora una volta tra i protagonisti. Spiana ai suoi la strada del raddoppio quando, lanciato a rete, viene travolto dal portiere avversario. Per Samsa inevitabile l’espulsione. E poi Prandelli.
L’allenatore che più di tutti ha creduto in lui, nelle giovanili dell’Atalanta come nel Verona della stagione 1999-2000: “Di quel successo al ‘Viareggio’ – aggiunge – c’è molto di lui, del suo carattere. Ricordo la sera prima della finale, quando, per smorzare la nostra tensione, si era mascherato e andava in giro per la camerata”.
Oggi Domenico Morfeo è forse un po’ deluso dal calcio. Ma non ha nostalgia: “Da quando ho lasciato non sento il bisogno di informarmi su quello che succede nei vari campionati. Per il momento va bene così”.