Per capire davvero chi è stato Paolo Montero, difensore che con la Juventus ha vinto tutto, ci sarebbero mille aneddoti da raccontare ma uno in particolare può sintetizzarli. Una volta fu “pizzicato” dagli ultras juventini in compagnia di alcuni (odiati) tifosi granata. Lui raccontò così l’episodio: “Erano venuti a prendermi allo stadio, al Comunale. Poi un giorno ci siamo chiariti, sono andato al bar a parlare con i capi ultras (della Juventus, NdA). Gli ho spiegato: «Non me li sceglie mia mamma gli amici, figuriamoci voi”.
Se lo chiamavano “Pigna”, del resto, un motivo ci sarà. Una furia in campo e fuori, Montero. Amante del by night assieme all’inseparabile Mark Iuliano (“una volta eravamo in ritiro pre-campionato con Ancelotti, che ci lascia una notte libera. Non mi sono neanche allenato il giorno dopo: sono arrivato distrutto e quel giorno c’era anche la presentazione della squadra. Hanno detto che avevo la febbre, ma volevano mandarmi via”) ma anche vero e proprio bodyguard anche per i suoi compagni, come raccontò Ancelotti.
Ricorda l’attuale tecnico dell’Everton: “Una mattina, alle quattro, eravamo all’aeroporto di Caselle. Tornavamo da Atene, avevamo appena fatto una figuraccia in Champions League contro il Panathinaikos ed abbiamo trovato ad aspettarci un gruppetto di ragazzi che non ci volevano esattamente rendere omaggio. Al passaggio di Zidane l’hanno spintonato ed è stata la loro condanna. Non a morte, ma quasi. Montero ha visto la scena da lontano, si è tolto gli occhiali con un’eleganza che pensavo non gli appartenesse e li ha messi in una custodia. Bel gesto, ma pessimo segnale, perché nel giro di pochi secondi si è messo a correre verso quei disgraziati e li ha riempiti di botte. Aiutato da Daniel Fonseca, un altro che non si faceva certo pregare. Paolo adorava Zizou, io adoravo anche Paolo, puro di cuore e di spirito”.
Fu proprio Ancelotti, nella sua autobiografia, a dipingerlo con poche parole: “è un galeotto mancato, ma con un suo codice d’onore”. Lo sapeva perfino l’Avvocato Agnelli. “Mi chiamava alle 6 di mattina, la prima volta l’ho mandato affan… e ho messo giù”. Alla Juventus rimane per nove stagioni, dal 1996 al 2005, disputando 277 presenze, realizzando sei gol ma venendo espulso per 17 volte, vincendo tutto: quattro campionati (uno viene infatti revocato), tre Supercoppe italiane, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea e una Coppa Intertoto. L’emblema del giocatore è però il pugno (o “pigna”) al volto di Luigi Di Biagio in un match di campionato del 2000 contro l’ ”odiata” Inter, che gli vale tre turni di squalifica con la prova tv.
Lui ricordava così l’episodio: “Dopo il pugno a Di Biagio l’Avvocato mi vede e scuote la testa: ‘Paolo, non mi sei piaciuto per niente’. Io mi preoccupo: chissà che predica. ‘Paolo, non mi sei piaciuto perché non l’hai preso bene: un bravo pugile con un gancio così l’avrebbe fatto cadere!’“.
È stato il calciatore più espulso di sempre della nostra Serie A, con 17 cartellini rossi: secondo lui il primo intervento deve essere duro per far capire immediatamente che aria tira all’avversario, poi confidava molto nel nella provocazione in campo, tanto da diventare temutissimo dalla maggior parte degli attaccanti che lo affrontano.
Quando lascia i bianconeri torna a casa: conclude la carriera in Sudamerica, giocando prima negli argentini del San Lorenzo e poi nel club che lo ha lanciato, il Peñarol. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, dopo aver brevemente svolto la professione di procuratore sportivo in Uruguay, ha intrapreso la carriera da allenatore, prima nel solito Peñarol poi nel Boca Unidos, nel Colón. nel Rosario Centralr, nella Sambenedettese e nella Juventus Primavera.