C’è stato un tempo ormai lontano, quasi dimenticato, agli albori di quel secolo breve che è stato il Novecento, in cui quel football inventato dagli inglesi cominciava a prendere piede in tutta Europa, durante il quale sorgevano le prime grandi potenze del calcio. L’Ungheria, anche molto prima della Squadra d’Oro, è stata una di queste: già dagli anni ’30 bastava nominare i magiari per incutere timore reverenziale negli avversari. Il 16 settembre di 110 anni fa nasceva uno dei giocatori ungheresi più forti di sempre, György Sárosi.
Nato a Budapest, fin da giovanissimo dimostra di essere un vero e proprio talento. Il calcio però sta vivendo quella fase di trasformazione da gioco piacevole e molto praticato a vero e proprio sport professionistico e il giovane György, brillante studente di giurisprudenza, è molto combattuto tra diventare avvocato o intraprendere una carriera da atleta. Le grandissime insistenze del Ferencváros, che lo aggrega in prima squadra appena diciannovenne, lo convincono definitivamente a giocare a calcio, scongiurando così il rischio più che concreto di privare la storia del football di uno dei suoi interpreti più grandi.
Sárosi – come sottolinea Alessio Abbruzzese – è un giocatore estremamente duttile: la sua azione svaria per tutto il fronte offensivo, non è un centravanti ma segna tantissimo. In alcune occasioni viene impiegato anche come difensore centrale, altro ruolo che interpreta alla perfezione. Esordisce giovanissimo anche in nazionale, contro la Jugoslavia nel 1931, stesso anno in cui incrocia per la prima volta il suo destino con l’Italia, paese che in futuro diventerà sua patria d’adozione: il 13 dicembre di quell’anno infatti affronta la nostra nazionale a Torino in quel match deciso all’ultimo minuto dalla rete di Renato Cesarini, che fa diventare celebre la “Zona”.
Con il Ferencváros vince ben cinque campionati ungheresi, oltre che la Coppa dell’Europa Centrale del 1937, sconfiggendo nella doppia finale la Lazio di Silvio Piola (due triplette per Sárosi nella doppia sfida), mentre con la maglia della nazionale magiara gioca sia i mondiali del 1934 che del 1938.
Nel Mondiale francese indossa la fascia da capitano, arriva in finale, segna anche il gol che accorcia le distanze a venti minuti dal termine, prima di arrendersi alla rete di quel Piola che l’anno precedente aveva superato in Coppa. Il vizio del gol non se lo leverà per tutta la vita: in un periodo in cui non tutti i tabellini sono pervenuti, Sárosi conta 382 presenze e 351 gol con il Ferencváros, ma c’è chi giurerebbe che sono molti di più.
Una volta appesi gli scarpini al chiodo nel 1948 lascia la patria natia alla volta dell’Italia, probabilmente non contento della politica filo-sovietica ungherese, ufficialmente per diventare allenatore. György, soprannominato dottor Sarosi dalla stampa nostrana, aveva terminato gli studi universitari durante la carriera, risultando a tutti gli effetti avvocato. Nel nostro paese allena con fortune altalenanti Bari, Lucchese, Genoa, Roma, Bologna, Brescia e si laurea campione d’Italia alla guida della Juventus nel 1952. Rimane per tutta la vita in Italia, a Genoa per la precisione, dove si spegne il 20 giugno del 1993 all’età di ottant’anni.
Fonte Guerin Sportivo