Anche una riserva può diventare un eroe
Feb 17, 2024

Essere portiere di riserva significa essere un po’ filosofo. O meglio, prendere la vita (professionale) con filosofia. Non esiste ruolo più difficile da sostituire: puoi rimanere fermo un campionato intero, seduto in panchina a guardare gli altri e sperare che arrivi il tuo momento. Ma poi, quando arriva quel benedetto momento, ti giochi tutto – reputazione e futuro – in pochi minuti, senza avere come alleati la sicurezza e l’abitudine. È un po’ la storia di Drogo del Deserto dei Tartari: arriverà mai il mio turno? Si può essere pronti tutta la vita senza mai riuscire a misurarsi?

Angelo Martino Colombo nel Cagliari (a sinistra) e nel Verona

La storia che vogliamo raccontare è quella di Angelo Colombo, un’eccellenza nel mondo dei portieri di riserva degli anni Settanta. È stato per quattro stagioni nella Juventus il vice silenzioso di Anzolin, tra il 1965 e il 1968, dove è riuscito a giocare la miseria di 5 partite (stagione 1967-‘68) incassando 5 reti, 4 delle quali nel derby col Torino di Gigi Meroni. Una sfiga tremenda!

Roberto Anzolin e Colombo alla Juventus nella stagione 1967-’68

Colombo, arriva a Verona nell’ottobre del 1968 a fare il vice di De Min. Ai tifosi era noto per un paio di fattori fisici che lo rendevano praticamente unico: in primo luogo era completamente canuto, al punto tale da essere soprannominato Penna bianca, e questo lo faceva apparire più anziano del dovuto (in fondo, all’epoca aveva solo 33 anni) e poi per l’altezza (alcune fonti dicono cm 168 mentre altre lo alzavano a cm 173) che gli faceva contendere con Quintini il ruolo del portiere più basso della serie A. In sintesi un portiere tascabile, da calcio a 5, che dagli spalti sembrava avere più di 50 anni.

La militanza nel Verona. In uscita, in trasfertra, contro il Vicenza; con la famosa capigliatura canuta e sulle figurine “Panini”

Dopo De Min arriva a Verona un portiere di cui si parla un gran bene, Pizzaballa, e lui non fa una piega. Del resto un conto è essere stato titolare con Pro Vercelli, Messina e Cagliari in B e C da giovane, un altro fare panchina a Verona in serie A. Anche nel viale del tramonto l’orgoglio conta pur sempre qualcosa.

Ma, quando meno te lo aspetti, il vento gira. Siamo nel contesto del campionato 1970-’71, purtroppo Pizzaballa incappa in un brutto infortunio alla spalla che lo tiene fuori dal campo per molti mesi. All’ ottava giornata, dopo la brutta sconfitta subita a Foggia (3 a 0) dell’ex Maioli il Verona naviga in pessime acque con solo 6 punti in classifica. Il presidente Garonzi esonera Lucchi e affida la panchina a Pozzan, ex tecnico della Primavera e uomo ombra di Liedholm nella esaltante promozione in A di qualche anno prima. Per Colombo, che nelle ultime sette stagioni e mezzo aveva giocato la miseria di 10 partite, è un’occasione irripetibile per chiudere in bellezza.

1971, l’ “Intrepido” dedica uno speciale a “Penna bianca”

Pozzan, tra mille difficoltà fa un lavoro egregio: riorganizza la squadra, ricompatta lo spogliatoio, lancia il promettente Bergamaschi e si affida alle capacità realizzative del bomber Clerici (10 reti per lui a fine stagione).

Lo juventino Helmut Haller cerca di perforare la difesa veronese. Dietro, in porta, Colombo fa buona guardia

La partita più importante Colombo la gioca il 14 febbraio quando i gialloblu si recano a Torino ad affrontare la Juventus. Il campo lo conosce bene, la gente pure, ma adesso lui è dall’altra parte e non siede più in panchina.

Facciamo un passo indietro: se è vero che la formazione guidata da Picchi apparteneva ad un altro pianeta, è anche vero che sin dall’inizio della stagione il Verona era stato la sua bestia nera. Il 30 agosto in Coppa Italia, al Bentegodi, i gialloblu avevano fermato la Juventus 1 a 1 (Mascetti e autogol di Moschino) e questo pareggio era costato caro ai bianconeri che furono eliminati a vantaggio del Novara. Per inciso, l’Hellas perse tutte le altre partite del girone eliminatorio. L’11 ottobre, sempre al Bentegodi, alla terza di campionato i gialloblu avevano nuovamente impattato (questa volta per 0 a 0) tra il tripudio dei propri tifosi. Insomma, di fronte agli juventini i veneti si trasformavano letteralmente sfornando prestazioni di tutto rispetto. Salvo poi crollare le partite successive contro avversari inferiori.

Ma le premesse erano tutt’altro che rosee. Il Verona, con i soliti problemi di classifica, è decimato: oltre Pizzaballa mancano Nanni in difesa, Ferrari a centrocampo e Orazi in attacco. Con Moschino e Mujesan fuori rosa, Pozzan è costretto a far esordire il poco meno che ventenne Nosè da Nogara e tiene a disposizione in panchina un altro ragazzino della Primavera, Gobbi da Cerea. La mezzapunta D’Amato gioca da appoggio a Clerici e si schiera in una sorta di moderno 4-4-1-1.

La partita si mette subito male perchè Bettega porta in vantaggio la Juventus al 3° minuto. Ci sono tutte le premesse per una facile goleada, ma non è così. In un’azione di alleggerimento si crea una situazione confusa in area bianconera e una conclusione di D’Amato viene deviata fortuitamente in rete da Tancredi nel più classico degli autogol. A questo punto entra in scena Colombo. La Juventus attacca con insistenza, il Verona arretra tutto a difesa del risultato e in più occasioni Anastasi, Bettega e Haller mettono i brividi ai tifosi scaligeri. Colombo è dappertutto: piccolo, tarchiato e combattivo, arriva su tutti i palloni. Ci mette l’anima. Mister Picchi, nella ripresa, inserisce un altro attaccante destinato ad un grande futuro, Causio, ma il Verona non molla. Purtroppo però, a 9 minuti dal termine Capello chiude in maniera vincente uno spunto in area di Haller: il nostro portierone prova ad opporsi in tuffo ma capisce che lì proprio non ci può arrivare. È la fine.

Nonostante la sconfitta la nostra storia ha un lieto fine. Il Verona concluse il campionato all’11° posto conquistando una sofferta ma meritata salvezza con 1 giornata di anticipo e Colombo (solo 18 reti subite in 20 gare) contribuì in maniera determinante con le sue parate. Se nel suo palmarès è riportato lo scudetto vinto con la Juventus nel 1966-‘67, in cuor suo i suoi momenti più belli della carriera li ha ottenuti proprio a Verona giocando da titolare questa stagione e la successiva e conquistando due salvezze consecutive.

Mai mollare dunque: anche una riserva può diventare un eroe.

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