Erano tempi diversi. Per cominciare, quando pioveva i campi erano fangosi e i calciatori indossavano scarpe tutte nere. I marchi sportivi non avevano ancora invaso lo sport: Adi Dassler era ancora vivo e Nike era ancora la dea greca della vittoria, capace di correre come una torcia senza camera d’aria. Le divise erano bandiere senza pubblicità. Quelle del Real Madrid, bianche. Bianche le calze, color neve i pantaloncini e come una meringa la maglietta. Sembrava l’intimo come quello di tanti spagnoli – lo slip era solo un’opzione per i supereroi – se non per lo scudo ricamato sul petto, una combinazione di fili d’oro e viola.
C’è stato un tempo, non molto tempo fa, in cui quello scudo con una corona incuteva tanto rispetto nei nemici quanto le stelle di un generale. Ed è stato in quei lontani tempi di pioggia, con pantaloncini a metà coscia e maglie di lana, che Pirri ha firmato per il Madrid. Nel 1964, prima della Rivoluzione dei Beatles.
José Martínez Sánchez, nato nell’enclave spagnola di Ceuta, proveniva dal Granada. Si è detto di decine di calciatori che erano predestinati a giocare nel Real Madrid, ma con Pirri era pura verità. Il suo personaggio rappresenta fedelmente come quello di Di Stéfano, e ancor di più perché lui è spagnolo, i valori piùà alti del madridismo.
Pirri era tutto e ovunque: pivot, double pivot, in prima e seconda fila. Nonostante si sia spostato tra centrocampo e difesa, ha segnato 170 gol in 561 partite. Fece parte della famosa squadra yeyé, capitanata da Francisco Gento. Al suo debutto, Pirri conquistò il primo dei dieci campionati che ha fatto suoi. Nel 1966 il Real, una delle squadre più giovani d’Europa, vinse la Coppa dei Campioni, la sesta. Fece sua la finale contro il Partizan Belgrado (2-1).
Nessuno come lui, Pirri, ha confermato che la maglia del Madrid è bianca in modo che il sangue possa essere meglio distinto. Ha giocato con un braccio rotto come se non fosse successo nulla. Non c’era pozzanghera o pantano che ha lasciato inesplorati. Anche se aveva piovuto per due giorni di seguito.
Questa è la sua foto. Pirri era un ragazzo ma aveva già i pettorali di Charlton Heston. Le sue calze pesavano due chili, ma non cadevano mai, il che dimostra che la corda era sempre migliore dell’elastico. Il resto dell’uniforme era come una composizione di Picasso dipinta con schizzi, fango e sudore. E le maniche erano sempre rimboccate. Noterete anche che indicava sempre qualcosa, forse il povero avversario che si erq schiantato contro di lui.
Terminò l’università con la laurea in medicina, andò a concludere la carriera in Messico e tornò a fare il medico dei Blancos per dodici anni. Successivamente è stato anche direttore sportivo del Real (e aveva anche un buon fiuto) il suo unico grande amore. Conquistato a suon di pozzanghere. Quello indubbiamente un altro calcio. Oggi, anche se piove per due giorni di fila, il prato del Bernabeu è in perfetta forma. Nessuno potrebbe ricercare le pozzanghere come il grande Pirri.
Mario Bocchio