Dopo la guerra del 1915-‘18 i danubiani sono stati sicuramente i maggiori esponenti di una scuola calcistica tra le più forti in assoluto per più di trent’anni. La dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico e la nascita di nuovi Stati non compromisero in nessun modo la validità della scuola calcistica del periodo, anzi, proprio in quegli anni essa giunse alla maturità e al suo pieno sviluppo. Era una scuola geograficamente molto vasta (non solo Austria e Ungheria, ma anche Cecoslovacchia, Romania e i Paesi slavi comprendenti la “fertile” Istria), e dal punto di vista caratteriale, unica nell’impostazione stilistica e nella tecnica del palleggio, tecnica che aveva reso molto importante il “gioco d’attacco”. Era naturale che, raggiunti tali livelli il calcio danubiano incominciasse ad esportare allenatori e giocatori. L’Italia in questo senso farà la parte del leone, come al solito e come avviene tutt’oggi con un afflusso maggiore alla richiesta.
Vale la pena di ricordare però quelli validi come ad esempio i fortissimi ungheresi approdati alla Juventus: Hirzer Viola con gli istriani Varglien e Vojak, Mihalich del Napoli, Volk e Ossoinach (lo rivedremo anche nel Cagliari), della Roma, Spivach e Okely della Lazio e Blasevich dell’Ambrosiana e molti altri più o meno noti.
Per quanto riguarda gli allenatori, tenevano banco quelli molto preparati come Felsner, Lelovics e Kovács del Bologna, Károly della Juventus, Erbstein del Bari, Ging del Livorno, Feldmann della Fiorentina, Cargnelli e Stürmer del Torino, Weisz dell’Ambrosiana e Baar della Roma. Il primo allenatore veramente importante giunto a Cagliari, fu l’ex nazionale ungherese Róbert Winkler. Nato a Budapest il 16 maggio 1900 fu prima ottimo giocatore poi allenatore tra i più preparati. A Cagliari dettò i primi veri insegnamenti calcistici agli inesperti giocatori rossoblù. Dopo la prima esperienza del ’27-‘28 Winkler tornò altre due volte ad allenare la squadra: la prima nel periodo della ricostruzione del presidente Banditelli, l’altra subito dopo la fine della Seconda guerra.
Nel campionato 1929-‘30 arrivò a Cagliari, proveniente dalla Nocerina l’ungherese Ernest Egri Erbstein. Nato a Nagyvarad il 15 agosto 1898, si trasferì in Italia, dopo aver giocato nel Bak Budapest ed esordì giovanissimo anche in Nazionale. In Italia interpretò il ruolo di allenatore con nuove e rivoluzionare idee. Rispetto ai suoi colleghi fu ideologicamente e tecnicamente all’avanguardia. Ad esempio, Ernest insegnò ai calciatori già affermati il modo migliore con cui calciare la palla: la precisione del tiro non derivava (come diceva lui stesso) dal piede che calcia ma dalla posizione del piede d’appoggio. Questa fu una delle tante innovazioni che il grande Erbstein introdusse nel calcio italiano e la squadra del Torino fu la sua massima espressione di intelligenza calcistica. Al Cagliari regalò la grande impresa della promozione in serie B, impensabile per quei tempi. I primi calciatori dell’Est che giunsero a Cagliari furono Ossoinach e Francovig entrambi istriani, arrivarono al Cagliari nella stagione 1930-‘31.
Luigi Ossoinach, indimenticabile regista di quella squadra che salì in serie B, ex campione di canottaggio, era, (ho avuto il piacere e la fortuna di conoscerlo) un personaggio serissimo e raffinato, con un bagaglio tecnico ed atletico eccezionale. Una volta appese le scarpe al chiodo continuò l’attività divenendo allenatore in Svezia. Leopoldo Francovig, mezz’ala di classe con spiccate caratteristiche offensive, venne prelevato dal Bari. Con Ossoinach e Chiantini formerà un triangolo di centrocampo di altissimo valore. Italiano nato sotto l’impero asburgico) l’italianizzazione del cognome in Del Franco fu imposta dal regime fascist. Amante della Sardegna giocò anche un campionato a Sassari, prima di rientare a Magenta sua definitiva e ultima residenza. Nel 1931-‘32, l’anno della serie B, Erbstein portò a Cagliari due autentici fuoriclasse: l’ungherese D’Alberto e l’istriano Ostromann. Domenico D’Alberto è stato senza ombra di dubbio uno dei più forti attaccanti di tutta la storia del Cagliari, se giocasse ai giorni d’oggi sarebbe ancora un grandissimo. Era bravo sia a impostare sia a finalizzare ogni suo attacco, con tutti i suoi gol, mandava in visibilio i diecimila spettatori che ogni domenica gremivano il campo sportivo di Via Pola, fu un autentico campione. L’altro fuoriclasse era, purtroppo solo per una stagione, Rodolfo Ostromann. Nato a Pola da una numerosa famiglia di sportivi (quattro suoi fratelli giocavano, come lui agli inizi della carriera, nel glorioso Grion Pola) è stato il centravanti del Cagliari, dopo aver indossato per diversi anni la maglia del Milan. In terra sarda si fece apprezzare oltre che per le sue numerose realizzazioni per la potenza dei suoi tiri e per i suoi movimenti felini. Non amava allenarsi, ma quando c’era da giocare e soprattutto da segnare, di certo non si tirava indietro. Lascerà Cagliari, seppur confermato dalla società, per indossare ancora una volta la maglia del sua amato Grion Pola. Morirà nel dicembre del 1960 in seguito ad una complicazione chirurgica. Nella sua città natale esiste tutt’oggi il suo famoso bar, ritrovo di tutti gli sportivi e dove sono appese alle pareti diverse sue fotografie, tra cui una ingiallita dal tempo, del periodo cagliaritano.
Nel campionato 1932-‘33 arrivò sulla panchina rossoblù, in sostituzione del partente Erbstein, un altro trainer ungherese di un certo spessore: András Kuttik. Vecchia gloria del calcio magiaro, fu un tecnico onesto e preparato ma con precisi limiti caratteriali, che gli fecero sfuggire di mano lo spogliatoio cagliaritano, abituato al gran rigore di Erbstein. Nel suo secondo campionato patirà la legge del licenziamento, anche in quel periodo di gran moda, ma si rifarà in seguito togliendosi diverse soddisfazioni tra cui uno scudetto con il Torino di Novo. Un altro tecnico che fallì a Cagliari fu l’ungherese Ferenc Molnár che, subentrando nel campionato 1934-‘35 al posto di Crotti, non riuscì ad evitare la retrocessione nonostante la squadra avesse un organico di tutto rispetto. In quel campionato, segnato dalla amara retrocessione, giocò un altro istriano dal fisico possente e dalla notevole grinta: Rodolfo Blecich. Dopo la Seconda guerra mondiale si succedettero con successo alternato, gli ultimi “prodotti” di quel calcio dell’Est, ultimi poiché con l’avvento del comunismo, verrà impedita l’emigrazione degli atleti.
Corrado Delunas