Nato a Forlimpopoli, in provincia di Forlì, il 10 Marzo 1949, Luciano Zecchini si forma come calciatore dapprima nelle giovanili del Forlì e poi con la prima squadra, con la quale disputa 37 partite.
Passa poi al Prato e successivamente al Brescia, e proprio con le Rondinelle fa il suo debutto in Serie A. Nel 1970 il Torino (foto a fianco) si accorse delle sue doti di libero, o come si diceva al tempo, di stopper e decise di portarlo a Torino. Inizialmente fece la riserva di Giorgio Puia, ma poi disputò in granata tre campionati da titolare. Con la maglia del Toro conquistò anche la maglia delle Nazionale e la Coppa Italia del 1971, battendo in finale il Milan ai rigori. Nel 1974 passò proprio tra le fila del Milan, senza però gli esiti sperati. A Milano rimase un anno. La stagione successiva, in occasione del mercato di riparazione di ottobre, venne ceduto alla Sampdoria.
Dopo due anni nelle file blucerchiate, avviene il passaggio al Perugia, dove giocò il torneo 1978-1979 conclusosi per la squadra umbra con uno storico secondo posto e il record d’imbattibilità.
Cinque anni dopo, venne coinvolto nello scandalo del Totonero, che portò, tra l’altro, anche alla retrocessione del Milan in Serie B.
“Stopper capellone e baffuto, arriva in nazionale per motivi abbastanza misteriosi: Bernardini vuole rinnovare la squadra, dopo il disastro dei mondiali del ’74, giocando a zona e convocando gente dai ‘piedi buoni’. Ma contro l’Olanda schiera centrali difensivi lui e Francesco Morini, ossia due rocciosi marcatori: Cruijff e soci ne lasciano solo macerie fumanti. La parte migliore della carriera è al Toro, dove apprezzano la sua grinta. Il Milan lo scarica dopo un anno, si riscatta nella Sampdoria e poi nel Perugia”. (Dal Dizionario del Calcio Italiano, Baldini & Castoldi editori, 2000)
“Luciano Zecchini viene acquistato dal Milan nel 1974 dal Torino, arriva per rafforzare la difesa rossonera con la sua grinta e la sua dote di stopper dedito alla marcatura arcigna. Disputa buone partite ma rimane al Milan una sola stagione fino ad ottobre 1975 disputando tre partite di cui due in Coppa Italia e una in Coppa Uefa” (Nota di Gianni Morelli)
Dopo il suo arresto ed il successivo rilascio, venne squalificato per tre anni. Decise di chiudere la sua carriera nella Massese, in Serie D. Era il 1984. Dopo, un lungo vagabondaggio per lo stivale alla ricerca della panchina ideale come allenatore, che però non trovo. La sua ultima esperienza è alla guida dell’Isola Liri, società del Lazio. Zecchini simpatizzava per Lotta Continua. Tramontata quella stagione non ha perso lo slancio: “Per me essere di sinistra è sempre stato normale semmai il problema è nel nostro ambiente, troppo cristallizzato e amante dei soldatini”. Una professione di fede che secondo Zecchini può anche riflettersi sul rettangolo di gioco: “È un’espressione di ciò che si è nel quotidiano, e per quanto non creda che un allenatore possa dare un senso di parte all’impostazione di gioco, può costruire una squadra puntando molto sulla forza del collettivo”.
Il discorso economico non lo tocca più di tanto: “Io giocavo per passione, in modo sano e genuino. Criticare chi guadagna molto è una speculazione di basso livello. Chi è più bravo è giusto che venga premiato”. Pur definendo il pianeta calcio “un ambiente misero, in cui l’etica non è certo diffusa”, Zecchini crede nella rivendicazione dell’appartenenza ideologica: “Bisogna avere il coraggio di portare avanti le proprie idee, informandosi e tenendo conto dei problemi reali, senza farsi condizionare da denaro e popolarità”. (“La sinistra nel pallone”).
Mario Bocchio