Stefano Impallomeni, nato a Roma il 24 ottobre del 1967, di mestiere fa il giornalista sportivo. Ha lavorato per Sky, è stato una di quelle voci che ogni settimana, ogni giorno, ci hanno raccontato le decine e decine di storie che solamente il calcio sa regalare. Dal 2017, è il presentatore del pre e post match su Roma TV. C’è però stato un tempo, tra gli anni ’80 e ’90, in cui Stefano non raccontava storie, c’è stato un tempo in cui lui era il protagonista, di quelli che le storie le scrivono: raccontarle, poi, sarà compito di altri. Come ha fatto molto bene “Libero Pallone”.
E’ il 22 febbraio del 1984, la Roma è impegnata al Mirabello di Reggio Emilia contro la Reggiana, la sfida è valida per gli ottavi di finale di Coppa Italia. A dieci minuti dal termine dell’incontro, con i giallorossi in vantaggio per 1-0, Liedholm richiama in panchina Vincenzi: lo sostituirà un ragazzo che ha appena 16 anni e mezzo, un prodotto del vivaio di cui si dice un gran bene. E’ un’ala rapida, di quelle che saltano l’uomo con piacevole regolarità, ha talento il ragazzo: d’altronde, in quella Roma è impossibile mettersi in mostra, se non si è in possesso di doti speciali. Quella è la Roma campione d’Italia in carica, la Roma che vanta campioni come Cerezo, Falcao, Ancelotti e Conti. E proprio a quest’ultimo, al “più brasiliano dei calciatori italiani”, viene spesso paragonato quel ragazzo del vivaio giallorosso, quel ragazzino che il Barone sta mandando in campo a Reggio Emilia. Quel ragazzo che risponde al nome di Stefano Impallomeni, quel ragazzo di Trastevere che trent’anni dopo lavorerà come giornalista sportivo, ma che in quella sera di febbraio del 1984 è un astro nascente del calcio italiano. Perchè Stefano farà strada, un po’ tutti, nell’ambiente, ne sono convinti: ne è certo Liedholm, che gli regala quella passerella, utile a fargli prendere confidenza con un mondo che, nessuno ha dubbi, sarà il suo per i successivi 15 anni, ne è probabilmente convinto anche lui stesso, Stefano, sfrontato nei suoi 16 anni e mezzo e assolutamente consapevole di possedere un grandissimo talento. Ma questa storia, quella di Impallomeni, è la dimostrazione che per affermarsi, in un mondo intricato e complicato come quello del calcio, il talento non basta: servono altri fattori, per sopravvivere, Stefano lo scoprirà negli anni a venire.
La Roma vincerà quella Coppa Italia: in panchina, nel 1985-’86, Liedholm lascia posto ad un altro svedese, Sven Goran Eriksson. Anche il nuovo tecnico crede nel talento di Impallomeni, ma preferisce lasciarlo maturare con calma, senza esporlo al rischio di “bruciarsi”, come si dice, sopraffatto dalle pressioni e dalle aspettative di un mondo spietato. “Il ragazzo si farà”, come quel Nino cantato da De Gregori in “La leva calcistica della classe ’68”, ma è meglio concedergli il tempo necessario per crescere. Impallomeni, così, tra l’85 e l’87 colleziona 5 presenze in Serie A, più un’altra manciata di apparizioni in Coppa Italia, competizione che rivince nell’86 trovando anche spazio nella finale di ritorno all’Olimpico contro la Sampdoria. Nell’estate del 1987, nonostante Impallomeni abbia alle spalle quasi quattro stagioni nel giro della prima squadra giallorossa, la Roma decide di mettere alla prova il suo campioncino lontano da casa e lo manda in prestito al Parma, realtà emergente del calcio italiano: è in gialloblù, nel campionato di Serie B, che Stefano dovrà confermare quanto promesso negli anni precedenti.
L’allenatore, poi, sembra poter essere il classico uomo giusto al posto giusto, nel momento giusto: è Zdenek Zeman, chi meglio del boemo per permettere ad un diamante grezzo come Impallomeni di risplendere in tutta la sua lucentezza? Gli inizi, in effetti, fanno ben sperare. Il 23 agosto ’87 Stefano debutta al Tardini in Parma-Monza 4-2 di Coppa Italia, tre giorni dopo ecco l’1-0 al Barletta, ancora in Coppa Italia: la rete decisiva è proprio del giovane talento di Trastevere. Un’altra rete nel 2-1 inflitto al Como, poi Stefano va in campo da titolare, sempre in Coppa Italia, anche contro Milan e Bari: contro i pugliesi un altro gol su rigore. Cinque presenze in Coppa, tre reti: Impallomeni inizia come meglio non poteva la sua prima avventura lontano da Roma. E nella Capitale già ci si sfregano le mani: sembrano davvero averci visto lungo, tutti coloro che negli anni precedenti avevano pronosticato per Impallomeni un futuro da campione. Ad ottobre Stefano fa parte della spedizione azzurra al Mondiale Under 20, segna anche un gol nel 2-2 contro il Canada. In campionato, però, le cose non vanno altrettanto bene: solo tre le presenze, e a novembre l’avventura parmense, iniziata sotto i migliori auspici, è già conclusa.
Durante la finestra di mercato autunnale Stefano viene girato al Cesena. E’ Serie A, sembra un salto in avanti per Impallomeni. Non lo sarà: il debutto in bianconero, per Stefano, non arriverà mai, per lui undici apparizioni, sì, ma in panchina. Si parla di un carattere difficile, spigoloso, già emerso durante la trafila nelle giovanili della Roma: la parentesi cesenate è da dimenticare, nell’estate dell’88 Stefano fa ritorno a Parma. L’allenatore è Giampiero Vitali, Impallomeni, nelle sue idee, è uno dei giocatori sui quali costruire le fondamenta della squadra.
Dicevamo, prima, però, che per sopravvivere, nello spietato mondo del calcio, il talento non basta. Sono assolutamente indispensabili altri fattori, uno di questi è la fortuna. Stefano Impallomeni impara questa lezione la sera del 3 agosto 1988, allo stadio Tardini, dove con il suo Parma scende in campo per un’amichevole pre-campionato contro il Milan. Entrato in campo dopo l’intervallo, Impallomeni, nel finale di gara, rimane vittima di un violentissimo scontro con Billy Costacurta. Uno scontro dalle conseguenze drammatiche: rottura di tibia e perone, un incubo per un ragazzo di 21 anni che sta sgomitando per trovare posto nel famelico mondo del pallone.
Nel 2007, quasi vent’anni più tardi, Costacurta sentirà il bisogno di scusarsi con Impallomeni per quell’intervento: “Gli devo delle scuse, gli ho rotto una gamba, era un vero talento” dirà la bandiera rossonera dalle colonne del Corriere della Sera. Parole sincere, parole di chi sente di aver spezzato il volo di un talento straordinario, di un ragazzo che avrebbe potuto essere ma non è stato un campione. Già, perchè Stefano, a sei mesi da quella maledetta sera del Tardini, dopo una lunga e faticosa riabilitazione, tornerà in campo, ma non sarà che il lontano parente della sgusciante ala ammirata nelle stagioni precedenti. Torna in campo a febbraio ’89, colleziona scampoli di gara, senza impressionare. Solo all’ultima giornata Stefano torna titolare e segna una doppietta al Piacenza: qualcuno vede in quella doppietta la luce della speranza, la luce di un talento che sta tornando a splendere. Nella stagione ’89-’90 Impallomeni torna alla base, colleziona cinque presenze con la Roma di Radice: ma la corsa è insicura, il passo è lento, il dribbling è appesantito da una mobilità che dopo l’infortunio non è più tornata quella dei tempi migliori, e mai tornerà. Dal ’90 al ’92 Stefano gioca a Pescara, in Serie B, ma è poco più di una comparsa: una trentina di presenze in due anni, senza mai trovare la gioia del gol. Scende ancora, Impallomeni: nel 1992-’93: Casertana, Serie C1, la miseria di quattro presenze senza reti. Nel ’93-’94 ancora a Pescara, Serie B, poi il capolinea.
Stefano annuncia il ritiro nel ’94, ad appena 27 anni. Troppo pesanti le conseguenze lasciate sul suo fisico da quella sera di agosto dell’88, da quell’intervento di Costacurta che gli ha chiuso in faccia le porte di un futuro che poteva essere ben diverso. Da quella sera un potenziale campione si è trasformato in giocatore normale, da quella sera Stefano ha capito che il talento, da solo, non basta. E non potendo scrivere la storia, Stefano s’è messo a raccontarla.