Jimmy Johnstone non era abituato a vederli guardare altrove. Se il campo da calcio era una stanza, allora lui era quell’anima magnetica su cui tutti gli sguardi si fissano quando entrano. Ora, migliaia di mortali a Parkhead guardavano oltre Jinky e verso l’interno, verso una nuova scintillante presenza. Era un piccolo tradimento, come le azioni di quei disgraziati che guardano alle spalle di una persona durante una conversazione.
Johnstone aveva bisogno dei loro sguardi da cerbiatto e dei loro chiassosi applausi. Aveva bisogno di eventi speciali per convincere Jock Stein, da lungo tempo allenatore del Celtic, che il suo era un talento degno della permanenza in First XI. Finora l’ala aveva inciso molte poesie sul terreno cedevole: abbastanza distici melodiosi da far fare le fusa agli Hoops di Glasgow, ma non abbastanza da sfuggire definitivamente alla seconda squadra. L’estate del 1965 si trasformò in autunno e il nome Jimmy Johnstone rimase a matita su quel foglio centrale del purgatorio tra titolari e riserve. La penultima cosa di cui aveva bisogno era un affascinante compagno di squadra brasiliano in cerca di attenzione. L’ultima cosa di cui aveva bisogno erano addirittura due.
C’erano almeno 11.000 spettatori allo stadio quel giorno, il 4 settembre, che trascurarono Johnstone durante il pareggio tra le riserve del Celtic e quelle del Motherwell. La maggior parte era venuta a vedere Ayrton Inacio e Marco di Sousa. Sbocciò la speranza che la coppia sarebbe stata Pelé e Garrincha negli Hoops, ragazzi di samba con un gusto per la salsiccia quadrata. Forse era giunto il momento che il Brasile ripagasse il suo debito calcistico con la Scozia; finalmente i frutti dello scambio tra Charles Miller e Thomas Donohoe. Entrambi i giocatrori erano attaccanti. Inacio portava il numero otto sui pantaloncini, di Sousa il nove.
“È massiccio”, ha scritto del primo Hugh Taylor del Daily Record, “… con il movimento dell’anca di una Carmen Miranda e uno dei tiri più spettacolari che hanno inorridito i portieri scozzesi da molto tempo”.
Al 18′, Inacio si è scontrato con un difensore del Motherwell, gli ha rubato la palla e l’ha martellata in rete. Sette minuti dopo, di Sousa gli diede una spinta. Anche se lontano dalla porta, Inacio ha colpito con un tiro che ha deviato verso casa come se stesse facendo una ruota lungo un arcobaleno. Centinaia di bambini corsero sulla cenere, scesero in campo e assalirono gli eroi di domani. È stata, ha continuato Taylor nel Record, “una bomba brasiliana” e una “festa del calcio”.
Durante l’intervallo, Jinky si mosse. Nel secondo tempo ha segnato un gol meraviglioso. Arrivarono di nuovo i bambini. Questa volta hanno esaltato Jinkly. Il Samba non aveva ancora sostituito i Gay Gordons.
Durante l’estate del 1965, José Ramos arrivò a Glasgow con la merce da svendere. Le sue proposte erano esotiche: calciatori brasiliani, disponibili per il prezzo di un biglietto aereo. Il portoghese pubblicizzava la sua merce indiscriminatamente e con il gusto di un venditore porta a porta al primo turno. Furono contattati club scozzesi di tutte le categorie e furono offerti incontri tra le pesanti tende e i tappeti affollati del Royal Stuart Hotel in Clyde Street. L’interesse di molti club venne stuzzicato da quella che doveva sembrare un’offerta incredibilmente tropicale nel mondo monocromatico del calcio scozzese.
Nella terza settimana di luglio di quell’anno, il manager del Dunfermline Willie Cunningham – successore di Jock Stein all’East End Park – incontrò Ramos. I Pars si pavoneggiavano alti e felici, nella stagione precedente finirono solo un punto dietro i campioni del Kilmarnock e come finalisti della Coppa di Scozia. I manager hanno a lungo cercato giocatori che dorasse le loro squadre, spingendole oltre il limite creativo e verso la grandezza; giocatori in gtrado di fare “la differenza”. Cunningham deve aver guardato negli occhi Ramos e deve aver visto trofei invece di semplici calciatori, proprio come un criminale dei cartoni animati percepisce i simboli del dollaro in quelli di qualcuno che sta per sfruttare. Il 26 luglio, il suo consiglio ha autorizzato l’arrivo di due brasiliani: Alexandre Gabrielle, 20 anni, e Joaquim “Chico” Filho, 25 anni. Entrambi, sosteneva Ramos, avevano giocato con la Juventus di San Paolo.
Ramos stava distruggendo i suoi obiettivi di vendita. All’inizio di agosto, il St Mirren ha ricevuto altri due dei suoi brasiliani, Fernando Azevedo e Roberto Faria. Faria scomparve rapidamente dalla vista – forse le luci brillanti del Paisley lo distraevano e lo ingannavano – mentre Azevedo veniva acclamato dalla stampa locale come il “miglior brasiliano”. Il primo sabato di agosto, il St Mirren ha giocato contro il Northampton Town in una partita della Charity Cup a Love Street.
Con l’autorizzazione internazionale bloccata da qualche parte tra l’Amazzonia e il Clyde, Azevedo si è limitato a una presentazione a metà tempo. Il suo vellutato mantenimento ha fatto tubare i sostenitori in attesa Il St Mirren, per inciso, perse due a zero e la loro giovane stella, Archie Gemmill, si ruppe una caviglia.
Il giorno dopo, domenica 8 agosto, Gabrielle atterrò in Scozia, seguito da Filho il mercoledì successivo. Entrambi avrebbero dovuto incontrare i membri del consiglio dei Pars al Royal Stuart Hotel. Con l’autorizzazione della federazione brasiliana ancora in attesa, o forse nascosta nella stessa busta di Azevedo, fu annullato l’incontro e si rifiutarono di rimborsare le tariffe aeree di Gabrielle e Filho. Il 20 agosto, il Celtic ha accolto quattro brasiliani: Inacio e di Sousa, più Fernando Consul e Jorge Farah. All’unisono marciarono sulla ghiaia fuori Parkhead assomigliando a un quartetto jazz che arriva in un locale lungo la strada del Midwest. Farah indossava una giacca sopra una t-shirt bianca a collo alto e portava una borsa Alitalia, di Sousa sfoggiava un delicato blazer e gilet in velluto a coste, Consul una giacca beige e cravatta e Inacio un maglione casual ideale per un’estate a Glasgow. Presto sarebbe passato al tipo di maglieria voluminosa che le madri della metà del secolo insistevano affinché i loro figli indossassero.
Giunti a Fife alla fine di agosto, con le scartoffie sbrigate e i lasciapassare timbrati, Gabrielle e “Chico” Filho iniziarono ad acclimatarsi. “Mi prendevo cura di Chico”, ricorda ora l’attaccante Bert Paton. “L’ho portato a casa per pasti decenti e cose del genere. Era un giocatore migliore del ragazzone (Gabrielle, NdR), che era un po’ poser. Il cibo era molto strano per loro. Erano interessati a trovare cibo diverso dal nostro e non interessati alle nostre cene a base di pesce. Anche a quei tempi erano preoccupati per la dieta”.
Una settimana dopo l’esibizione di Inacio e di Sousa contro lil Motherwell Reserves, la scheda del programma offriva un derby a Love Street, St Mirren contro Morton, quella vecchia giostra irascibile giocata per prima quando Gladstone era primo ministro. Che fosse stato istruito o meno della complessità della rivalità del Renfrewshire, Fernando Azevedo si è ritrovato nella formazione titolare della squadra di casa.
Se questa storia fosse romantica piuttosto che una curiosità intrigante, il primo brasiliano a disputare una partita di campionato in Scozia sfiderebbe le voci latranti dagli spalti cadenti per ballare tra le gocce di pioggia e segnare una tripletta. Invece, il Morton vinse 1-0 e Azevedo giocò semplicemente per il St Mirren, contro i boilermakers di Babcock e Wilcox nella Renfrewshire Cup. Alcune storie cantano e altre finiscono con un piagnucolio.
Quello stesso pomeriggio, Inacio e di Sousa indossarono ancora una volta la maglia degli Hoops, questa volta in una partita tra le riserve al Kilbowie Park di Clydebank. Jimmy Johnstone ha tirato le fila nella vittoria per 7-1, anche se Inacio ha segnato ancora due volte e questa volta di Sousa si è unito a lui a referto. Tuttavia, non avrebbe mai potuto essere sufficiente a influenzare Jock Stein. La carta dei tarocchi del Celtic non mostrava immigrati esotici, ma un genio dai capelli fiammeggianti di Viewpark. Esclusero tutti e quattro i membri del quartetto jazz subito dopo la partita con il Clydebank. Inacio ha tentato la fortuna a Cliftonhill e ha segnato un gol nella sua unica presenza in campionato con l’Albion Rovers. Due anni dopo, nella stagione 1967-‘68, tornò nuovamente in Scozia, giocando due volte con il Clydebank. All’aeroporto, Gabrielle non riuscì a far girare la testa a nessuno e fu lasciato andare via il 13 settembre.
“Penso che sia stato fatto arrivare solo per portare avanti il caso di ‘Chico’”, dice Paton, di seguito. “Chico” rimase pronto a stupire e fu mandato in campo numero 9 contro il Dunfermline il sabato successivo in una linea d’attacco che incorporava un tipo combattivo di Govan, Alex Ferguson. Il secondo brasiliano del campionato di calcio scozzese si sarebbe recato a Cappielow per affrontare il Morton, che ormai si stava chiedendo dove fosse finita la loro tipica questione sudamericana. “Chico” non ha né segnato né impressionato nel pareggio finale.
I giornali dell’epoca parlano di Ayrton Inacio e Marco di Sousa
Una seconda uscita non si sarebbe concretizzata e, a ottobre, aveva lasciato Fife e aveva lasciato in eredità un souvenir a Paton: “Quando alla fine se ne andarono, ‘Chico ‘mi disse ‘Voglio darti queste scarpe’. Erano come pantofole, una pelle così morbida, e a quei tempi non assomigliavano per niente alle nostre, che erano più solide, più resistenti. Correvo qua e là, sfoggiando queste scarpe nuove e tutti gli altri ragazzi erano gelosi. Ma essendo così morbide, hanno rovinato le mie due unghie degli alluci. Si sono ammaccate perché non avevano protezione come avevano le nostre scarpe, erano senza puntali. Quindi non durarono molto a lungo. Giuro che da allora le mie dita dei piedi non sono più state a posto”.
Paton era chiaramente imperturbabile dalle deludenti avventure di quei brasiliani all’East End Park. Fu lui, quando era allenatore del Dunfermline tre decenni dopo, a ingaggiare due dei loro connazionali. Dopo l’esperienza di Sérgio Gomes nel 1995 al Dundee United, Sérgio Duarte dei Pars e poi Edinho sono diventati il quarto e il quinto brasiliano a giocare in campionato in Scozia. “Mia moglie ritiene che Duarte sia stato il peggior acquisto che abbia mai fatto. Questo è quello che dice sempre”, aggiunge ora Paton. “Sapevo che poteva calciare una punizione, ma quello era il suo limite”.
Da sinistra: Sérgio Duarte e Edinho, entrambi nel Dunfermline. Poi Sérgio Gomes con la maglia del Dundee United
In un periodo vorticoso tra l’autunno del 1997 e la fine dell’inverno del 1998, Duarte ha giocato in un centrocampo battuto 7-0 dai Rangers, ha marcato a uomo Henrik Larsson, ha comprato una casa a Rosyth e ha perso il pullman della squadra per tornare a casa a seguito di un sconfitta nella semifinale della Coca-Cola Cup contro il Celtic. “Sergio è tornato in Brasile con la sua famiglia”, ha ricordato Paton, “e anche lui è andato abbastanza velocemente. Non credo che gli piacesse molto il clima scozzese. E chi può biasimarlo?”.
“Preferisco avere la palla tra i piedi piuttosto che giocarla a terra, ma questo non sarebbe successo”, ha detto Duarte all’ Edinburgh Evening News. Edinho, amico di Duarte, arrivato in prestito dal Bradford City nel novembre 1998, ha segnato un gol in nove partite e poi è tornato a Valley Parade.
La nostra, però, è una storia degli anni Sessanta e non degli anni Novanta. Dopo che Chico lasciò Fife e Inacio lasciò Glasgow, Jose Ramos sembrò scomparire, proprio come è incline a fare un venditore ambulante.
Sussurri e chiacchiere filtrarono. Nelle sale riunioni delle squadre di calcio, le imprecazioni aleggiavano nell’aria insieme al consueto vortice di dopobarba Brut e fumo di sigaro. La parola “perfido” si è stancata dell’uso eccessivo. Ad nn giornalista che lo avva avvicinato, un uomo di nome Peter Pullen, portavoce del Brasile in Europa, rispose che non aveva mai sentito parlare di Ramos né degli altri giocatori: “Non penso che siano di prima classe”. Ma le loro credenziali come figure significative nella storia del calcio sono più importanti: non solo furono i primi brasiliani a giocare in Scozia, ma Inacio, di Sousa e “Chico” Filho furono i primi giocatori neri a rappresentare squadre scozzesi dai tempi di Gil Heron del Celtic nel 1951.
Ancora Ayrton Inacio durante il suo periodo trascorso al Celtic
Chiunque fosse Ramos e qualunque fossero le sue intenzioni, per un breve periodo i suoi giocatori sparsero granelli di sabbia di Copacabana sulla baia di Dalgety e trascinarono il Maracanã verso Paisley. Per quanto fugace, il fulmine aveva colpito e reso luminoso un vecchio sport ingrigito.
Mario Bocchio