“Ci chiamavano gli zingari del calcio argentino”
Dic 18, 2023

Il Club Sportivo Italiano è relegato nella Primera C Metropolitana, il quarto livello del sistema del calcio argentino. Per scoprire quale sia il significato di Sportivo Italiano per molti italiani e discendenti di italiani residenti a Buenos Aires, bastano poche parole con Juan Moccia, uno dei suoi membri fondatori.

Moccia racconta che, da quando il padre lo portò per la prima volta a vedere lo Sportivo Italiano, nel 1962, allo stadio Nueva Chicago, non ha mai più potuto lasciare il club.

“Nel 1967 ne sono diventato membro e non ho mai smesso di esserlo. Sono socio a vita, tutta la mia famiglia è socia del club, siamo soci fondatori. Nella mia famiglia tutti fanno parte dello Sportivo Italiano, veniamo sempre in campo. ‘El Sportivo’ è la nostra vita”, dice.

Un fotogramma della storica partita contro la Nazionale italiana nel 1978 a Buenos Aires

Juan Moccia, figlio di italiani originari di Avellino, spiega che la storia del Club Sportivo Italiano è divisa in due fasi. La prima, va fino al 2005, anno in cui la squadra inaugurò il suo stadio. “Ci chiamavano gli zingari del calcio argentino perché dovevamo andare a giocare su altri campi presi in prestito”, ricorda. Moccia, che poi spiega che, insieme ad un gruppo di ragazzi, fu deciso di cercare un terreno per costruire il proprio stadio poiché stanchi di essere dei veri e propri girovaghi.

“In linea di principio ci avevano concesso un terreno dove attualmente si trova il Parque de la Ciudad,  in Avenida Cruz. Più tardi, nel 1968, ce lo portarono via e, nel 1969, fu acquistata una proprietà a Bella Vista, ma a quel tempo pensavamo che fosse troppo piccola per la comunità. Avevamo in mente un club per l’intera comunità a venire”. Andare al campo non significava solo andare a vedere una partita di calcio, era andare a trovare i “paesani”.

“Molti degli italiani che hanno fatto l’Argentina e che hanno fondato questo club non sono più tra noi, ma hanno lottato duramente perché avessimo questa proprietà. Per loro venire al campo il sabato significava ritrovarsi con il connazionale, con i nuovi amici conosciuti in Argentina… Era una festa”, racconta Moccia con una luce negli occhi davvero speciale.

Il ricordo di quell’amichevole contro gli Azzurri di Bearzot

“Ricordo che, da bambino, non era solo la partita di calcio, ma com’erano gli spalti: era venire a trovare i paesani. Questa è diventata una necessità per molti di noi che ce l’hanno nel sangue. Sangue verde, bianco e rosso scorre nelle mie vene. È il riconoscimento che noi figli facciamo ai nostri genitori che ci hanno dato veramente tanto”.

“Molti dei nostri genitori e nonni, come nel mio caso, non hanno potuto prendersi un sabato libero, lavoravano sempre. Lo abbiamo trasmesso ai nostri figli. Per questo amano moltissimo il club e l’Italia. Loro sono argentini, noi siamo argentini, ma con sangue italiano”.

Nel 1986 lo Sportivo Italiano fu promosso in Prima A, il che significò un’enorme gioia per i tifosi. Nel 1978 giocammo contro la Nazionale italiana sul campo del Boca Juniors, in preparazione dei Mondiali proprio in Argentina. Il campo, ricordo, era pieno di italiani. Lì era molto chiaro quanti italiani facessero e facciano parte della comunità italiana in Argentina”.

Lo stadio denominato “República de Italia”

Inoltre, un altro grande successo dello Sportivo è stata l’inaugurazione del suo campo, il 10 ottobre 2005. Venne denominato “República de Italia”. “Sono state tante le famiglie che hanno collaborato all’inaugurazione. Abbiamo acquistato questo spazio con un gruppo di ragazzi che per otto anni, senza essere un consiglio di amministrazione, hanno svolto le pratiche al Ministero dell’Economia”.

La proprietà dove attualmente è situato lo stadio ha una superficie di 16 ettari. Dal 1983 al 1989 furono espletate le pratiche amministrative e la proprietà fu loro venduta in 30 rate. “Fu allora che si riunirono le famiglie dello Sportivo Italiano, che ogni sei mesi pagavano una quota: la pagavano con i pasti mensili che preparavano”. Tra i lavori necessari c’era quello di interrare il campo, operazione molto ardua poiché nella zona non c’erano né elettricità né strade circostanti. Uno dei progetti del club è poi stata la creazione di una scuola bilingue dove si insegna l’italiano.

Mario Bocchio

– continua –

Le parole liberamente attribuite a Juan Moccia sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, e sono tutte ispirate a fatti realmente accaduti

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