2015, la squadra di Hebron, l’ Ahli al-Khalil raggiunge e vince per la prima ed unica volta la finale della Coppa di Palestina, guidata dall’allenatore italiano Stefano Cusin.
L’ Ahli al-Khalil, che ha sede nella città meridionale di Hebron, ha superato la finale della Coppa di Palestina in quella che è stata la sua grande possibilità di vincere qualcosa nei suoi primi 40 anni di storia.
Il club ha attribuito il suo successo all’assunzione all’inizio del 2015 di un del tecnico Cusin, nato in Canada, ma cresciuto in Francia da genitori italo-francesi. Dopo aver iniziato ad allenare nell’Arezzo e nel Montevarchi, parte dal Camerun per iniziare a girare il mondo, anche come vice di Walter Zenga.
Alla vigilia della finalissima, ragazzi di Cusin erano ben consapevoli che la Coppa avrebbe aperto la porta per affrontare poi club del Medio Oriente, dell’Asia orientale e persino dell’Australia.
La Coppa di Lega conquistata nei primi mesi del 2015 è stato il primo titolo della società in 42 anni di storia. Il 7 agosto si è poi giocata la Supercoppa di Palestina tra la squadra che aveva vinto la Coppa e il campionato della Striscia di Gaza, ovvero l’Al-Ittihad Shejaia, e l’Ahli al-Khalil, vincitore della Coppa di Palestina: la sfida, che avrebbe dovuto disputarsi il 5 agosto, venne rinviata il 7 e finì 0-0 all’andata disputatasi a Gaza. La gara di ritorno, che in origine doveva giocarsi il 9 agosto, in realtà andò in scena il 15: l’11 agosto, infatti, il club dell’Al-Ittihad Shejaia venne bloccato al confine tra Israele e Palestina mentre si stava dirigendo a Hebron, sede dell’incontro di ritorno per la Supercoppa palestinese. Il 15 agosto, Cusin vinse 2-1 la gara di ritorno, in due sfide definite “storiche”.
Sotto la direzione di Cusin, che come detto ha allenato club dall’Italia agli Emirati Arabi Uniti e persino alla Libia, l’Ahli ha fatto passi da gigante, arrivando in cima alla classifica del campionato di calcio palestinese.
“Amo il calcio e qui c’è la possibilità di costruire qualcosa di speciale per il futuro” – aveva detto durante una sessione di allenamento nella città cruciale della Cisgiordania – Stavo cercando qualcosa di nuovo e ho pensato, perché non la Palestina?”.
La scelta di Hebron è stata coraggiosa. La città ospita 200.000 palestinesi con un nocciolo duro di 700 coloni ebrei che vivono nel centro storico.
È un microcosmo del conflitto mediorientale, con frequenti scontri tra palestinesi locali e coloni, nonché con le forze di sicurezza israeliane.
Il primo ostacolo nel trasmettere la sua saggezza calcistica non è stato la situazione politica o le restrizioni di movimento per i giocatori palestinesi, ma la barriera linguistica.
Solo cinque membri della squadra parlavano inglese e Cusin si è affidato ad uno degli anglofoni per tradurre i discorsi della sua squadra in arabo, sia dentro che fuori dal campo.
“Il calcio è una lingua mondiale” – disse Cusin – Devi solo dimostrare, non devi parlare”.
I giocatori sono stati felicissimi dei loro progressi sotto Cusin
“Questa è la migliore squadra che l’Ahli abbia mai avuto”, disse il capitano della squadra Khaldun Halman.
“Ha aggiunto tante cose positive alla squadra, e ora i giocatori locali pensano e giocano come giocatori stranieri, come i grandi d’Europa – aggiunse – Con tutto il rispetto per gli allenatori palestinesi, un allenatore straniero ha un approccio europeo al gioco, quello più universale utilizzato dai migliori club. Per me Stefano è come Jose Mourinho”.
Cusin ancora oggi ammette che non è stato facile cercare di portare maggiore professionalità al club di Hebron, data la tensione politica, ma ha sempre insistito sul fatto che è stata una buona cosa per la città.
Cusin ha instillato un’etica del lavoro mai vista prima, soprattutto considerando che i giocatori non sono professionisti retribuiti e hanno un lavoro giornaliero: Halman, 26 anni, è un avvocato praticante.
“Ci sono stati molti miglioramenti. Oggi vediamo i nostri giocatori allenarsi ogni singolo giorno della settimana – aggiunse il presidente Kifah al-Ashraf – E se gli allenamenti cominciano alle cinque, sono qui alle quattro, cosa mai accaduta prima. È un miglioramento visibile a tutti”.
Cusin è ancora oggi orgoglioso del successo ottenuto nella sfida che aveva intrapreso.
“Hebron non è Miami – ha detto – Questa città è davvero difficile. È un posto difficile per le persone, e se possiamo dare loro qualcosa di cui essere felici, qualcosa che li unisca, che dia loro motivo di festeggiare, questa è la cosa più importante”.