È il 7 novembre 1973. Si gioca allo Stadio Olimpico di Roma. È la gara di ritorno dei sedicesimi di finale di Coppa UEFA. Di fronte i padroni di casa della Lazio e gli inglesi dell’Ipswich Town.
Sono due squadre emergenti che dopo anni di oblio si stanno riaffacciando ai vertici dei propri campionati e che si ritrovano per la prima volta di fronte in una competizione europea. La Lazio, salita in Serie A nella stagione precedente, al suo primo anno nella massima serie ha letteralmente stupito tutti chiudendo la stagione con un sorprendente terzo posto dopo essere addirittura rimasta in lotta per la conquista dello scudetto fino all’ultima giornata di campionato.
È la Lazio di Chinaglia, di Wilson, di Frustalupi, di Garlaschelli e del povero Re Cecconi. È la Lazio soprattutto – come raccontra Remo Gandolfi – di Tommaso Maestrelli, uno degli allenatori più intelligenti ed equilibrati mai prodotti dal calcio italiano.
Contro però c’è un Ipswich Town assolutamente agguerrito. Il manager degli inglese è un giovane Bobby Robson destinato a diventare uno dei più grandi allenatori inglesi di tutti i tempi e che sta costruendo pezzo dopo pezzo un Ipswich che da lì a qualche anno diventerà una delle realtà più importanti del calcio inglese ed europeo. L’Ipswich, che al primo turno ha eliminato nientemeno che gli spagnoli del Real Madrid di Netzer, Del Bosque e Pirri, arriva all’Olimpico forte della netta vittoria dell’andata.
Al Portman Road è stato un monologo degli uomini di Robson che hanno trionfato con un rotondo 4 a 0 e che dovrebbe metterli al riparo da qualsiasi sorpresa. Protagonista assoluto del match il centravanti Trevor Whymark, autore di tutte e quattro le segnature. Non sono certo in molti a credere di poter ribaltare il risultato dell’andata.
Gli spalti non sono gremiti, ci sono circa 45.000 spettatori ma il loro calore e il loro incitamento sono quelli delle grandi occasioni. A crederci più di tutti però sono undici calciatori con la maglia celeste sulle spalle che entrano in campo con grande determinazione e che fin dalle prime battute iniziano un arrembaggio “all’arma bianca” e senza soluzione di continuità.
Il gol di Garlaschelli, che arriva dopo soli 43 secondi di gioco funge da detonatore: il pubblico dell’Olimpico si carica a mille e Chinaglia e compagni stringono d’assedio la difesa degli inglesi. La Lazio è padrona del campo.
Frustalupi in regia è lucido e preciso e Chinaglia, che proprio in Inghilterra aveva iniziato senza troppo successo la sua carriera calcistica, è indemoniato. Si gioca ad una porta … più o meno come si faceva nei cortili una volta!
Si arriva al ventitreesimo minuto di gioco e la prima miccia di una partita che si rivelerà esplosiva, viene accesa. All’ennesima mischia nell’area di rigore inglese, c’è un primo salvataggio sulla linea del difensore inglese Hunter. Sulla sua respinta si catapulta Chinaglia che con una acrobatica semi-rovesciata ribatte verso la porta. Il portiere Best è battuto ma sulla linea c’è ancora Hunter che si tuffa sulla sua sinistra e con una strepitosa parata riesce a deviare un pallone che pareva destinato in fondo alla rete. Tutti si fermano in attesa dello scontato fischio dell’arbitro olandese Van der Kroft. D’altronde il rigore è scontato, l’hanno visto tutti, fuori e dentro il campo. Solo che il fischio non arriva. I giocatori della Lazio sono dapprima increduli. Dopo qualche attimo di totale smarrimento realizzano … e reagiscono!
Circondano l’arbitro olandese, le proteste sono veementi, qualche giocatore dalla foga viene a contatto con il fischietto olandese. Ovviamente è tutto inutile. La partita riprende. Il clamoroso torto subito triplica le energie dei laziali che nemmeno due minuti dopo segnano il secondo gol, proprio con Chinaglia che approfitta di una incerta uscita del portiere inglese e anticipa Beattie mettendo in rete.
Con questo risultato le squadre vanno negli spogliatoi. Un 2 a 0, con un tempo ancora da giocare, non è affatto un brutto risultato … Certo che con quel rigore …
Di sicuro c’è che gli undici leoni britannici incontrati all’andata stasera sembrano degli spaventati gattini, per cui la speranza di un clamoroso ribaltone è ancora possibile. Senza considerare che l’andamento del match e la chiara ingiustizia subita hanno scaldato ancora di più i tifosi laziali che stanno trasformando l’Olimpico in una bolgia degna della Bombonera. L’avvio di ripresa è, se possibile, ancora più veemente.
La Lazio getta il cuore aldilà dell’ostacolo. Chinaglia e compagni sono consapevoli che un eventuale terzo gol sarebbe per gli inglesi una batosta molto difficile da gestire a livello psicologico… e a quel punto tutto sarebbe possibile.
Il tempo passa, la Lazio continua a spingere ma la difesa dell’Ipswich prende fiducia ogni minuto che passa. Siamo ormai arrivati alla metà del secondo tempo quando c’è un’azione di alleggerimento dei “tractor boys” (questo il soprannome dei blues dell’Ipswich). È una palla innocua all’interno dell’area a non più di tre metri dalla linea di fondo. L’attaccante Woods, fino ad allora assolutamente innocuo, va incontro a questa palla che arriva dalla fascia destra. È spalle alla porta ed è marcato stretto da Oddi, lo stopper laziale. Forse c’è un contatto tra i due, ma se c’è è assolutamente veniale. Woods va a terra. Stavolta il fischio si sente, limpido ed inequivocabile. L’arbitro olandese decreta la massima punizione a favore degli inglesi.
Si scatena l’inferno. Dentro e fuori dal campo. Dentro l’arbitro viene circondato dai giocatori laziali, alcuni dei quali hanno perso ogni parvenza di autocontrollo. C’è chi gli urla in faccia, c’è chi lo strattona e c’è anche chi lo colpisce alle spalle, fingendo poi di inciampare. Fuori il pubblico è inferocito. In campo arriva di tutto. Lattine di birra, razzi, arance, accendini e monete.
Almeno 5 o 6 “tifosi” laziali sono riusciti ad entrare sul terreno di gioco prima di essere bloccati dalle forze dell’ordine. Si riesce a riprendere il gioco. Viljoen, centrocampista inglese, rimane di ghiaccio e trasforma il rigore. Mentre l’arbitro ritorna a centrocampo i calciatori laziali continuano a circondarlo minacciosi. Pare che voli anche qualche pugno. Chinaglia e Frustalupi sono i due più fuori controllo. Van der Kroft finisce addirittura a terra, ma si rialza prontamente … e non ha forse il coraggio di prendere provvedimenti contro i calciatori laziali. La partita in pratica è già finita. I biancocelesti sono più concentrati nella caccia all’uomo verso gli inglesi che a giocare a calcio.
Chinaglia è uno di quelli che non vuole arrendersi, che continua a lottare strenuamente. In tribuna c’è Ferruccio Valcareggi, che dovrà stilare le convocazioni proprio per una partita che la Nazionale Italiana dovrà giocare a Wembley esattamente fra una settimana. Chinaglia vuole la maglia azzurra con il numero 9 e si vede. Segna addirittura il terzo gol, ma i minuti alla fine sono solo tre. A tempo scaduto il giovane David Johnson segnerà un altro gol per gli inglesi.
Se si pensava che quell’ignobile spettacolo degli ultimi venti minuti di gara fosse stato sufficiente quello che accade al fischio finale è una gazzarra indegna. I giocatori laziali inseguono i colleghi inglesi, in campo, nelle scale che portano agli spogliatoi e poi tentano addirittura di sfondare la porta dello spogliatoio inglese. Qualcuno tra gli inglesi, quelli più lenti nel darsi alla fuga, come il portiere Best, viene attaccato a calci e pugni. Per lui c’è una sospetta frattura della tibia. Di questa selvaggia e ignobile caccia all’uomo fanno le spese anche Colin Harper e Brian Hamilton, con ematomi e lividi vari.
Fuori le cose non vanno meglio. Automobili bruciate nei pressi dello stadio, sassaiola e lancio di bottiglie contro la polizia che ha risposto con i lacrimogeni. Addirittura un’ambulanza che portava via un ferito negli incidenti di poc’anzi viene attaccata da un gruppo di tifosi convinti che all’interno vi fosse l’arbitro olandese. Intanto c’è voluto più di un’ora prima che i giocatori dell’Ipswich potessero lasciare gli spogliatoi, scortati dalla polizia. Bobby Robson, davanti ai microfoni e ai taccuini dei giornalisti non ci va per il sottile: “Questo non è calcio. Questa è guerra. Io ho visto tutto e il delegato UEFA anche. Quelli che hanno colpito il nostro portiere li ho visti e saranno denunciati. Dov’erano i dirigenti della Lazio quando è successo tutto questo? I giocatori della Lazio sono i responsabili di tutto questo, compreso il fatto di aver aizzato con il loro comportamento scellerato la reazione del pubblico. Ci tengo però a ringraziare uno di loro, Giorgio Chinaglia. L’unico che si è prodigato a difendere i miei giocatori dagli attacchi dei suoi compagni e dei tifosi. Lo dobbiamo a lui se le cose non sono finite anche peggio”.
Giorgio Chinaglia. Il migliore in campo e il migliore fuori. Giorgio Chinaglia, che nella partita di Wembley della settimana successiva si ergerà a protagonista fornendo a Fabio Capello il gol del primo trionfo italiano nel tempio del calcio inglese. La Lazio pagherà in modo pesantissimo la follia di quella notte. Multa salatissima e soprattutto la squalifica per un anno dalle competizioni europee: squalifica che visto il successo proprio in quella stagione in campionato priverà i biancocelesti della possibilità di disputare la Coppa dei Campioni, che la Lazio dovrà attendere la bellezza di ventisei anni prima di riavere il diritto di giocare.
E l’Ipswich Town ? Dopo aver superato gli olandesi del Twente negli ottavi cadranno inopinatamente con i tedeschi dell’Est del Lokomotiv Lipsia ai calci di rigore, con il difensore Allan Hunter (quello del clamoroso fallo di mano dell’Olimpico) che sbaglierà il rigore decisivo.