Uno di noi, uno di tutti. Uno che tracciava sul campo una riga, come usavano non solo i portieri, per delimitare la trincea il giorno di festa.
Dunque, il giorno della partita. Diretto guardava l’avversario di turno, il modo di fare capire che di lì non si passava. Per te, zona off-limit. Il 21 febbraio del 1954 nasceva Fabrizio Gorin, anche noto come Gorin II per la contemporanea presenza in attività del suo fratello maggiore Duino. Una grinta del diavolo, faccia d’angelo, riccioli biondi e cuore d’oro. Chi sa, sa. L’emblema del prototipo degli idoli della Nord di Marassi: dava tutto e a tutti dava. Terzino destro in duelli memorabili come col marziano Chiorri. È stato un giocatore rossoblù dal 1978 al 1982, sommando 133 presenze con 5 gol. Peccato che i giovani si siano persi qualcosa. La sua traccia è rimasta e si tramanda. Finita la carriera aprì la parentesi di allenatore. Tecnico delle giovanili del Grifone, vice-allenatore in prima squadra con l’amico fraterno Claudio Onofri. Se n’è andato in un batti-baleno, all’età di 48 anni, per una leucemia fulminante.
Ma Gorin aveva giocato anche nel Torino, eroa uno dei protagonisti dello scudetto 1976, terzino destro e all’occorrenza mediano. Fece tre anni in granata sotto la Mole, dal 1975 al 1978, poi passò al Genoa dove trovo la sua dimensione da calciatore.
Già da giovanissimo era segnalato dagli addetti ai lavori come un prospetto molto interessante, tanto che bruciò rapidamente le tappe e si affermò nel Lanerossi Vicenza prima appunto di passare al Torino. Era un agonista nato, atleticamente forte e grintoso, motivo per cui impiegò poco tempo per far innamorare di lui i tifosi.
Concluse la carriera al Pontedecimo, da dove partì quella da allenatore. La sua scomparsa è stata oggetto dell’inchiesta del magistrato Raffaele Guariniello circa le morti sospette di ex calciatori del Genoa (in lista con Gianluca Signorini e Franco Rotella).