Per Bredesen è nato e cresciuto a Horten, in Norvegia, e ha iniziato a giocare per l’Ørn. Lì ha completato i suoi studi e lì ha fatto il suo debutto a 16 anni. All’inizio si è distinto come un centrocampista tecnicamente molto abile, che sapeva anche segnare gol.
Amava raccontare di quando, cresciuto durante la guerra, lui e i suoi compagni si sdraiarono tra i cespugli dietro la porta allo stadio Lystlunden a Horten e diedero una sbirciatina all’addestramento dei soldati tedeschi.
Quando la palla rimbalzò proprio dietro la porta, i ragazzi l’afferrarono e corsero il più lontano e veloce che potevano, nella foresta che conoscevano molto di più dei tedeschi.
Ha fatto il suo debutto in prima squadra con l’Ørn in una partita amichevole contro il Fredrikstad, in gran parte il miglior club norvegese degli anni del dopoguerra. Fu stimolante e alla fine ottenne un posto da titolare.
A 18 anni esordì anche in Nazionale A, in un’amichevole contro la Jugoslavia all’Ullevaal nel giugno 1949. In realtà non partì titolare, ma entrò in campo come riserva quando il veterano e fuoriclasse Reidar Kvammen si infortunò. La prima partita internazionale di Bredesen fu così anche l’ultima di Kvammen.
E proprio Bredesen portò la Norvegia in vantaggio nella partita che le medaglie d’argento olimpiche della Jugoslavia alla fine hanno vinsero 3-1.
Fu durante la sua permanenza in Italia che divenne famoso. Non è stato il primo professionista norvegese all’estero, ma è stato il primo con grande successo. Lui stesso ha sempre creduto di aver avuto anche una buona dose di fortuna quando ottenne un contratto da professionista.
“Abbiamo giocato una partita internazionale contro l’Olanda ad Amsterdam nel giugno 1951. I talent scout erano lì per osservare il promettente giocatore olandese Abe Lenstra. Ma noi avevamo Thorleif Olsen, che ha fatto in modo che l’olandese non combinasse nulla in quella partita. Invece mi hanno notato” raccontò Bredesen in una intervista del 1994.
Prima ha ricevuto un’offerta dalla Fiorentina, ma poi venne ritirata a causa di nuove restrizioni sul numero di giocatori stranieri che il club poteva avere.
All’apprendista tecnico aeronautico è stata invece offerta una chance alla Lazio, che aveva già in squadra il norvegese Ragnar Larsen. Ha giocato una partitella interna tra le squadre A e B , la B ha vinto 8-3 e Bredesen ha segnato cinque gol. Il contratto fu quindi assicurato e l’anno successivo si recò in Italia.
Sono stati nove gli anni di Bredesen in Italia. La Serie A era uno dei campionati più importanti in assoluto all’epoca e gli stipendi erano molto più alti che, ad esempio, in Inghilterra. Nel suo primo contratto, il suo stipendio era fissato a 150.000 corone norvegesi per due anni. Un bel aumento rispetto ai 9.000 all’anno della fabbrica di aerei di Horten.
I primi tre anni ha giocato per la Lazio, dove ha segnato 19 gol nelle sue 93 partite. Poi ha cambiato club, andando all’Udinese.
Si partì male, perché poco dopo il trasferimento l’Udinese – che aveva lottato al vertice la stagione precedente – venne condannata alla retrocessione in Serie B per partite truccate. Ma con Bredesen in squadra, i friulani vinsero egregiamente la serie cadetta.
“Probabilmente è stata la mia stagione migliore”, ha sempre sostenuto Bredesen. Segnò 17 gol. Forse per questo venne notato da un grande club, il Milan, ed è lì che ha avuto il maggior successo. La cifra del trasferimento venne stabilita a circa 1,2 milioni di corone, che per molti anni è stato un record per un giocatore norvegese.
Lo stipendio annuo venne pattuito in una somma equivalente a 260.000 NOK. Inimmaginabile in un momento in cui uno stipendio medio annuo norvegese era di circa 10.000 NOK.
Nel Milan ha giocato anche con la grande star svedese Nils Liedholm, il punto di riferimento della Svezia che raggiunse la finale del Mondiali del 1958.
Ha giocato 27 delle 34 partite del club sulla strada per lo Scudetto nel 1957. Nella partita determinante contro la Juventus, ha segnato il gol che ha consegnato al Milan la vittoria per 1-0, ed è diventato il primo norvegese a farlo. Sei dei gol rossoneri sono stati firmati dal centrocampista di Horten.
In maglia rossonera
La vittoria del campionato ha anche dato al Milan un posto nella giovane Coppa dei Campioni 1957-‘58, dove la squadra rossonera ha giocato e perso la finale contro lo stellare Real Madrid. Ad un certo punto Bredesen sentì forte il desiderio di ritornare a casa. Era diventato sia irrequieto che mentalmente assente.
“La nostalgia di casa era più forte della ragione. Sarei dovuto restare a Milano fino alla fine del contratto”.
Tornò invece a casa per costruire una casa, un anno prima della scadenza del contratto stesso. Il Milan lo contattava in continuazione e gli chiedeva di tornare.
Alla fine dell’inverno si lasciò convincere. Non giocò partite di campionato, ma solo alcune gare di coppa. E fece parte delle due sfide più importanti del Milan di allora: la semifinale contro il Manchester United in Coppa dei Campioni.
Era nella squadra che perse l’andata 2-1 all’Old Trafford. E poi in quella che realizzò il trionfo per 4-0 nella gara di ritorno, con i tifosi così entusiasti e rumorosi sugli spalti che i giocatori inglesi era spaventati già fuori dal campo, secondo i giornali britannici.
“Le mie due partite più difficili sono state la semifinale contro il Manchester United e una partita aziendale contro il Norcontrol”.
Ma si infortunò alla caviglia, così non giocò la finale contro il Real Madrid. La squadra spagnola era troppo forte e vinse 3-2 dopo i tempi supplementari.
Bredesen non ritornò a casa e concluse la sua carriera in Italia con una stagione a Bari e due a Messina, quest’ultima in Serie B. A quel punto aveva collezionato 213 partite e aveva 50 gol alle spalle nel paese dello stivale. Ricevette anche un’offerta per restare come allenatore. Ma nel 1961 scelse di tornare in Norvergia.
Ogni anno andava in vacanza in Italia. A Roma voleva noleggiare un’auto, ma in quel momento non ce n’erano disponibili.
“Puoi chiamare la Lazio e chiedere se possono aiutarmi?” chiese Bredesen.
Il giovane dietro il banco dell’agenzia spalancò gli occhi.
“Sei Per Bredesen? C’è una BMW proprio qui fuori”, disse.
Nel 1961 tornò a casa a Horten. I giocatori con un background professionale dovevano sostenere una sorta di periodo di inattività per poter giocare di nuovo nel calcio amatoriale norvegese.
A Bredesen fu finalmente permesso di giocare per il suo vecchio club dell’Ørn, che all’epoca lottava per ottenere un posto nell’istituenda Prima divisione. Il suo ritorno sollevò il morale dell’ Ørn, ma il club riuscì comunque a qualificarsi.
In Nazionale però il discorso era chiuso. All’epoca le regole erano ferree: se eri un professionista o lo eri stato, la porta era chiusa per sempre.
Bredesen nella Norvegia
Quella regola vennnne revocata nel 1969, troppo tardi per Per Bredesen. Che restò fermo con le 18 partite nella Norvegia e i sette gol segnati prima del decollo dell’avventura professionistica. Non ricevette mai la medaglia d’oro per il traguardo delle 25 partite internazionali.
“È il miglior giocatore norvegese di sempre”, ha detto il leggendario segretario generale della Federcalcio Nicolai Johansen.
L’ultima gara fu contro la Svezia a Göteborg il 30 settembre 1951. Segnò il gol del pareggio portando la squadra sul 3–3 nella partita vinta dalla Norvegia per 4–3. Dopo aver terminato la sua carriera attiva, ha allenato il suo ex club rivale cittadino Falk. E lui stesso ha giocato a calcio sino a quando non ha superato i 60 anni.
Anche i club italiani non hanno mai dimenticato Bredesen. Per diversi decenni dopo il suo ritorno a casa in Norvegia, veniva contattato quando erano interessati a un giocatore norvegese. Bredesen dava loro consigli come meglio poteva, ma non è mai diventato un osservatore.
Mario Bocchio