Quando atterrò a Francoforte, Gu Guangming sapeva per certo che non poteva aspettarsi un’accoglienza trionfale. Era indubbio che il suo arrivo aveva attirato la curiosità di alcuni, ma i giornalisti e qualche tifoso lo attendevano a Coblenza, a un’ora d’auto di distanza, per la presentazione col club.
I suoi primi passi in Germania – come racconta Valerio Moggia – furono passi nella storia: era la prima volta che un calciatore cinese si guadagnava un contratto con un club occidentale. Una timida apertura nella rigida muraglia dell’Est comunista.
È abbastanza logico che il primo cinese arrivi proprio in Germania: nel 1977, il giapponese Yasuhiko Okudera era stato il primo asiatico a competere in un campionato europeo con la maglia del Colonia; un anno dopo, anche il sudcoreano Cha Bum-kun era approdato in Germania con il Darmstadt.
Al momento dell’arrivo di Gu, Okudera aveva da poco abbandonato il Werder Brema per fare ritorno in patria, ormai trentacinquenne, mentre Cha, di un anno più giovane, era ancora una delle punte più temute della Bundesliga e vestiva la maglia del Bayer Leverkusen. Correva l’anno 1986.
Per Gu le attese erano infinitamente più basse: il TuS Koblenz militava nella Verbandsliga Rheinland, la sesta divisione del calcio tedesco, praticamente dilettanti. L’esperienza in Renania fu breve ma profiqua: Gu – ventisette anni, posizione ala destra e inguaribile vizio per il dribbling – si adattò in fretta al calcio europeo. Quella stagione gli servì anche per studiare all’Università dello Sport di Colonia e recuperare con calma da un brutto infortunio alla tibia, e finì per essere notato da Klaus Schlappner, che lo volle portare al Darmstadt, in seconda divisione, nell’estate del 1987.
Si trattò senza dubbio della grande annata del calcio cinese: mentre Gu diveniva la nuova stella della Zweite Bundesliga, altri tre suoi colleghi raggiungevano l’Europa. A febbraio, il mediano Xie Yuxin – compagno di squadra di Gu al Guangdong – aveva firmato per gli olandesi dello Zwolle, ed era divenuto di fatto il primo calciatore cinese a giocare per un club professionistico europeo. Xie aveva appena diciotto anni, ma aveva già ritoccato il record di giocatore più giovane ad aver esordito in nazionale, e di lì a poco avrebbe riscritto anche quello del più giovane marcatore.
Fece senza dubbio meno clamore il trasferimento di Jia Xiuquan e Liu Haiguang al Partizan Belgrado, da paese comunista a paese comunista. Entrambi ventiquatrenni, Liu era una prima punta classica che proveniva dallo Shanghai Team, mentre Jia giocava in difesa e proveniva dal Bayi, il club dell’esercito cinese. Soprattutto, Jia era una leggenda assoluta in Cina, per tre volte premiato come miglior giocatore locale; un centrale solido e attento, con una mentalità già europea, forse addirittura il miglior difensore in Asia all’epoca.
Tutti e quattro avevano fatto parte della nazionale cinese che nel 1984 aveva raggiunto la sua prima finale di Coppa d’Asia, arrendendosi solo all’Arabia Saudita. Alla fine del torneo, Jia Xiuquan era stato votato come miglior giocatore, a conferma delle sue qualità, e quella prestazione aveva fatto da primo trampolino di lancio per il calcio cinese, che ora puntava a prendersi l’Europa. Nell’estate del 1988, la nazionale della Repubblica Popolare partecipava per la prima volta al torneo di football delle Olimpiadi.
Dopo l’edizione del 1952 a Helsinki, la Cina non aveva più partecipato ai Giochi Olimpici fino al 1984, quando all’improvviso si era piazzata quarta nel medagliere, iniziando così la sua rincorsa al vertice dello sport mondiale.
Nello stesso anno, il trentenne trequartista del Tianjin City Zuo Shusheng raggiunse Xie Yuxin allo Zwolle, portando a cinque elementi la colonia cinese in Europa. Il Darmstadt di Gu Guangming si piazzava al terzo posto in campionato, arrivando a un passo dalla promozione in Bundesliga che mancava dal 1980.
Nell’ottobre 1988, all’intervallo della partita di andata casalinga contro la Roma, Jia Xiuquan sostituiva Fadil Vokrri e diventava il primo cinese a giocare un match delle coppe europee, esordendo nel secondo turno di Coppa UEFA.
Quella sera il Partizan si sarebbe imposto 4-2 su Bruno Conti e compagni, ma avrebbe poi perso il ritorno 2-0, uscendo a causa dei gol in trasferta. Tuttavia, alla fine della stagione, gli Crno-beli conquistarono la Coppa di Jugoslavia, facendo di Jia e Liu Haiguang i primi cinesi a vincere un trofeo in Europa.
Sulla spinta di questi successi e dell’eco che stavano avendo in patria, la Cina iniziò la fase di transizione verso il calcio professionistico, rompendo una delle sacre regole del socialismo e iniziando quel processo di avvicinamento all’economia capitalista che l’avrebbe resa una delle principali potenze economiche del mondo. Eppure, questa fu anche la fine dell’epoca d’oro del calcio cinese.
La ristrutturazione del sistema calcio e della Super League necessitava di simboli, di stelle da sfoggiare per rendere il campionato locale più appetibile. Non era ancora l’epoca degli acquisti faraonici dei campioni sudamericani ed europei, così gli unici giocatori noti accessibili ai club della Repubblica Popolare erano quelli che avevano trovato fortuna all’estero. Nel 1989, Liu Haiguang fece ritorno allo Shanghai Team, mentre il giovane Xie Yuxin chiudeva la sua esperienza in Olanda e firmava nuovamente con il Guangdong. Il suo compagno di squadra Zuo Shusheng decise di ritirarsi, ma tornò nella natia Tianjin per entrare nei quadri dirigenziali del club locale.
Per compensare queste perdite, la Cina provò a esportare due nuovi nomi, con lo scopo di tenere vivo il mercato calcistico tra l’Occidente e la Grande Muraglia: il ventinovenne attaccante Li Hui lasciò il Beijing per lo SpVgg Bayreuth, nella quinta divisione tedesca; il centrocampista ventottenne Qin Guorong passò dallo Shanghai ai San Francisco Bay Blackhawks, divenendo il primo cinese a giocare nel nuovo campionato nordamericano. Ma nessuno di loro due raccolse mai grandi risultati.
Anche Jia Xiuquan lasciò l’Europa nel 1989, ma la fama di cui godeva gli consentì di evitare il ritorno in Cina e girare un po’ per l’Asia: il suo primo approdo fu la Malaysia, dove disputò un campionato con il Royal Police, per poi legarsi al Gamba Osaka, nell’emergente ricco campionato giapponese. Rivide la Cina solo dopo il ritiro dal calcio giocato, divenendo allenatore nel 1994, quando ormai il passaggio al professionismo era stato ultimato.
Solo Gu Guangming rimase in Europa: in cinque stagioni al Darmstadt giocò oltre un centinaio di partite, segnando otto gol ufficiali, senza però mai riuscire a ottenere un titolo. Nel 1995, anche lui fece ritorno in Cina, assumendo il ruolo di direttore generale del Guangzhou SongRi. Tre anni più tardi, il difensore Fan Zhiyi passava al Crystal Palace e per molti si trattò del primo calciatore cinese a calcare i campi d’Europa. A Gu Guangming e alla sua generazione rimase però la consapevolezza di avere avviato la Cina sulla strada del calcio mondiale.
Fonte Pallonate in Faccia