Era il 5 novembre 1954 quando a Latina nacque Vincenzo D’Amico, futuro simbolo della Lazio. Il centrocampista laziale è considerato una delle ultime bandiere delle società capitolina. Ha indossato l’aquila sul petto per ben 14 stagioni, mostrando dedizione e attaccamento alla maglia. Nella sua unica esperienza in Serie A lontano dalla capitale, quella a Torino del 1981-‘82, ha sofferto e messo subito le cose in chiaro al termine del campionato. “O torno alla Lazio o smetto di giocare”: queste le sue parole prima di far definitivamente ritorno in quella che può esser considerata casa sua.
Vincenzo D’Amico non hai mai pensato di poter intraprendere una carriera calcistica lontano dalla Lazio. Dopo le giovanili con il Cos Latina e l’Almas, è approdato nella società biancoceleste. Con la Primavera ha subito messo in mostra le sue qualità, riuscendo ad esordire in prima squadra nel 1972 contro il Modena all’età di 17 anni. Ancora molto giovane ha avuto una partenza indimenticabile, che lo ha fatto trionfare con la Lazio del 1974.
Diventato subito un titolarissimo nella formazione di Tommaso Maestrelli, che lo ha consacrato come centrocampista alle spalle di Chinaglia, D’Amico è subito risultato decisivo. Proprio il maestro lo ha descritto come una pedina fondamentale nello scacchiere che ha portato le aquile al trionfo: “A dire il vero, il campionato avremmo già dovuto vincerlo lo scorso anno. Senza voler nulla togliere a Manservisi che è un ottimo giocatore, a noi ci è mancato quel tocco di classe in più, quella imprevedibilità nella manovra che solo D’Amico può darci”. Del resto, nella stagione del primo scudetto biancoceleste il centrocampista fu premiato come miglior giovane della Serie A, oltre a siglare due gol di cui uno nel derby di ritorno vinto in rimonta per 1-2.
D’Amico incarna perfettamente la lazialità: spirito da guerriero e amore per i colori biancocelesti sono le caratteristiche che lo contraddistinguono. Maestrelli stravede per quel giovanotto spiritoso e irriverente allo stesso tempo. Con i dribbling mette in difficoltà le difese avversarie, ma questo non basta per esser confermato in biancoceleste. Infatti, nell’estate del 1980, dopo aver indossato la fascia da capitano a causa delle vicende di calcioscommesse che hanno privato la Lazio di 4 giocatori, viene ceduto al Torino. D’Amico parte, destinazione granata, controvoglia e desideroso di tornare a casa il più in fretta possibile. Infatti, appena un anno dopo fa ritorno nella Capitale nel campionato 1981-‘82, indossando la fascia da capitano e accettando di giocare in Serie B.
È proprio in questa stagione che D’Amico diventa il protagonista assoluto della Lazio, realizzando 10 gol in campionato. 3 di queste 10 reti le ha siglate nella gara decisiva contro il Varese il 6 giugno 1982. La Lazio, ad un passo dalla Serie C, si trova ad affrontare la partita stagionale più importate. Lo stadio Olimpico è deserto, i tifosi sono amareggiati e delusi per l’andamento del campionato.
Appena 15 minuti dopo il destino sembra segnato: i biancocelesti si trovano sotto 2-0, ma quando c’è D’Amico in campo nulla è perduto. Al 26′ i capitolini beneficiano di un rigore, che il centrocampista laziale realizza con assoluta freddezza. Passano pochi minuti, due esattamente, e il centrocampista subisce un fallo durissimo che gli lascia un buco sulla caviglia, ma nonostante questo stringe i denti e si prepara a battere la punizione. Finge di crossare, ma realizza una traiettoria imprevedibile che infila Rampulla.
Ora la Lazio c’è e ci crede, con Vincenzo che diventa il leader assoluto in campo. Nel secondo tempo Agnolin concede un altro rigore ai biancocelesti e D’Amico lo realizza, trascinando la squadra dal baratro della Serie C, alla salvezza. Lazio–Varese finisce 3-2 ed è la rinascita per la società, la quale riconquista la Serie A nel 1984, dopo il reintegro di Manfredonia e Giordano.
Fonte: “Lazio News”.