Era il più bravo di tutti ad arrivare davanti alla porta. Ci metteva la classe, l’eleganza, la rapidità, la scaltrezza. E arrivava all’appuntamento con il destino.
Però poi si inceppava. Balbettava. Crollava, esausto di fronte a tanta responsabilità. Incespicava sui pensieri: tiro a destra o a sinistra?
Si attorcigliava nei dubbi: di piatto o di punta? Diventò celebre non per quello che fece. Ma per quello che sbagliò.
Ci vuole talento anche in quello. Lui sbagliava nei modi più impensabili. Sempre per eccesso, mai per difetto. Meglio la cazzata colossale che la sciocchezza minimalista.
Meglio il tiraccio che colpisce un fotografo piazzato sul calcio d’angolo che il tiro-scoreggia che pizzica il palo. Nell’errore, era il più generoso di tutti.
Per giustificare la sua clamorosa broccaggine, a un certo punto saltò fuori la storia di una malformazione congenita al piede destro.
Si fece visitare, le radiografie dissero che aveva ì piedi più belli e più sani del creato.
Si chiamava Florin Raducioiu, all’epoca era il golden boy rumeno, era stato ribattezzato il “Van Basten rumeno”. In Italia ci era arrivato che aveva solo vent’anni. Giocò con Bari, Milan, Verona e Brescia. Ovunque sbagliò gol incredibili. Un vero virtuoso della cazzata sottoporta. Divenne l’idolo della Gialappa’s Band, che lo sbertucciò con un affetto senza pari sia in radio sia in tv.
Se ne andò dall’Italia portando con sé la moglie Astrid, un’olandese che faceva la hostess al Rigamonti di Brescia. Florin Raducioiu giocò in Spagna (Espanyol), Inghilterra (West Ham), Germania (Stoccarda) e Francia (Monaco), ma neppure lontanamente sfiorò le imprese italiane.
In Nazionale rumena aveva l’invidiabile media di un gol ogni due partite: 21 su 40, mica male.
Ormai sopra i trenta, Florin Raducioiu tornò in Italia e si allenò con il Como che da lì a qualche settimana fallì. Raducioiu lo prese come un segnale, e si ritirò.
Furio Zara