Dopo il sofferto pareggio casalingo per 1-1 contro il San Donato Tavarnelle, ma forti del successo esterno dell’andata, l’Alessandria vince i playout e rimane in Serie C. Lo storico sodalizio grigio evita così quello che sarebbe stato un drammatico tracollo verticale, dalla B ai dilettanti in sole due stagioni.
Se pensiamo a cosa era l’Alessandria nello scorso mese di agosto, in piena fase di smantellamento della rosa dopo la retrocessione, con un raffazzonatissimo organico e una preparazione a singhiozzo, la salvezza di oggi equivale ad un’autentica impresa.
Il presidente Luca Di Masi, forse sentendosi tradito da un direttore sportivo, Fabio Artico, e da un allenatore, Moreno Longo, che avrebbero potuto benissimo ottenere la categoria cadetta se solo fossero stati capaci di conquistare una manciata di punti in più contro squadre che non avevano più nulla da chiedere al torneo, aveva deciso di cambiare rotta. Puntando, come ebbe modo di dire nel corso di una conferenza stampa, sulla cosiddetta sostenibilità gestionale. A nostro avviso, limitare i costi dando spazio ai giovani è sicuramente una strategia da adottare soprattutto in Serie C, se si vorrà veramente risanare e rilanciare il calcio italiano.
Ma la piazza, in primo luogo il tifo organizzato che in fondo non hanno mai amato Di Masi, hanno imbastito una continua contestazione che ha reso l’ambiente difficile, per non dire infernale.
È stato bravo il diesse Massimo Cerri, uomo esperto e perbene, a creare, con le risorse limitate a disposizione, un mix di giovani del vivaio ed esperti (svincolati o messi ai margini dei progetti di altre squadre), che alla fine è riuscito a portare positivamente a termine l’impresa della salvezza. Una salvezza che avrebbe potuto benissimo arrivare direttamente e non tramite l’insidiosa appendice dei playout, se solo fossero state sfruttate al meglio alcune gare casalinghe contro le dirette concorrenti.
Nel mezzo la sostituzione del tecnico: al debuttante ed inesperto Fabio Rebuffi (che forse non avrebbe nemmeno dovuto iniziare) è subentrato in corso d’opera il collaudato Maurizio Lauro, che ha così bissato la complicata salvezza della precedente stagione a Mantova.
I Grigi hanno comunque messo in vetrina calciatori che sicuramente avranno mercato e prospettive di carriera come Mattia Speranza (classe 2003), Mauro Ghiozzi (2002) e Marwen Gazoul (2004). Ma anche gente come Alessandro Galeandro e Davide Lamesta, che hanno potuto maturare soprattutto dal punto di vista caratteriale. E non è un caso che il gol che ha dato la matematica salvezza ai Grigi, destinato ad essere ricordato nel libro della storia di questa ultracentenaria Alessandria, sia stato messo a segno proprio da un ragazzo cresciuto in quel settore giovanile che in un passato ormai lontano lanciò giocatori del calibro di Gianni Rivera.
Insomma, tutto è bene ciò che finisce bene, ma erano veramente in pochi a dare fiducia a questa squadra, anzi, per tutto il campionato abbiamo avuto la disarmante sensazione che erano invece tanti ad augurarsi la retrocessione solo per aumentare le sofferenze nella via crucis che doveva portare alla crocifissione del presidente Di Masi.
Essere stato abile non solo ad accaparrarsi giocatori con un limitato budget, ma anche a fare incassare alla società più di seicentomila euro dal minutaggio dei giovani è il vero capolavoro di Cerri, è l’impresa da raccontare nel manuale di come fare le nozze con i fichi secchi.
Cerri non è nuovo a fare bene, a Catanzaro ad esempio, è stato lui a porre le basi per la costruzione del progetto vincente di quest’anno. Lo abbiamo sempre pensato e detto: se noi fossimo dei presidenti, un pensierino a lui lo dovremmo sicuramente fare.
La notizia era nell’aria da tempo, e proprio il giorno dopo la conquista della salvezza, è giunta la conferma che Di Masi ha ceduto la proprietà del club al duo Enea Benedetto (un torinese) -Alain Pedretti (un francese). Si chiudono le certezze e si aprono giorni in cui chi arriva dovrà presentarsi con i fatti e non solo con le solite roboanti parole di circostanza.
Mario Bocchio