Il capoluogo di confine con il Venezuela segna più di 32 gradi centigradi, cosa normale per i fanatici tifosi rossoneri che, come un parrocchiano in cammino verso la chiesa, hanno adempiuto ancora una volta all’impegno di sostenere la squadra del paese. Non importa chi sia il rivale, tanto meno la posizione in classifica, ciò che è veramente importante è che il Cúcuta Deportivo giochi nel suo fortino: l’antico Generale Santander. Siamo in un pomeriggio del 1979.
Alla fine del campionato si classifica dodicesimo tra le quattordici squadre della prima divisione della Colombia; in un torneo in cui non c’è retrocessione, sembra a suo agio senza ambire a nulla. Sono già passati quindici anni da quella testata di Julio Brucesi che stava per cambiare la storia della furia rossonera.
Alla periferia dello stadio, una figura ha catturato l’attenzione dei tifosi, in particolare dei bambini che, mano nella mano con i genitori, hanno iniziato la loro carriera da tifosi. Era un’effigie umana, scura, che veniva venerata dagli anziani. Non era la statua di un eroe dell’indipendenza, né di qualche “conquistatore” della penisola… era la statua di un calciatore!
La scultura, posta su un bancone in cemento, non era molto alta e mostrava la figura di un atleta inginocchiato che teneva tra le mani una palla. “Quello è Antolínez!… il miglior portiere della Colombia ai suoi tempi…”, hanno commentato alcuni dei tifosi rossoneri più veterani. La leggenda metropolitana diceva che fosse morto “accoltellato da qualcuno che aveva scommesso su una squadra rivale”, dopo un pomeriggio glorioso in cui aveva parato tutto.
La verità è che Daniel Sáyago Antolínez è venuto al mondo nel 1911, in un’umile casa nel quartiere El Callejón di Cúcuta. Fin da giovanissimo mostrava totale apatia per la scuola e il sapere, la sua vocazione era il pallone in tutte le sue versioni: gomma, stoffa, limoni o arance.
Il suo temperamento capriccioso e litigioso, oltre che le sue indubbie doti sportive, cominciarono a spiccare in lui, che veniva identificato con il cognome della madre.
Un secolo fa, il calcio era una marea inarrestabile che si diffuse in tutta Cúcuta, prendendo come epicentro la scuola Gremios Unidos, che formò una squadra amatoriale che diede origine all’ Asociación Cucuteña de Fútbol,, un’entità che organizzò i primi tornei con squadre come Latino, Libertad , Andes e Ferrocarril che hanno portato con orgoglio l’onore di rappresentare il loro quartiere a livello competitivo.
Prima di quel nascente sodalizio, Antolínez aveva già debuttato con la casacca di Napoleón, esibendosi in tutte le posizioni di gioco. Al momento del primo torneo organizzato, ha difeso i colori del Gremios Unidos, squadra con cui ha iniziato a giocare in difesa ed è finito come portiere, la sua imbattibilità è stata la chiave per raggiungere il titolo. Il suo talento lo portò poi nella vicina città di Maracaibo dove con la maglia dello Zuliano vinse un altro scudetto, aveva solo quattordici anni.
Nel 1932 Antolínez fu un giocatore chiave per il Cúcuta Deportivo (fondato nel 1925), per rappresentare la regione alle Olimpiadas di Medellín, la sua prestazione fu tale che due anni dopo difese la squadra del Bogotá, le sue condizioni furono evidenziate nelle piccole cronache dello sport sulla stampa della capitale. Norte de Santander lo ha “rimpatriato” per le partite di Manizales ’36 e Cali ’39, nelle quali ha lasciato la porta e ha mostrato la sua potenza da gol.
Nel 1940, la città di Cúcuta indossava i suoi abiti migliori, nel bel mezzo degli atti commemorativi del centenario della morte di Francisco de Paula Santander, in un enorme lotto nel quartiere di Lleras fu inaugurato lo stadio Santander. Si dovette fare appello a Daniel Antolínez per riempire lo stadio contro il Cartagena; nell’intervallo i tifosi regalarono una fragorosa ovazione alla loro figura più grande, che però non potè evitare la sconfitta per la minima differenza. Alla fine della partita Antolínez fece baldoria e si trovò coinvolto in una rissa in cui un pugnale omicida mise fine alla sua vita, aveva appena 29 anni.
Tornando all’inizio della nostra storia, quel pomeriggio del 1979, diecimila fan riempirono il Generale Santander per vedere uno zero a zero per l’oblio. Anni dopo, nel 2005, alcuni dirigenti del Cúcuta Deportivo ordinarono la rimozione della statua di Antolínez, come a voler cancellare l’eredità che aveva lasciato nella storia del calcio nella regione.
Ma siccome la gente non dimentica, nel 2015 è stata scoperta una nuova statua di Antolínez; il suo autore è Julio Antonio Urdaneta, calzolaio di professione e scultore per passione, che prima di morire nel 1976 aveva promesso di realizzare una statua del suo idolo d’infanzia.
La storia del calcio colombiano è il riflesso di una società con l’amnesia. La documentazione bibliografica, cinematografica e fotografica è scarsa e spesso manipolata. Quello che è certo è che la nuova statua di Daniel Antolínez riposa accovacciata ma pronta a “saltare in campo” e questo è qualcosa che nessun burocrate potrà evitare.
Mario Bocchio