Il 4 maggio 1949 si consuma la più grande tragedia del Calcio italiano: la formidabile squadra del Torino, che nel dopo-guerra aveva vinto tutti i campionati di serie A giocati, si era recato a Lisbona per festeggiare l’addio al Calcio del capitano del Benfica, Josè Ferreira.
Nel volo di ritorno, a causa delle condizioni meteorologiche e di un errore di calcolo del pilota, l’aereo si schiantò sul muro di cinta della Basilica di Superga, sull’omonimo colle.
Persero la vita tutti i passeggeri e nelle restanti 4 partite di campionato, il Toro ed i rispettivi avversari schierarono le formazioni giovanili, così i granata vinsero il loro 5° scudetto consecutivo. Ventidue giorni dopo la tragedia, una rappresentativa di giocatori di serie A entrarono in campo al Comunale con la maglia del Toro per sfidare la “Maquina”, ovvero la fortissima squadra argentina del River Plate. Finì col risultato di 2–2.
Sono quattro anni che in Italia si è ricominciato a parlare di pallone, ma il Torino del presidente Ferruccio Novo, in questo breve lasso di tempo, ha saputo vincere tutto in patria e farsi conoscere anche all’estero: un tour in Brasile nel luglio del 1948, una vittoria a Barcellona contro una selezione catalana nel 1947, tante presenze dei giocatori granata con la maglia azzurra e quella trasferta a Lisbona, da cui il Torino non è più tornato.
Nessun match in Argentina, ciò nondimeno il presidente del River Plate, Antonio Liberti, appena appresa la notizia dell’incidente aereo e della morte di tutti i giocatori del Torino, decide che il suo River debba recarsi in Italia per rendere omaggio a questa squadra che ormai non c’è più. Liberti è figlio di immigranti genovesi e si sente legato al paese d’origine dei suoi, ma dietro questo gesto scorgiamo il rimpianto di non aver potuto vedere il Grande Torino e “La Máquina” affrontarsi su un campo da gioco.
Tra il 1941 e il 1947 il River Plate ha, infatti, rappresentato il meglio del calcio argentino e forse sudamericano, ha vinto quattro campionati e tre Coppe Ricardo Aldao, ha messo in mostra un gioco basato su possesso palla, tocchetti e scambi di posizione che sembrano dettati da un timing perfetto, da cui il soprannome di “Máquina”.
Nonostante un oceano di mezzo, il progetto di Liberti di recarsi a Torino non rimane solo un’idea. Il River Plate giunge a Roma in aereo da Buenos Aires dopo 34 ore di volo e scali a Rio de Janeiro, Dakar e Lisbona; arriva il 25 maggio a Torino sempre in aereo, un potente trimotore S.M. 95 dalle linee armoniose, e, ad appena ventidue giorni da quel tragico 4 maggio, è lì, in campo al Comunale, per disputare una partita il cui ricavato andrà in parte alle famiglie delle vittime.
Della vecchia macchina ci sono Vaghi in difesa, Yácono a centrocampo, Labruna e Loustau in attacco, ma di punta c’è un certo Alfredo Di Stefano, un ragazzo che farà molta strada.
Di fronte al River Plate si schiera una squadra composta da giocatori di Juventus, Inter, Milan del calibro di Sentimenti IV, Boniperti, Nyers e Nordahl, cui vanno aggiunti il fiorentino Furiassi, il portiere del Bari Giuseppe Moro (che la stagione successiva giocherà col Toro) e Pietro Ferraris del Novara (che invece era rimasto a Torino fino alla stagione precedente). Il nome scelto è Torino Simbolo e non c’è bisogno di spiegare il perché.
Il dato tecnico non importa molto, ma potremmo riassumerlo con questa azzeccata previsione fatta a un giornalista de La Stampa dal centrocampista degli argentini Néstor Rossi: “Il River può divertire al massimo il pubblico, […] tra una finta ed un giochetto, mentre gli italiani magari possono segnare reti, non tante, però”. Il risultato finale è 2–2 e sul tabellino dei marcatori finiscono Nyers, Labruna, Annovazzi e Di Stefano.
Il River Plate se ne riparte il giorno dopo per l’Argentina, perché il campionato lo attende, ma l’emozione suscitata dal gesto è così tanta e il legame creatosi tra il Torino e la squadra platense così forte che non di rado negli anni Cinquanta si vedranno i torinisti giocare in maglia bianca con striscia granata diagonale e il River Plate in maglia granata.