Llorente: “L’Athletic è sempre stato l’identità basca”
Feb 17, 2023

Fernando Llorente gioca a calcio da quando aveva 11 anni, ed è entrato nella cantera dell’Athletic Bilabo che da quel giorno lo ha coccolato, vezzeggiato, cresciuto sia come uomo che come calciatore, dandogli l’opportunità di diventare campione del Mondo e d’Europa con la Nazionale spagnola. Le sue ultime dimensioni sono state Napoli, Udinese e Eibar. Poi ha annunciato di volersi ritirare.

L’Athletic Bilbao nel 1910

L’Athletic Club Bilbao, per chi non lo sapesse, non è solo quel club che fa della propria identità culturale il simbolo di una filosofia ultracentenaria e unica, che permette di considerare tesserabili solo calciatori nati nelle sette province basche o di essere cresciuti calcisticamente in una cantera di una società presente nel medesimo territorio. Molti non sanno che il club è una società formata da 33mila soci, dove il presidente viene eletto democraticamente mediante votazione ogni quattro anni.

Tifosi con l’immancabile basco

“Per capirle cosa sia l’Athletic, basta farsi un giro per Bilbao, respirare l’ambiente di questa città basca e ammirare da vicino il San Mamés, mitico stadio che si è appena rifatto il look”, fa notare Llorente.

Perché il San Mamés fa così paura?

“C’è un’atmosfera particolare, unica. Ora c’è il nuovo stadio, che è sicuramente diverso dal vecchio impianto ma l’acustica ad esempio è rimasta la stessa. Ovviamente gli avversari rimangono colpiti da questa atmosfera, ne sono intimoriti”.

Il nuovo San Mamés

Ma perché l’Athletic è una squadra così speciale?

“È un club che mantiene le sue forti tradizioni. Possono giocarvi solamente giocatori nati nella regione dell’Euskal Herria, ovvero i Paesi Baschi, con alcune eccezioni in alcune zone basche ufficialmente in Francia (ad esempio Aymeric Laporte, difensore di cittadinanza francese, è nato nella regione di Ipparalde – Paesi Baschi francesi – e dopo il mitico Lizarazu è il secondo calciatore transalpino della storia ad aver vestito la casacca dell’Athletic, ndr). Ma non è solo questo. Ad esempio, ogni volta che una squadra gioca per la prima volta al San Mamés deve portare un mazzo di fiori alla statua del mitico Rafael Moreno Aranzadi, in artePichichi (da cui ha preso il nome il famoso trofeo che viene consegnato ogni anno al capocannoniere della Liga, ndr) storico attaccante morto prematuramente nel 1922. I tifosi baschi infine sono così attaccati alle tradizioni che ci fu una propria rivolta quando il club annuncio di aver trovato un accordo commerciale con uno sponsor da applicare sulle storiche divise rimaste immacolate per oltre 100 anni”.

I tifosi dell’ Athletic Bilbao

Come si vive nella città di Bilbao quando gioca l’Athletic?

“Sì, esistono riti e tradizioni, eccome. La più comune è quella di ritrovarsi tutti nei bar vicini al San Mamés, posizionato al centro della città. Poi tutti i tifosi si riversano nella strada principale, la Licenciado Poza, e utilizzano il simbolo dell’Athletic posizionato sulle mura dello stadio – lo si può vedere sin dall’inizio della via – come una sorta di orologio per capire fino a quando bere birra e vino con gli amici. Poi, e solo poi, si può entrare per gustarsi la partita”.

Il mitico Rafael Moreno Aranzadi, in arte Pichichi 

L’Athletic è uno dei tre club spagnoli a non essere mai retrocesso e ad aver partecipato a tutte le edizioni della Primera División (record condiviso con il Real Madrid e con il Barcellona). È inoltre una delle formazioni più vincenti del calcio spagnolo potendo annoverare nel suo palmarès 8 campionati, 23 Coppe del Re ed una Supercoppa di Spagna. A livello europeo i migliori risultati conseguiti sono stati il secondo posto in Coppa Uefa nel 1976-’77, ottenuto perdendo la finale contro la Juventus per la regola dei gol in trasferta (sconfitta per 0-1 a Torino, successo per 2-1 a Bilbao) – dopo aver sconfitto squadre come il Milan di Capello e Albertosi e il Barcellona di Cruijff – ed il secondo posto proprio in Europa League nel 2011-‘12, con sconfitta subita dall’Atlético Madrid per 3-0 nella finalissima.

José Ángel Iribar, storica bandiera dell’Athletic, guida in campo i compagni di squadra a Torino, per la finale d’andata della Coppa Uefa 1976-’77 contro la Juventus

Per mantenere la sua internazionalità, l’Athletic ha conservato la h nel suo nome per sottolineare la sua origine britannica (tranne nel periodo franchista in cui fu obbligato a sostituire la parola Athletic con Atlético per nazionalizzare il nome) e tessera spesso allenatori non baschi.

A inizio 2010 un sondaggio compiuto tra i tifosi da parte della dirigenza circa la possibilità di tesserare giocatori stranieri (cambiando le regole di tesseramento), ha portato ad un 94% di risposte negative, confermando l’attaccamento dei tifosi alla nota tradizione del club.

Un secondo sondaggio relativo ad un’eventuale possibilità di tesserare giocatori “oriundi” (stranieri con origini basche), ha portato ad un 52% di risposte affermative, ma solo se di prima generazione (con genitori o nonni baschi) oppure che abbiano iniziato a giocare nelle giovanili di squadre basche oppure con provata fede calcistica “rojoblanca”.

I giocatori dell’Athletic sono infatti noti come Rojiblancos, dal colore della loro divisa, o come Los Leones, in quanto lo stadio di San Mamés è costruito vicino a una chiesa dedicata a Mamés (conosciuto in Italia come Mamante), un antico cristiano che i Romani diedero in pasto ai leoni, i quali, però, si rifiutarono di mangiarlo.

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