“Santillana era il giocatore più temuto in quella semifinale di Coppa Campioni dell’81 con il Real Madrid di Vujadin Boskov”, ricorda Nazzareno Canuti, roccioso difensore dell’Inter di Bersellini negli anni Settanta. All’andata al Bernabeu toccò a Mozzini e finì 2-0 per i blancos con primo gol segnato proprio da Carlos Alonso González, in arte Santillana. Al ritorno poche erano le speranze di ribaltare il risultato e c’era il legittimo timore che l’attaccante spagnolo segnasse anche a San Siro.
“Un tifoso promise a Bersellini che se lo avessimo fermato, ci avrebbe regalato una cassa di champagne Dom Perignon”. La partita terminò 1-0 per l’Inter e proprio Canuti annullò Santillana. “Il mister ci portò in ritiro dove alla fine cenammo con una minestrina e lo champagne”. Le bollicine resero meno amara l’eliminazione: “Sbagliammo l’approccio alla partita, troppo intimoriti, arrivammo allo stadio quattro ore prima del fischio d’inizio, con il custode incredulo che non voleva aprirci il cancello”. Per il suo compagno di reparto Bini, autore dell’inutile gol, all’Inter pesò l’assenza di Oriali (“altrimenti saremmo andati noi in finale e avremmo battuto il Liverpool“).
Pochi sanno che il Nazza iniziò da ala destra. Molto interessante l’articolo di Filippo Nassetti su “Panorama”. “Segnavo anche abbastanza, tiravo sotto la traversa puntando alla scarsa altezza dei portieri”. Al provino per l’Inter a 14 anni, però, lo ammoniscono subito: ale destre ne abbiamo già troppe, fai il terzino. Alla fine del primo tempo lo tolgono dal campo. “Uscii deluso e infuriato, scartato perché fatto giocare fuori ruolo. Solo alla fine mi spiegarono che mi avevano fatto uscire perché avevano già deciso di prendermi”. In prima squadra arriva con Beppe Chiappella in una formazione che aveva ancora un po’ polvere di stelle della Grande Inter: Mazzola, Facchetti, Bertini. “Il Cipe mi prese subito in simpatia, dicendomi di mangiare accanto a lui al suo tavolo. Loro erano i senatori. Non ebbi mai problemi, andavo d’accordo con tutti. A 16 anni ero in camera con Lido Vieri, che alle 6 del mattino spalancava la finestra per fumare e mi chiedeva: ‘Hai mica freddo?’. Pur con i brividi, non avevo il coraggio di contraddirlo”.
Alla seconda stagione arriva la finale di Coppa Italia con il Milan (“che quella stagione rischiò la retrocessione”), persa per 2-0. “Era l’ultima partita di Mazzola. Sapevamo che probabilmente avrebbe ricoperto un ruolo in società. Ma quando siamo sul pullman in attesa del mister, rimaniamo sbigottiti nel vederlo salire in compagnia di Eugenio Bersellini. Sandro non fa tanti giri di parole: questo è il vostro prossimo allenatore”. Bersellini inizia proprio da dove ha finito Chiappella, conquistando il primo anno la Coppa Italia. “Un allenatore preparatissimo, sapeva tutto, era come avere un navigatore accanto. Attento che il tuo avversario fa sempre quella finta, quando rientra fa questo movimento. Con lui sono cresciuto molto tatticamente, atleticamente e psicologicamente. Certo era un po’ ossessivo. Per lui esisteva solo il calcio, eravamo sempre in ritiro. Mia figlia il primo anno la vedevo una volta ogni quindici giorni”. Nel 1980 il sergente di ferro conduce la squadra al dodicesimo scudetto. “Grazie alla massacrante preparazione estiva arrivavamo a primavera in condizioni migliori degli avversari”. Nazza però la pensa come Carletto Muraro sul fatto che l’Inter migliore è stata quella della stagione precedente, quando il campionato se lo aggiudicò il Milan.
Nel 1982 Bersellini conclude il suo quinduennio nerazzurro con una nuova Coppa Italia. Canuti non sa però che anche la sua esperienza interista si sta concludendo. In estate incontra in sede Mazzola, che lo rassicura dopo il fallimento di Klaus Bachlechner, lo stopper sudtirolese che dopo un solo anno torna al Bologna. Nazza parte così per una tournée in Sudamerica con la squadra e il nuovo allenatore Rino Marchesi. “Sono in camera con Aldo Serena e il primo giorno vengo svegliato dalla telefonata di un giornalista italiano che mi chiede se sono contento di andare al Milan…”. Canuti scopre così di essere stato ceduto, insieme con Pasinato e il suo compagno di camera Serena, ai cugini rossoneri in cambio di Fulvio Collovati, fresco campione del mondo. La maglia azzurra resta il cruccio di Canuti, che ha collezionato presenze nell’Under 21 e nella Nazionale B, ma non ha mai vestito quella più importante, arrivando al massimo a essere inserito nella lista dei quaranta preselezionati di Argentina ’78 e Spagna ’82. Una volta, dopo una partita con una rappresentativa azzurra minore, disse che avrebbe preferito giocare insieme con il suo compagno di squadra Bini, impegnato in un altro test azzurro. “Mi chiamò Vicini, vice di Bearzot, dicendomi che avrei dovuto scusarmi con il ct. Mi rifiutai, e così si chiuse la mia esperienza azzurra”.
Ma è proprio l’eroe di Spagna ’82, Paolo Rossi, a rendere omaggio a Canuti. In un’intervista concessa a Walter Veltroni, Pablito aveva eletto Nazza, insieme con Vierchowod, il difensore più ostico incontrato. “Con Paolo eravamo compagno in stanza insieme nei ritiri dell’Under 21. Ero avvantaggiato rispetto agli altri difensori, conoscevo tutti i suoi movimenti”, scherza, quasi a non prendersi sul serio. “Grande giocatore Paolo, annusava i gol, sapeva sempre dove farsi trovare. In un campionato mediocre come quello attuale farebbe 20 gol. Tra gli attaccanti incontrati lo metto al secondo posto, dietro a Bruno Giordano, perché il laziale aveva anche il tiro da fuori”.
Dopo uno scontro diretto del ’78, Inter-Lanerossi Vicenza 2-0, il Corriere della Sera titolò “Canuti-Facchetti la termocoperta”, per come la coppia centrale dell’Inter aveva annullato il centravanti avversario. A fine partita Rossi a proposito di Canuti disse: “E’ stato bravo, mi ha messo in difficoltà. Comunque come picchiano quelli dell’Inter!”, riferendosi però a Oriali.
Nazza ci tiene alla sua nomea di difensore duro, ma corretto: “Ho sempre mirato a giocare con grande agonismo, ma mai con cattiveria. Ho affrontato campioni come Graziani, Pulici, Bettega: nessuno di loro può dire però di essere uscito dal campo per una mia entrata violenta. Sarebbe contrario alla mia etica; anzi, se dipendesse da me, in casi del genere risarcirei il giocatore infortunato con lo stipendio del difensore fino al completo recupero”. Finita la carriera sportiva Canuti è stato responsabile commerciale per la Lombardia della Sony, dove tra i suoi collaboratori aveva anche un certo Evaristo Beccalossi: “Noi dello scudetto del 1980 eravamo e siamo una grande squadra. Abbiamo anche una chat su whatsapp”. L’unica cosa che li accomuna al calcio moderno.