All’indomani dell’Europeo vinto dall’Olanda e identificato nella memoria collettiva da una storica volèe incrociata di Van Basten, il campionato italiano apriva al terzo straniero in campo, consentendo di ammirare l’Inter tedesca di Brehme e Mattheus (scudetto con record di punti a fine stagione), il Milan olandese di Gullit, Van Basten e Rijkaard (trionfo in Coppa dei campioni a fine stagione) ma anche piccole realtà destinate a lasciare un ricordo, come il Lecce argentino di Barbas e Pasculli.
Facciamo un passo indietro: i due argentini erano arrivati nel Salento già nell’85, colpo di mercato del “Gatto e la Volpe”, il presidente del Lecce Franco Jurlano e il direttore sportivo Mimmo Cataldo. Ambedue avevano accettato anche di rimanere in B, in seguito alla retrocessione nella stagione della famosa Roma-Lecce 2-3, e contribuirono a riportare il Lecce in A.
Segnalati dal tecnico del Saragozza (ex allenatore di Zico ad Udine) Enzo Ferrari, rappresentarono un vero colpo di mercato per il Lecce. Certo, erano altri tempi e anche le piccole squadre del campionato italiano potevano sognare di ingaggiare nazionali stranieri argentini o brasiliani. Per fare un paragone, oggi ci stupiremmo di vedere Banega e Higuain a lottare per non retrocedere, o no?
“Beto” Barbas aveva giocato con Maradona nelle nazionali giovanili argentine, prendendo parte anche al mondiale dell’82. Regista con doti offensive, dotato di un gran tiro, era stato eletto miglior giocatore del campionato spagnolo. A lui erano affidate le redini del centrocampo leccese.
Il centravanti Pedro Pablo Pasculli, invece, accanto a Maradona disputò il mondiale dell’86, diventando campione del mondo e contribuendo al successo con una rete segnata all’ Uruguay negli ottavi di finale. Nella Selecciòn Argentina, aveva soffiato il posto a Ramon Diaz. Finita l’esperienza al Lecce e dopo alcuni trascorsi all’estero, decise poi di fermarsi in Italia e terminò la propria carriera nella Casertana.
Ma la squadra aveva anche altri brillanti giocatori, destinati a lasciare un segno nel campionato italiano, primo tra tutti, l’attuale tecnico juventino, Antonio Conte, salentino doc e polmone del centrocampo. Altro salentino, Francesco Moriero, un’ala destra che fece ammattire diversi terzini in quella stagione. Completavano l’ossatura, buoni difensori come Garzya, Nobile e Baroni, il centrocampista Paolo Benedetti e gli esperti Ubaldo Righetti e Terraneo. Lieve invece la traccia lasciata dal terzo straniero, l’attaccante ungherese Vincze, limitata ad un gol, che comunque fruttò un successo interno contro il Pescara.
Ma, oltre all’interessante assortimento tecnico, a rendere possibile, il miglior piazzamento di sempre (9° posto) per il Lecce, fu anche e soprattutto l’allenatore, il Re Mida delle provinciali, Carlo Mazzone. Con lui la squadra trovò quadratura tattica e carattere e nell’arco della stagione infilò anche vittorie importanti, contro il Napoli di Maradona e la Juventus. L’andamento della stagione fu regolare e come nella migliore tradizione mazzoniana (era successo così anche ad Ascoli), il fattore campo fu molto spesso decisivo e lo stadio “Via del Mare” vide capitolare diversi avversari.
Mazzone guidò alla salvezza il Lecce anche nella stagione successiva, mentre dopo il cambio della guardia e l’avvento in panchina di Zbigniew Boniek, nel ’91 la squadra tornò in B.
Paolo Chichierchia