Reminiscenze di una stagione calcistica color granata, quella giocata tra gli anni ’60 e ‘70, ora catturata nelle pagine della cronaca sportiva, ora vissuta negli spogliatoi e dietro le quinte, hanno ripreso vigore nelle 180 pagine della fatica letteraria del medico e torinista Paolo Ferrero, edita da Bradipo Libri, dal titolo “Angelo Cereser, una vita in Trincea”.
Un titolo, che prelude il carattere e le gesta del calciatore Angelo Cereser, soprannominato Trincea (311 presenze totali, difensore del Torino tra il 1962 e il 1975), rispetto ad uno sportivo, tutto cuore e coraggio, che fu esempio e punto di riferimento per colleghi e tifosi.
“Scrivere di Angelo è stato, per me, scrivere delle gesta del mio idolo” spiega Ferrero, ricordando quando, nel 1971, all’età di sette anni, seguì la sua prima partita del Torino, puntando, dà subito, il difensore Cereser. Ma scrivere di lui, per Ferrero, è stato anche restituire dignità, luce e meriti ad un giocatore, spesso bistrattato da società e critica.
“Pensavo fosse uno scherzo – sorride Cereser, ricordando il giorno in cui Paolo gli disse di voler scrivere la sua biografia sportiva – invece, fu tutto vero; sono rimasto davvero sorpreso: Paolo è andato a scovare cose che, neppure io, ricordavo più”. Il libro, dal taglio prevalentemente tecnico e corredato da una rara collezione di immagini fotografiche dell’epoca, nasconde anche un grande valore morale e umano, trasparso lungo l’intera carriera di Cereser, e che Ferrero ha saputo catturare, scrutando oltre l’aggressività apparente del giocatore. “Angelo è sempre stato un grande punto di riferimento – ricorda Antonio Pigino, ex portiere granata – nei momenti di difficoltà lui ci rassicurava dicendo: tranquilli, ci penso io”.
Tradendo sincera commozione, l’ex terzino sinistro Umberto Depetrini aggiunge: “il clima di amicizia che si respirava al Filadelfia mi ha fatto diventare un uomo, oltre che un giocatore. Allora, il calcio era diverso: c’era vera amicizia, che si estendeva oltre il campo”. “Al Filadelfia si respirava un’aria pulita e priva di invidie” – aggiunge Cereser – la regola numero uno era: aiutare i più deboli della squadra; la regola numero due: portare rispetto per tutti, dai colleghi all’allenatore fino ai custodi del campo. La forza del gruppo si percepiva a pelle”. Da allora molto o, forse, tutto è cambiato. Il calcio sta andando verso l’isolamento, il clima di costruzione, quasi artigianale, per la crescita delle classi, si è perso tra gli interessi economici contrastanti di società di calcio e procuratori.
Oggi, il settore giovanile viene disprezzato per ragioni di interesse economico a differenza della vecchia costruzione, in cui le squadre giovanili crescevano e diventavano risorsa preziosa.
Dal calcio agli affetti, il libro di Ferrero riserva anche un capitolo dedicato Renza, la moglie di Cereser “senza di lei, tutto sarebbe stato diverso” ha apprezzato Angelo, ponendo in evidenza l’importanza del ruolo di mogli e compagne, per contribuire al successo sportivo dei grandi calciatori.
Nel libro scorre così veloce la lettura di gesta, partite, allenamenti, vittorie e sconfitte, aneddoti e commenti, recuperando tante sensazioni ed emozioni diversamente sopite. “Questo libro” – spiega Ferrero – nato dalla voglia di raccontare la storia di quel Toro tremendista degli anni Sessanta e Settanta, tutto cuore e coraggio, nel quale Cereser seppe integrarsi alla perfezione, ripercorre la storia di un uomo, dalla maglia granata, e di una città, attraverso un legame fortissimo e indissolubile”.