Sino agli anni Duemila i portieri sudamericani godevano decisamente di minore considerazione rispetto agli omologhi europei. Su questa linea ci sono state però alcune eccezioni nel corso dei decenni: Gilmar (goleiro del Brasile di Pelé), Ladislao Mazurkiewicz (miglior estremo con la Celeste del Mondiale 1970), Amadeo Carrizo e Ubaldo “El Pato” Fillol, probabilmente i migliori arqueros argentini di sempre. Qui veniamo a raccontare di un altro portiere sudamericano.
Nel 1972 a Bouquet, comune argentino della provincia di Santa Fe, nasceva Roberto Abbondancieri; qualcuno starà pensando ad un refuso ma invece non è così. Il nonno di Roberto di origini italiane, infatti – ricorda sul Guerin Sportivo Massimiliano Lucchetti – venne erroneamente registrato alla dogana ed il cognome da Abbondanzieri venne trasformato proprio in Abbondancieri.
Il ragazzo passa la sua infanzia a Buenos Aires, ed è proprio in quegli anni che i suoi amici coniano per lui il soprannome perfetto: El Pato (Il Papero). Molti penseranno che questo nomignolo richiamasse al celebre “Pato” originale, Ubaldo Fillol, ma non è questo il motivo; il suo modo di camminare da papera, infatti, ricordava il famoso personaggio della Walt Disney Daffy Duck. Quindi non un portiere ma un cartone animato sta alla base del soprannome!
Il nostro Pato milita durante le giovanili e debutta in prima squadra nel Rosario Central, con il quale vince la Coppa CONMEBOL del 1995; nel 1997 si trasferisce nel club argentino più prestigioso (insieme al River Plate): il Boca Juniors. Nell’anno del debutto, da secondo di Óscar Córdoba (ultimo baluardo della nazionale colombiana), ha il privilegio di godere da vicino delle ultime recite di Diego Armando Maradona. Pato ha sempre avuto un’ammirazione enorme verso il Pibe e ne è testimonianza un video ripreso in occasione dell’ultima partita di Diego, prima del Superclásico. In quell’occasione Maradona tiene la squadra a colloquio e si nota come Roberto lo guardi incantato, ammaliato dal suo carisma unico.
Il 2002 oltre ad essere l’anno della titolarità definitiva (Córdoba si trasferisce a Perugia) è anche quello in cui recupera l’originario cognome di Abbondanzieri. Il punto più alto della sua carriera in maglia Xeneizes è stata la finale della “vecchia” Coppa Intercontinentale contro il Milan. A Yokohama la gara terminò sull’1-1 e furono i tiri dal dischetto a decretare il vincitore; sia Dida che il Pato erano dei “draghi” dagli undici metri. Abbondanzieri respinse i tiri di Pirlo e Costacurta e il Boca si fregiò della sua terza e ad oggi ultima Intercontinentale.
Nell’estate 2004 l’estremo diventa il titolare dell’Albiceleste e subito conquista l’argento nella Copa América dello stesso anno. Nel 2006 la nazionale guidata da Pekerman è una delle favorite alla vittoria finale del Mondiale. Primo girone e ottavi di finale sono una sorta di passeggiata; il Pato subisce solo due reti in quattro incontri prima di affrontare nei quarti la corazzata tedesca, padrona di casa. Nella vita di un calciatore ci sono incontri destinati a lasciare per sempre un segno, sia in positivo che in negativo.
In questo caso all’arquero argentino il destino riservò la seconda opzione. L’Argentina dominò il match fino a metà ripresa, quando su un calcio d’angolo Klose urtò Abbondanzieri con una ginocchiata costringendolo a uscire in barella: la sua Coppa del Mondo finì in quel preciso istante e quella dei compagni poco dopo; l’Argentina uscì infatti ai rigori (specialità del Pato) e il subentrato Leo Franco non riuscì ad essere decisivo. Ancora oggi molti supporter si chiedono come sarebbe finita quella partita con il nostro tra i pali.
Come detto all’inizio, per i baluardi sudamericani non è sempre facile vivere con i pregiudizi che li accompagnano rispetto ai portieri europei. Alla fine della Coppa, però Roberto venne acquistato – con un contratto triennale – dalla matricola Getafe. Il campionato degli azzurri fu magnifico, condito dalla qualificazione in Coppa Uefa, grazie alla finale di Copa del Rey. Il Pato, non solo smentì tutti gli scettici, ma il suo stile di parata più simile a quello europeo che a quello sudamericano conquistò tutti tanto da portarlo alla conquista del prestigioso Trofeo Zamora (coppa dedicato al mitico Ricardo Zamora che va al portiere meno battuto della Liga).
Il ritorno nella famiglia Boca avviene a gennaio 2009, per poi chiudere la carriera all’Internacional in Brasile con l’ultimo successo di una vita agonistica piena di trionfi.
Il Pato può vantare di essere stato uno dei pochi giocatori ad avere giocato con i due dei più forti giocatori di sempre: Diego Maradona e Leo Messi. Il suo coniugare lo stile sudamericano con una tecnica più europea l’ha portato ad essere uno dei migliori portieri del mondo nel periodo 2000-2010. Chiudiamo con una sua frase, dedicata al suo Boca Juniors: ”Non posso tornare alla Bombonera a vedere una partita del Boca. Mi sento ancora quel giocatore che arriva un’ora e mezza prima della partita. Mi prende troppa nostalgia”. Gli appassionati del ruolo e soprattutto i tifosi Xeneizes hanno invece una grande nostalgia di “Daffy Duck”.
Fonte Guerin Sportivo