Luciano Gaucci, storico presidente legato a doppio filo con una società in particolare, il Perugia. Luciano Gaucci è morto nel 2020 all’età di 81 anni a Santo Domingo, che aveva scelto da tempo come sua nuova patria putativa dopo aver lasciato l’Italia in seguito alla disavventura finanziaria che lo portò ad accumulare circa 40 milioni di euro di debiti col fisco italiano. Sono tanti gli aneddoti che si sprecano attorno ad uno dei personaggi più particolari del nostro calcio.
Impulsivo, sanguigno, schietto: c’era chi lo amava e chi lo odiava. Luciano Gaucci non se ne curava e tirava dritto per la propria strada, entrando di diritto nelle cronache del tempo, come quando decise di cacciare da Perugia, Ahn Jung-Hwan, l’attaccante sudcoreano del Perugia dei primi Anni Duemila arrivato in Serie A con tante speranze e presto ripartito senza rimpianti e con non poche polemiche.
Un aneddoto che ben rispecchia la personalità di Gaucci: il giocatore si era macchiato dell’onta di aver segnato il golden gol che aveva eliminato l’Italia dai Mondiali del 2002, durante gli ottavi contro la Corea del Sud. E questo fatto, per il vulcanico patron perugino, Luciano Gaucci, era abbastanza per licenziare in tronco Ahn: “Basta! Quello non rimetterà mai più piede a Perugia! Quel signore non deve più accostarsi alla nostra squadra. Ho già dato disposizione che venga azzerata ogni possibilità di riscatto”.
Tra l’incredulità generale, il coreano non mise più piede in Umbria per volere del presidente che lo acquistò un paio di stagioni prima. Ahn sbarcò a Perugia nell’estate del 2000 in prestito dal Busan l’Cons, squadra del campionato sudcoreano.
Più per una scelta commerciale e di marketing (il precedente acquisto giapponese Nakata, si rivelò un successo) che per motivi tecnici. Gaucci decise così di prendere Ahn e, contemporaneamente, anche Ma, primo cinese nella storia della Serie A che però totalizzò 0 presenze in un’intera stagione.
Al primo anno Ahn, maglia numero 8 sulle spalle, vede il campo solo 15 volte e mette a segno 4 gol. La stagione successiva la società gli diede la prestigiosa maglia numero 10, ma le cose cambiarono di poco: 15 presenze, 1 gol. Fino alla rete della discordia, il golden gol che gli costò il posto, primo in assoluto nella storia del calcio italiano. E non solo.