Una vita intensa e atipica quella di Roberto Scarnecchia, campione di serie A, ma anche docente di formazione alla Bocconi, un master per insegnare alla Business School ad Harvard, scrittore, saggista economico, e infine, seguendo una passione giovanile, apprezzata dai suoi compagni di squadra Pruzzo e Ancellotti, chef,di successo arrivato a conquistare una stella Michelin. La sua ricetta: un Pan brioche con provola affumicata, salmone e citronette, un’armonia di contrasti.
In campo lo chiamavano “Speedy Gonzales” per il suo scatto bruciante con cui staccava tutti nel suo ruolo di ala destra che dava il meglio di sé quando aveva spazio per ripartire in contropiede. Ma quel soprannome non gli si attaglia solo sui campi di calcio.
Perché Roberto Scarnecchia, 1,90 di altezza per 85 di peso, un fisico che nonostante i 64 anni ti fa capire ancora oggi di che pasta sia fatto, nella sua vita è stato “Speedy” in tutto: calciatore, allenatore, docente, scrittore, economista e infine Chef, ma non uno qualsiasi, uno che ha conquistato, come detto, la stella Michelin. Come a dire -come scrive Giuliano De Risi – che la normalità non gli appartiene, nel senso che se si dovesse considerare il mondo come un pentagramma, ebbene lui sarebbe indubbiamente un Do acuto, un’ottava sopra il do normale.
Il rapporto con il cibo fu la prima cosa che illuminò la sua infanzia, prometteva già berne quando – come ricorda – andava in cucina e sottraeva dalla pasta fatta in casa dalla mamma e messa a riposare sotto un telo le fettuccine crude per sentire il sapore della materia prima, la farina, l’uovo. E a 13 anni iniziò a cimentarsi in cucina con ottimi esiti familiari. Passione che gli rimase incollata anche quando intraprese la via dello sport.
Una via che ovviamente solo all’inizio passa per la serie D con l’Almas Roma. Perché Scarnecchia non è uomo da … retrovie. E difatti brucia tutte le tappe approdando in serie A in cui gioca consecutivamente dal 1977 al 1985 accanto a grandi campioni come Paulo Roberto Falcão, Bruno Conti, Agostino Di Bartolomei, Carlo Ancelotti, Roberto Pruzzo, Franco Baresi con le maglie della Roma, del Napoli, del Pisa e del Milan: 110 presenze e 4 reti in massima serie, due edizioni consecutive della Coppa Italia (1979-‘80 e 1980-‘81) con la Roma, e soprattutto il suo capolavoro, la rete decisiva nel derby Milan-Inter, in semifinale di Coppa Italia una corsa emozionante a rotta di collo per tutto il campo, per arrivare a rete: “Segnare in un derby è stato fantastico: presi la palla dal portiere e feci un coast to coast fino all’area dell’Inter, lì feci un uno-due con Hateley e sulla palla di ritorno battei Walter Zenga con un tiro rasoterra”. La partita grazie al suo gol finì in pareggio, e la squadra passò al turno successivo alla finale di Coppa Italia
Grandi successi che non gli fecero mai dimenticare il piacere dei fornelli. “Continuai per diletto – ricorda – quando arrivai in prima squadra nella Roma. Mi divertivo a invitare a cena i compagni di squadra: Pruzzo e Ancelotti erano di casa, Carlo veniva spesso da noi e passò anche un Natale e un Capodanno con la mia famiglia. Apprezzavano molto la mia cucina. Spesso ero io a far da mangiare anche quando eravamo tutti in ritiro”.
Arriva poi il momento in cui deve dire addio alle partite, ma è tutt’altro che un ritiro a vita privata. Da calciatore diventa allenatore con Seregno, Merate, Voghera e Derthona.
Speedy Gonzales capisce a questo punto che la vita richiede di aprire nuovi capitoli. Negli anni 1990 si iscrive a Scienze e tecniche della comunicazione alla Università Bocconi, diventa docente formatore e tiene corsi di formazione per i crediti formativi. Quindi se ne va in America e non certo per turismo perché lì segue un master per insegnare alla Business School ad Harvard, specializzandosi alla “School education human development marketing and communication” e… poiché gli avanza del tempo libero trova anche la maniera di seguire un master per chef. Nel frattempo, a Miami si occupa anche di una ditta commerciale nel campo dell’abbigliamento.
Ma l’amore per la cucina, sempre coltivato, lo richiama ai fornelli e nel 1999 è aiuto cuoco di un locale aperto dal padre alla Romanina. Non gli basta: si trasferisce a Milano dove lavora in alcuni ristoranti, raffinando costantemente le sue conoscenze e tecniche di lavorazione e cottura, di lì si trasferisce a Genova dove opera al ristorante MarinaPlace un boutique hotel 4 stelle che sorge davanti ad una delle tre grandi darsene per yacht e megayacht nell’area di ponente della città frequentato da un pubblico elitario, e di qui prende il volo per il Vino di Ismaro, vicino ad Alessandria, dove segna il più importante gol della sua vita culinaria: la stella Michelin.
E se pensate che con ciò abbia appagato tutte le sue esigenze di vitalità sbagliate di grosso perché trova anche il tempo per scrivere un saggio di economia, L’uovo di Colombo, e di diventare un volto noto in TV partecipando come opinionista e commentatore al programma Misterchef, trasmesso da Sky. In tutto questo, passando al piano della sua vita privata, è stato sposato con Parvin Tadjk, oggi moglie di Beppe Grillo, dalla quale ha avuto due figli, Matteo e Valentina che, poiché buon sangue non mente, è diventata chef, food blogger e personaggio tv (ha condotto sul canale Alice la trasmissione Piatto forte e partecipato a Cuochi e fiamme) e di recente ha anche scritto un libro: Io e te a un metro di distanza, un romanzo sull’amore e i rapporti umani ai tempi del Covid.
E altri due figli hanno avuto dalla nuova compagna, Ozana: Arianna, che ha partecipato alle selezioni di Miss Italia nel 2017 e nel 2018, e Camilla.
Insomma, non c’è che dire una vita bella piena sempre col piede sull’acceleratore. Oggi Roberto Scarnecchia è proprietario a Roma di due ristoranti frequentati da calciatori, e amici dello spettacolo Trattoria della Stampa del 1956 nel centro di Roma a due passi da Fontana di Trevi e del ristorante All in One in zona EUR. La sua cucina ieri come oggi resta saldamente legata al filone mediterraneo e romano, concettualmente tradizionale ma rivisitata in chiave moderna, in continua evoluzione, con la materia prima sempre al centro. La sua filosofia? “Si mangia con tutti e cinque i sensi. Penso a quanta poesia, quanti ricordi ci possano essere in una carbonara o una cacio e pepe, una delle mie specialità”.