Il 25 maggio 2017 si è svolto il consueto raduno degli ex AC Thiene con alcune novità di rilievo. La prima è stata la presentazione su maxi schermo di un power point fotografico: dalla nascita del Thiene 1908 al Thiene del Record 1988-‘89, quello approdato alla Domenica Sportiva di Sandro Ciotti. La seconda novità, presentata alle vecchie glorie del presidente Gianni De Muri, è stata l’istituzione di un riconoscimento denominato “Uomo del Calcio”; una targa di stima per un ex giocatore, anche non rossonero, che abbia avuto una carriera importante e che sia un maestro di sport e di vita: un esempio per le giovani leve.
La scelta per il 2017 non poteva che andare al numero Uno e cioè ad Adriano Bardin, l’estremo difensore del Lanerossi Vicenza dei tempi migliori e con un notevole curriculum alle spalle. Adriano nasce a Schio il 31 gennaio 1944, in piena occupazione tedesca, nell’osteria di famiglia “Alla teleferica”. Da bambino fa le prime parate sul campo dell’Oratorio dei Salesiani. Adriano torna a casa e riferisce al papà le parole premonitrici di Don Nicola – “Te ghe l’istinto del portiere”– alle quali il genitore risponde dubbioso: “Gavarà vossudo dire che te farè el portiere in fabrica da Lanerossi” (avrà voluto dire che farai il portiere in fabbica alla Lanerossi).
Fu solo una mezza intuizione quella del padre, perché il giovane Adriano, pur lavorando in quello stabilimento, cresce anche nella squadra dello Schio per poi nel 1963 trasferirsi al Lanerossi Vicenza diventando professionista. Esordisce in biancorosso in serie A il 29 gennaio 1964 contro il Mantova, due giorni prima del compimento del suo ventesimo compleanno. È un portiere vigoroso e sostanziale, sempre calmo e sicuro.
Rimane al L.R. Vicenza per due stagioni facendo il pendolare in treno tra Schio e il capoluogo berico per poi approdare nel 1965 al Del Duca Ascoli che milita in Serie C. Dopo due buoni campionati in C, torna a indossare la maglia biancorossa del cuore, alternandosi per un paio di campionati con Franco Luison e William Negri.
Titolare fisso dal 1970, Adriano Bardin è il protagonista di molte salvezze che hanno caratterizzato la storia del Lane nella prima metà degli anni Settanta, fino alla retrocessione in Serie B del 1975.
La stagione successiva passa al Cesena per due stagioni; la prima in Serie A e la seconda in B, partecipando nel 1976-‘77 all’avventura col Cesena in Coppa UEFA. Nel 1978 passa alla SPAL in Serie B e in seguito a Padova in C, dove chiude la carriera da giocatore nel 1983. Tra i professionisti, dal 1963 al 1983, totalizza 266 presenze, di cui 156 in Serie A. Per due volte veste la maglia azzurra della Nazionale Under 23 semiprofessionisti.
Già dal 1981, però, Adriano Bardin, ancora tesserato come giocatore del Padova, comincia con mister Caciagli la sua storia di preparatore dei portieri, che poi prosegue con altri allenatori tra i quali Bruno Giorgi. Nel 1984, Adriano consegue il patentino di allenatore di Seconda Categoria.
Con Giorgi ha un ottimo rapporto, tanto che tra il 1986 e il 1994 lo segue a Brescia, Firenze, Genoa e Cagliari. Nel capoluogo sardo collabora con Tabarez, Trapattoni, Perez e Mazzone (suo ex compagno di squadra al tempo del Del Duca Ascoli) fino al 1997.
Mister Giovanni Trapattoni, che lo ha apprezzato a Cagliari, lo chiama alla Fiorentina (1998-2000) dove comincia una collaborazione continuativa che lo porterà, nella veste di preparatore dei portieri, in Nazionale e a partecipare al campionato del mondo 2002 in Corea del Sud e Giappone, in seguito al campionato europeo 2004 in Portogallo, per poi seguire il tecnico proprio in Portogallo nel Benfica (2004-2005) e concludere la sua avventura col “Trap” in Germania alla Stoccarda (2005-2006).
Dopo un anno sabatico, dal 2007 comincia una collaborazione nel settore giovanile del Vicenza Calcio e nella stagione 2009-‘10 partecipa come allenatore in seconda della Prima squadra. Adriano Bardin oggi lo incontriamo spesso a conferenze sportive, presentazioni di libri, raduni calcistici, memorial vari, nei campi di calcio a formare giovani portieri. Oppure più semplicemente lo troviamo al solito Caffè dove, con l’amico di una vita, Domenico Fontana, nell’angolo a loro dedicato con le foto del mitico Lanerossi, ti accoglie con la sua proverbiale cordialità.
Un calcio, il suo, dal sapore genuino, fatto di buoni sentimenti e di rispetto che si respirano anche nelle pagine della sua autobiografia “L’ultimo spogliatoio” o in quello dei “ Ricordi”, dedicato ai suoi compagni e fresco di stampa. Un calcio, il suo, che è quasi una missione. Forse sarà per questo che, quando lo incontro mi sembra di ritrovare in Adriano preparatore degli estremi difensori, lo stesso spirito di Don Nicola dei Salesiani; quello spirito sempre alla ricerca di un bambino sognatore a cui dire con premurosa cognizione: “Te ghe l’istinto del portiere”.
Giuseppe (Joe) Bonato