Il disastro Italia, fuori per la prima volta nella sua storia da due Mondiali di fila, ha aperto ad un mare magnum di discussioni, dibattiti e riflessioni, tutte alimentate dal senso di comune delusione e tristezza per quello che è a tutti gli effetti un disastro sportivo senza eguali. Senza scendere nel dettaglio del fallimento della Nazionale guidata da Roberto Mancini, inerpicandosi in inutili quanto sterili ricerche di colpevoli o scuse, è innegabile che il calcio italiano inteso come movimento è in crisi e la vittoria meritata dell’Europeo ha solo posto un meraviglioso quanto temporaneo mantello dell’invisibilità a tutte le criticità presenti.
Ed ora? Ora l’Italia sarà gioco-forza chiamata ad una rivoluzione concettuale e di movimento, nella speranza che questa possa essere concretamente attuata e che possa portare effettivi benefici sul lunghissimo raggio. Un nuovo ciclo di calciatori nel giro della Nazionale verrà ad aprirsi e, in ottica biennale-quadriennale, diversi giocatori presenti attualmente in Serie B, pronti al grande passo già a fine stagione o dalla prossima, potrebbero essere utili alla causa Azzurra.
La seconda esclusione consecutiva è un duro colpo per il nostro calcio e la conferma che stiamo sbagliando molto, non da ora, ma da diversi anni. Oggi paghiamo le conseguenze di errori commessi in passato quando abbiamo permesso che il nostro calcio perdesse la sua identità e non abbiamo messo in campo nessuna misura per arginare l’emorragia di talento che il nostro Paese ha sempre assicurato.
Da questa disfatta si riparte soltanto ricostruendo radicalmente il sistema, con riforme anche drastiche, capaci di rilanciare il calcio italiano.
Una che deve essere accelerata dal presidente federale Gravina che, ne siamo certi, anche lui ha ben chiare le criticità esistenti e gli ambiti di intervento. È evidente che si deve ripartire dai giovani, che devono essere protagonisti e non comparse nelle categorie superiori. È inaccettabile che il selezionatore dell’Under 21 Nicolato faccia fatica a individuare calciatori che militano stabilmente nella massima Serie e debba pescare in cadetteria e addirittura in Serie C.
La riforma della Serie B, ad esempio, diventa impellente per aumentare le chance di centinaia di giovani atleti che oggi faticano ad emergere.
La centralità dei settori giovanili deve essere valorizzata attraverso investimenti e lavoro di qualità, perché è fondamentale salvaguardare i talenti italiani e permettere che molti di loro si cimentino con il calcio vero. Bisogna avere coraggio, lavorare per l’Italia del futuro, sulle strutture, sulle regole e sul ruolo nefasto che giocano figure sempre più invadenti nel rapporto tra società e calciatori.