Molti tifosi in Italia amano le maglie originali legate a ogni singola storia sociale radicata nel proprio territorio. Molti sportivi che navigano sulle pagine del calcio in internet, al di là delle loro appartenenze alle varie tifoserie, criticano la scelta di maglie innovative dei propri club e spesso e volentieri rammentano colori, geometrie e fogge delle vecchie casacche in maniera nostalgica. Sono entusiastici commenti che vorrebbero un ritorno a quei tessuti bicolori o monocromi, uniformi, semplici, abbinati ai simboli della propria città di appartenenza, a uno scudetto o a un logo inimitabile. Molti altri auspicano altresì che le società calcistiche tornino alle divise so brie di un tempo, anche senza le pesanti reclame, senza nomi dei giocatori sulla schiena e senza numerazioni dare a vanvera.
Molti tifosi biancorossi vicentini che navigano nei social network nei gruppi dei calciofili, commentano le partite giocate dalla propria squadra, prestazioni dei giocatori, arbitraggi e ogni alta cosa. Sono animati da un forte amore e senso di appartenenza a un blasone provinciale mai banale. Io aggiungo che i tifosi “magnagati” sono legati ai colori di una maglia e a un logo che sono denominatore comune tra l’ex storico opificio e la gloriosa nobile squadra che rappresenta la storia sociale del territorio.
La R ad asola della fabbrica Lanerossi evoca fortemente il legame esistente tra il gruppo laniero che ha originato lo sviluppo economico della provincia di Vicenza e i propri avi; insomma le proprie radici. Ecco perché, in questo calcio condizionato dagli sponsor, dalla corsa ai diritti televisivi e da tutto il business che ci gira attorno, vorrei invitare un personaggio lungimirante come il patròn dell’attuale società biancorossa L.R. Vicenza, imprenditore dalle idee innovative, a prendere in considerazione il fatto di dare una svolta anche in campo nel look estetico dei giocatori cambiando le maglie di gara. I tifosi, dopo la pandemia, bisogna farli tornare in massa allo stadio come dodicesimo uomo in campo, magari favorendone la partecipazione anche attraverso iniziative “stupide” come quella di tornare a divise realmente originali, nel vero senso della parola, senza orpelli pubblicitari che ne snaturano l’anima. Mi sembra di aver letto da qualche parte che nello staff di Renzo Rosso c’è gente creativa d’avanguardia e che Diesel, tempo fa, assieme a una ditta londinese, abbia avviato un’innovativa campagna marketing virale denominata “Be stupid”; un imperativo anticonformista per un brand di abbigliamento autentico.
Ecco perché, a mio parere, per innovare la moda in questo calcio conformista al massimo ed essere incisivi davvero, bisognerebbe cambiare tipo di casacca levando i superflui sponsor, i nomi dalla schiena e dare una numerazione alle maglie partendo dalla cifra uno dell’estremo difensore. E farlo per primi! Tempo fa ho letto riguardo alla filosofia del marchio vicentino questa frase: “Gli stupidi hanno più storie da raccontare e quale luogo migliore per il seeding che i social network?” . È evidente che questo tipo di azione, cioè tornare alle maglie pulite, senza reclame, comporta una perdita economica. Ci penseranno i creativi d’avanguardia a recuperare risorse con altre iniziative; son pagati per questo! Intanto accontentiamo il dodicesimo uomo in campo che va allo stadio e ci darà una mano per risalire la china. Quello che per me vale oggi è tornare a una maglia inimitabile nella quale poter riconoscersi, arricchita solo da un piccolo logo Diesel sulla spalla, abbinato all’amata R ad asola sul petto.
Un’idea “stupida”, ma con un alto tasso virale non solo per gli sportivi biancorossi. Forse una riflessione beneaugurante per un ritorno al futuro in Serie A di un Lanerossi a propulsore Diesel di nuova generazione, al fine di contagiare tutto il movimento calcistico italiano e con uno sguardo rivolto al passato proprio per avere molte più storie da raccontare nell’avvenire.
Giuseppe (Joe) Bonato