Milutin Ivković è un noto personaggio storico in Serbia. Era il capitano della nazionale di calcio della Jugoslavia, ottenne un dottorato in medicina nel 1931 e fu giustiziato per attività comuniste il 24 maggio 1943 dal governo collaborazionista di Milan Nedić.
Ivković è stato il capitano della squadra jugoslava forse di maggior successo di tutti i tempi. Durante il suo periodo, il Paese prese parte alle Olimpiadi 1928 e finì al terzo posto ai Mondiali del 1930 a Montevideo.
Nel 2010, la squadra è stata immortalata nel film Montevideo, God Bless You! Alla Coppa del Mondo del 1930, fu l’unica squadra europea a superare la fase a gironi della competizione – la Francia ha sconfitto il Messico 4-1 nella partita di apertura del torneo, ma poi ha perso contro Cile e Argentina finendo ultima nel girone -, anche il Belgio e la Romania occuparono gli ultimi posti nei rispettivi gironi.
La Jugoslavia, a sorpresa, sconfisse il Brasile 2-1 nella partita di apertura del torneo, con Aleksandar Tirnanić e Ivan Bek in gol. Incontrarono l’Uruguay in semifinale e prima della partita Milutinac (il nome con cui era conosciuto Ivković) pronunciò un discorso travolgente ai suoi compagni di squadra: “Compagni, stiamo affrontando la nostra partita più dura di sempre e l’avversario lotterà duramente. Per la stampa e gli spettatori siamo considerati austsajdere (outsiders )… Combattiamo fino all’ultimo respiro per essere veri rappresentanti del nostro Paese… Combattiamo lealmente e vinciamo!”
Purtroppo furono sconfitti 6-1 dai padroni di casa,che poi si sarebbero laureati campioni del mondo, ma le sue considerazioni sul fatto che erano austsajdere e che tutti erano contro di loro si rivelarono veritieri durante la partita. L’aspetto più sorprendente di quella partita non è stato il punteggio più alto conseguito dall’Uruguay durante l’intero torneo, ma l’arbitraggio, o meglio la mancanza di direzione, del brasiliano Gilberto de Almeida Rego. Rego prese la dubbia decisione di annullare un gol perfettamente valido della Jugoslavia sul 2-1, e pochi minuti dopo l’Uruguay segnò la terza rete con un passaggio sbagliato che andò fuori campo, che fu respinto in gioco da un poliziotto che guardava, per poi essere trasformato in gol dall’attaccante Peregrino Anselmo. Nonostante la sconfitta, la squadra jugoslava ricevette un’accoglienza da eroi al suo ritorno a Belgrado, con oltre 10.000 tifosi riuniti per incontrar i giocatori nel centro della città.
Ivković aveva iniziato la sua carriera nelle giovanili dell’SK Jugoslavija (il conteso predecessore della Stella Rossa Belgrado) e si è fatto strada come capitano dei biancorossi dal 1922 al 1929, giocando 235 partite. Successivamente si trasferì al BASK Belgrado a causa della sua “antipatia per la politica del club” e terminò la sua carriera nel 1934, dopo aver accumulato oltre 100 presenze con i rivali cittadini.
Ivković ha persino unito la divisione di Belgrado, con il Partizan Belgrado che nel 70° anniversario della sua morte eresse un monumento in sua memoria nonostante abbia giocato oltre 200 volte per i loro odiati rivali. I fan della Stella Rossa affermano ripetutamente di non avere alleanze politiche, ma hanno sempre mantenuto la loro animosità nei confronti del Partizan. Anche la nazionale jugoslava non è stata in grado di superare questo divario.
Ivoković ha giocato come terzino nel vecchio modulo 2-3-5 ed era conosciuto come regista offensivo in Jugoslavia, nonostante la sua posizione fosse più quella di libero come il tedesco Franz Beckenbauer.
Ivković ha esordito a 16 anni ed è stato descritto dai suoi coetanei come non disposto a dimenticare le abilità di strada che aveva imparato giocando con i suoi amici vicino al mercato di Kalenić a Belgrado. Attraverso l’autodisciplina e un’inesauribile etica del lavoro, tuttavia, è stato in grado di recuperare l’allenamento tattico che gli era mancato giocando per strada.
Si iscrisse agli studi di medicina presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Belgrado nel 1925, lo stesso anno fece il suo debutto con la nazionale sotto la guida dell’allenatore Dušan Zinaja. Il dottor Milutinac, come divenne poi noto, si laureò con lode nel 1931. Successivamente sposò Ella Pops, la figlia dell’importante avvocato Frederick Pops. Ella ha dato alla luce due figlie, Gordana e Mirjana (nate rispettivamente nel 1931 e nel 1934) e Ivković, secondo quanto riferito, fu un padre devoto, tanto da compiere un passo indietro nella sua carriera calcistica per prendersi cura della sua giovane famiglia.
Ha inoltre proseguito la sua carriera medica aprendo una clinica nel centro di Belgrado per il trattamento di malattie della pelle e veneree. Secondo quanto riferito, molte persone povere andavano da lui per godere della sua filantropia. Ha anche prestato servizio in ospedali militari sia a Belgrado che in Slovenia e ha completato il suo tirocinio medico durante la sua permanenza in ospedale. Sua moglie, tuttavia, morì di tubercolosi nel 1938 e le sue figlie furono lasciate alle cure di sua madre, Mila, figlia del duca Radomir Putnik, il feldmaresciallo serbo.
Subito dopo che i nazisti iniziarono a occupare il paese, Ivković fu invitato a partecipare a esercitazioni militari a Leskovać in cui riuscì a stabilire contatti con gruppi di sinistra, che in seguito formarono il movimento Partizan. È quindi tornato a Belgrado per aiutare il Fronte di Liberazione Nazionale dal suo ufficio trasmettendo messaggi e svolgendo altri lavori clandestini contro i nazionalsocialisti che avevano occupato il paese.
Ancora più importante, è stato anche direttore del Mladost, il giornale ufficiale del Fronte di Liberazione Nazionale organizzato dalla Lega della Gioventù Comunista. Sebbene non abbia combattuto per il movimento, è stato una figura chiave nel funzionamento dell’attività della Resistenza organizzata dal maresciallo Josip Broz Tito e fu un noto sostenitore del Partito comunista jugoslavo.
La sua fedeltà alla causa comunista alla fine portò alla sua scomparsa quando i nazisti lo sorpresero a una partita di football. Era uscito dalla clandestinità spinto da un invito dei suoi vecchi compagni al BASK a giocare un’ultima partita per celebrare il quarantesimo anniversario del club.
Fu catturato e arrestato dalla Gestapo il 24 giugno 1943. Il giorno successivo, a Jajince fu fucilato. Ora, a quasi ottant’anni anni dalla sua morte, il discorso che ha pronunciato prima della partita contro l’Uruguay è ricordato per esprimere l’essenza dello spirito combattivo di Ivković: “Combattiamo fino all’ultimo respiro per essere veri rappresentanti del nostro Paese!”.
Mario Bocchio