Per capire le ragioni della scelta di Borja Valero, 36 anni, 627 partite da professionista, di cui 233 nella Fiorentina e 100 nell’Inter, nuovo centrocampista a costo zero del Centro Storico Lebowski, campionato toscano di Promozione, club interamente di proprietà dei tifosi, può essere istruttivo rileggere alcuni passi dell’intervista che egli rilasciò al mensile francese So Foot nel novembre 2014.
«Per me il calcio era un divertimento, ma ho smesso di viverlo in modo spensierato nel giorno in cui ho varcato la soglia del centro di formazione del Real a 11 anni. Se non fossi diventato professionista, la mia analisi sarebbe molto più amara. Durante la mia formazione ho convissuto con oltre 300 ragazzi e l’85% di loro non ha sfondato. È tutta gente che ha sacrificato l’adolescenza per niente. Quelli scartati, li vedevi partire con lo zaino, dall’oggi al domani. E mi dicevo che avrei potuto fare anch’io quella fine. Al Real ti danno il miglior stipendio, una casa, una macchina, un orologio di lusso. Vivi su un altro pianeta, sei al vertice, ma non si tratta di calcio vero. All’inizio, a fine partita uscivo a piedi dallo stadio e nessuno mi riconosceva. Ma, forse, oggi la gente mi apprezza perché faccio la spesa al supermercato, metto in ordine io la stanza dei miei figli, faccio il turista in città come tutti. Sono un privilegiato, c’è gente che lavora 12 ore al giorno, noi ci alleniamo tre ore al giorno. Bisognerebbe smettere di considerare i calciatori delle star, il nostro mestiere va demistificato» .
Ecco, demistificato: e tutto si spiega. Come ha scritto Xavier Jacobelli, spiega lo spirito, la passione di Borja Valero e la sua condivisione dei valori di cui il Centro Storico Lebowski si fa portatore. «A partire da ciò che il club ha fatto in San Frediano per ridare vita al giardino dei Nidiaci e per dare la possibilità a tutti i bambini e alle bambine del quartiere di giocare, divertirsi e imparare a vivere senza ansie uno sport bellissimo che sta perdendo la sua umanità».
Nel giorno in cui scatta il nuovo campionato di Serie A, la scelta di Borja Valero e la realtà del Lebowski suonano intriganti, romantiche di certo e, altrettanto sicuramente, vere. «Questa faccenda ha senso solo se interpretata nei modi giusti – hanno scritto su Facebook – Non ci servono marchette acchiappalike né ci servono merci di scambio per trovare nuovi soci e nuove socie. Ci servono spiriti affini, con la voglia di mettersi in gioco… Ci servono messaggi prorompenti da spedire ai grandi padroni del calcio e alla massa di appassionati e addetti ai lavori che dal basso, nel fango e nel silenzio tentano ogni giorno di dare materia ai propri sogni; a chi sente nel profondo le ingiustizie e vuole ribaltare il tavolo». Il messaggio che arriva da Firenze è forte e chiaro: un altro calcio è possibile. Mai smettere di crederci.