Per i non addetti ai lavori menzionare come soprannome Billy si è portati a identificare Costacurta, noto difensore centrale del Milan e campione del mondo. Ma ben prima di lui ve n’è stato un altro, altrettanto noto alle cronache sportive a partire dagli anni ’60, nel ruolo difensivo di centromediano, parliamo di Sandro Salvadore. Anche in questo caso prima dello sportivo viene l’uomo che, di origini umili lombarde, inizialmente intraprese il lavoro di falegname prima che di calciatore. E l’uomo era di quelli che oggi si definirebbero di “una volta”, di sani principi, tutto casa, famiglia e Milan e Juve dopo.
E proprio dopo il suo primo Juve-Milan convolò a nozze con un occhio tumefatto frutto di una gomitata di Josè Altafini reso meno evidente ricorrendo all’uso di un fondotinta da donna. L’ultima apparizione pubblica del capitano risale al 1° novembre 2006 in occasione del centonovesimo anniversario della nascita della Juventus.
Caratteristica principale di essere stato un difensore arcigno ma nello stesso tempo elegante. Nei primi anni venne impiegato nel ruolo di terrzino e stopper mentre a fine carriera ricoprì il ruolo di libero.
Molto dotato sia sul piano fisico che tecnico si mostrò molto abile nel ruolo di attaccante aggiuntivo realizzando diverse reti tanto da essere sempre marcato a uomo. A sedici anni entra a far parte del settore giovanile del Milan insieme all’altro enfant prodige del calcio meneghino Giovanni Trapattoni, entrambi vengono accolti sotto l’ala protettrice di Gipo Viani allora direttore tecnico dei rossoneri.
E qui un primo aneddoto sul destino di Salvadore. Al tempo era molto gracile fisicamente tanto che dopo il provino sostenuto alcuni collaboratori della società non intendevano sceglierlo.
Fu proprio l’intervento decisivo di Viani che fece sì che si potessero apprezzare le doti tecniche di Sandro. Prima di essere aggregato alla formazione giovanile rossonera venne obbligato a mangiare sia a pranzo che a cena per quindici giorni consecutivi alla mensa della squadra per volere del direttore tecnico.
Dopo due anni Salvadore debuttava in serie A con il Milan nel ruolo a lui consono, quello di centromediano, nell’annata calcistica 1958-‘59, dopo aver firmato il suo primo contratto da professionista. Percepì il doppio dello stipendio del padre che lavorava alla Pirelli. Con la maglia meneghina si fregia, per ben due volte, della conquista dello scudetto e del titolo di campione d’Italia. Ma subito dopo nascono problemi di natura tattica all’interno della compagine lombarda. A contendergli il ruolo di libero c’è un certo Cesare Maldini più esperto di lui. Logica conseguenza viene spesso costretto a giocare terzino. Questa condizione determinerà la vendita di Salvadore alla Juventus nell’ambito di uno scambio con l’ala bianconera Mora.
Quattro le annate trascorse al Milan con 72 presenze. Arrivato alla Juve di Heriberto Herrera, quello del movimiento, Salvadore va a formare, dopo aver litigato e essere stato estromesso dall’undici titolare per gran parte della stagione, una delle coppie centrali più forti del campionato con il compagno Ernesto Castano. Nella prima stagione bianconera si assicura la Coppa Italia ai danni della GrandeInter. Nelle stagioni seguenti il rapporto con l’allenatore migliorerà ancor di più anche se non in maniera ottimale tanto da conquistare il suo terzo scudetto sempre ai danni dei nerazzurri. Con il declino di Castano, stagione 1969-‘70, assume i gradi di capitano e finalmente il ruolo di libero che gli permise di conquistare altri due titoli nazionali.
Baluardo per dodici stagioni della difesa bianconera ha collezionato 453 presenze con 17 reti cedendo lo scettro di re della difesa a un’altra leggenda bianconera Gaetano Scirea. Memorabile in Nazionale la conquista del titolo di campione d’Europa nella doppia finale. Assente nella prima, terminata 1 a 1 ma presente in quella vittoriosa per 2 a 0. Con la maglia azzurra ha collezionato 36 presenze di cui 17 con la fascia di capitano. Perché Sandro Salvadore è stato soprattutto questo, un vero capitano. Nella vita e nello sport.
Dario Barattin