Quando giocò la prima partita con il Milan non aveva ancora compiuto il suo diciassettesimo compleanno. L’esordio assoluto in rossonero di Gianni Rivera, prelevato dall’Alessandria, è datato 23 giugno 1960. A San Siro, quel giorno, scesero in campo gli inglesi del Fulham per un’amichevole di fine annata contro il diavolo. L’allenatore rossonero Luigi Bonizzoni, il mitico Cina, assegnò al ragazzino di Valle San Bartolomeo la maglia numero 10, con Maraschi, in prova dalla Pro Vercelli, collocato all’ala sinistra e Altafini centravanti. I restanti 8/11 furono Ghezzi tra i pali, De Angelis e Trebbi terzini, Occhetta in mediana, capitan Liedholm e Trapattoni al centro del reparto arretrato, Danova ala destra e Carletto Galli centrocampista con compiti offensivi. La stagione 1959-‘60 aveva riservato ben poche gioie ai tifosi milanisti. In campionato era arrivato un terzo posto, a 9 punti di distacco dalla Juventus campione d’Italia. Tra le poche soddisfazioni stagionali spiccò il 5-3 rifilato all’Inter, con Altafini primo e unico giocatore ad aver segnato un poker di reti in un derby della Madonnina.
La Coppa Italia era sfumata all’esordio dopo una sconfitta casalinga ad opera del Como. Di breve durata fu anche la permanenza in Coppa dei Campioni: i rossoneri, eliminati al primo turno i greci dell’Olympiakos (2-2 in trasferta, 3-1 a San Siro), vennero surclassati dal Barcellona agli ottavi di finale. Il Fulham aveva chiuso la First Division all’ottavo posto. Obiettivo lusinghiero per i neopromossi londinesi, sospinti dai gol dello scozzese Graham Leggat, ex Aberdeen, autore di 18 reti in campionato. Quel piazzamento rimarrà il risultato migliore del club nella massima serie inglese per 43 anni. In Fa Cup, invece, la marcia del Fulham si era arrestata al quarto turno per mano del Leicester. L’amichevole di San Siro si giocò in una serata calda e fu una partita tutt’altro che spettacolare. La nota positiva riguardò la prestazione di Rivera, subito ribattezzato “Piccolo Schiaffino” anche se il Corriere dello Sport poi precisò: “Ha bisogno di molte pagnotte per arrivare ai livelli del sudamericano”. La nitidezza stilistica di certi passaggi del giovane alessandrino, unita ad una visione di gioco di alta qualità, venne sottolineata dagli applausi dei 15 mila presenti sugli spalti.
Quel Milan piuttosto rabberciato, in un clima tipico da “rompete le righe” di fine stagione, tenne testa ai britannici nella prima parte della contesa. Con il passare dei minuti, il Fulham fece valere la migliore condizione atletica, sospinto da un Haynes in grande giornata e da un gioco sulle ali che mise in difficoltà la difesa milanista, spesso traballante ma salvata dai pali che in quattro occasioni vennero in aiuto di Ghezzi, colto in “sfarfallata libera” durante alcune uscite dai pali. Dopo dieci minuti, Rivera liberò Altafini in profondità. Lancio definito “intelligente” da alcuni giornalisti presenti, preludio al gol del vantaggio siglato dal brasiliano che superò comodamente il portiere Macedo. Il ragazzino appena arrivato dall’Alessandria fu tra i pochi a spingere la manovra offensiva. Applausi per Rivera e fischi per Ghezzi che si fece passare la palla sotto la pancia su tiro non molto pericoloso di Lowe: 1-1. L’estremo difensore si fece perdonare due minuti dopo, alzando in corner una staffilata dalla distanza di Chamberlain. Nulla potè fare il portiere, prima dell’intervallo, sulla conclusione ravvicinata del solito Leggat che portò il Fulham in vantaggio. Bonizzoni nella ripresa lasciò Ghezzi fuori, preferendogli Alfieri.
La partita di Rivera si concluse al ventesimo della ripresa: i crampi lo costrinsero a lasciare il terreno di gioco, sostituito da Ferrario. La Stampa di Torino dedicò il titolo del pezzo, firmato dall’inviato Giulio Accatino, proprio all’esordiente. “Il giovane alessandrino Rivera ha esordito in Milan-Fulham”, titolò il quotidiano della città della Mole.
Accatino aggiunse un commento: “Rivera non ha più bisogno di essere presentato, è ormai milanista in linea definitiva. Il ragazzo ha provato questa sera le prime emozioni del grande debutto. Ha dato ad Altafini la palla del gol, un gioiello di passaggio che ha messo il brasiliano in condizioni di fare centro”. Al quasi diciassettenne vennero perdonati alcuni tocchi sbagliati. La prova l’aveva superata brillantemente in poco più di un’ora di permanenza in campo. “Ero titubante – dichiarò Rivera a fine gara negli spogliatoi– mi pesava la responsabilità e lo scudetto tricolore che portavo per la prima volta. Nella prossima stagione sarà un’altra cosa”.
Contro il neopromosso Catania di Di Bella, tre mesi dopo, Rivera esordì in campionato con il Milan che alla guida presentava la coppia Todeschini–Viani. Per i rossoneri fu un successo facile, 3-0, propiziato dalle reti di Altafini, Barison e Vernazza. “Superiori ma non maramaldi”, scrisse il Corriere dello Sport.
Bruno Roghi parlò di un “Rivera pieno d’estro, ricco di velocità, preciso nei passaggi a lungo raggio, incisivo nella chiamata e nella coordinazione dei suoi compagni di linea”. Una prestazione pienamente convincente. Fu l’inizio di un cammino calcistico, tutto in maglia rossonera, che avrebbe avuto una durata quasi ventennale, pregno di titoli nazionali e internazionali, successi, trionfi, splendori e alcune cocenti delusioni. Tra le più belle definizioni di Gianni Rivera calciatore riportiamo quella di Carlo F. Chiesa: “Piedi da artista, inventiva da grande regista e senso del gol fanno di Rivera uno dei giganti di ogni epoca del calcio mondiale”.
Dal libro “Il Milan del Grenoli”, di Stefano Taccone (Assist Edizioni, prefazione di Luigi La Rocca, 2020)