“La sera quando mi sciolgo il trucco riscopro che sono un pagliaccio anche sotto…”
(Cesare Cremonini)
Allo stadio Dall’Ara era un assolato pomeriggio di inizio ottobre. Coppa Italia, Bologna-Ascoli, risultato piantato sullo 0-0. I pochissimi spettatori si stanno convincendo che – ormai – la partita si stia trascinando senza emozioni fino ai supplementari.
“Neanche con l’Ascoli si riesce a vincere…”
“Ma và, è Coppa Italia, chi se ne frega, no? E poi stanno giocando tutte le seconde linee. Vedrai che il Bologna quest’anno fa un gran campionato…”
Arriva il minuto 39 del secondo tempo. Palla in attacco al Bologna, sulla fascia destra della metà campo dell’Ascoli. Un giocatore riceve palla, si ferma; retropassaggio al centro. Il compagno stoppa, alza la testa e da 40 metri fa partire un siluro di destro che s’incastona nel sette della porta marchigiana. Il marcatore è Dyego Rocha Coelho, appena arrivato in prestito dal Corinthians, via Atletico Mineiro. Uno dei tre sudamericani portati sotto le due torri dal d.s. Salvatori in estate. Quella curva semideserta impazzisce.
“Sta’ a vedere che ne abbiamo preso uno buono…”
Non è un cliché come molti pensano. Abbiamo grande ammirazione per chi cerca di far divertire la gente. Ma crediamo davvero che dentro di loro, i clown portino una melanconia ancestrale, che regolarmente trasmettono anche a noi a suon di frizzi e di lazzi. Questa è la storia di Dyego Rocha Coelho, il clown triste del Bologna, stagione 2008-‘09. Nato a San Paolo nel 1983, laterale difensivo destro, cresce nelle giovanili del Corinthians e dal 2003 entra in pianta stabile in prima squadra. La sua carriera sembra ben avviata sotto i migliori auspici: nel 2003, all’esordio col club, vince subito un Campionato Paulista. Classico “giovane interessante”, gli si aprono subito le porte delle Nazionali verdeoro: esordisce con una presenza nella Gold Cup, la competizione continentale nord-centroamericana, in cui il Brasile è regolarmente invitato con la sua rappresentativa under-23.
È il luglio del 2003, nel corso di quel torneo il mondo scopre Kakà, lui si accontenta di subentrare nella finale persa contro il Messico per 1-0. Nel dicembre dello stesso anno, viene convocato per i Mondiali under-20, vinti proprio dal Brasile (in finale contro la Spagna di Iniesta), in cui colleziona due presenze. Tornato in Brasile, continua l’avventura con il Corinthians, con il quale vincerà un Brasilerão nel 2005, mettendo insieme 8 gol in 58 presenze fino al 2006. Dal 2007 lo troviamo a Belo Horizonte, in prestito all’Atletico Mineiro, di cui è il terzino destro titolare; con gli alvinegros vince anche un Campionato Mineiro nel 2007. La sua carriera in Brasile sembra dunque andare per il meglio: come tanti giocatori onesti ma non fenomenali, si ritaglia il suo spazio, fa le sue buone partite, qualche gol, togliendosi la soddisfazione di vincere anche qualcosa. Poi, arriva l’estate del 2008. Dall’altra parte del mondo, a Bologna, c’è grande fiducia per la stagione calcistica successiva. I rossoblù hanno appena lasciato la Serie B e si apprestano ad affrontare la massima serie. Ovviamente, in giugno, inizia a tener banco la questione mercato.
Il Bologna annuncia che arriverà dall’Atletico Mineiro, in prestito con diritto di riscatto, tal Dyego Coelho. Nessuno sa chi è, da questa parte dell’Atlantico, ma la sua fama lo precede. Inizia a girare un video in cui il nostro, in un infuocato derby Atletico Mineiro-Cruzeiro, tira una spallata devastante all’attaccante avversario Kerlon Foquinha, reo di esibirsi nell’irridente numerillo della foca. Si scopre poi che Coelho, ovviamente espulso, subirà 5 giornate di stop per il gesto antisportivo. Chi se ne frega. Tripudio dei tifosi rossoblù. In Italia, nessuno fa la foca in mezzo a un campo di calcio, mentre a Bologna c’è bisogno di un terzinaccio dalle rudi maniere. Insomma, ancor prima di sbarcare all’aeroporto Marconi, a Bologna Dyego è già un idolo. Così, aggregatosi ai compagni al ritiro estivo di Sestola, assieme agli altri due sudamericani ingaggiati dal d.s. Salvatori (gli uruguagi Britos e Rodriguez), tutti si aspettano buone cose da lui. L’allenatore Arrigoni, inizialmente, da terzino lo sposta ad esterno di centrocampo (ovvio. Un terzino brasiliano non difende, spostiamolo avanti per far giocare Zenoni. Vabè.) Lo stesso Arrigoni mette poi subito le mani avanti: “I tre sudamericani giocheranno quando saranno pronti per il nostro calcio, adesso abbiate pazienza, ché si devono ancora ambientare”, sarà la litania che accompagnerà la prima parte della stagione rossoblù di Coelho. Una delle fasi di ambientamento è quella partita di Coppa Italia contro l’Ascoli in cui il nostro lascia lo zampino, con il gol vittoria. Ma in campionato ha vita dura: tra tribuna e panchina, ha poche possibilità di mostrarsi, tanto più che il Bologna va malissimo, Arrigoni viene esonerato ed arriva Mihajlovic.
L’ennesima grigia domenica passata sulla panchina del Dall’Ara, deve avere un’intuizione, non abbiamo mai capito se dettata da una lucida voglia di dimostrare qualcosa a quel pubblico che lo ha così ben accolto, o se da una fantasiosa follia brasileira. L’arbitro fischia la fine del primo tempo. Tutti i titolari scendono negli spogliatoi, sul campo di gioco i panchinari si scaldano facendo qualche passaggio. Coelho invece prende un pallone, trotterella fin sotto la curva Andrea Costa, inizia a palleggiare. Un palleggio davvero da giocoliere, tacco, spalla, ginocchio, testa, nuca, facendo passare la palla sotto il piede, alzandola a dismisura per stopparla chirurgicamente di collo, e così via. Il pubblico applaude, l’applauso diventa un delirio, Coelho rimarrà per sempre nella memoria dei tifosi come “quello che faceva i numeri sotto la curva”. Finisce l’intervallo e con esso l’esibizione. Tra gli applausi scroscianti, Coelho sorride, saluta, torna ad accomodarsi in panchina. Semplicemente fantastico. Soprattutto perché il siparietto si ripeterà per tutte o quasi le domeniche in cui il Bologna gioca in casa. E il nostro eroe siederà in panca.
La sua immagine di allegro cazzaro brasiliano che si diverte a fare il funambolo per il pubblico pagante, per quanto ci riguarda, si infrange un mercoledì notte al bancone di un Autogrill. Dopo una trasferta in quel di Bergamo (1-0 per il Bologna, gol di Volpi, euforia ed ubriachezza diffuse tra gli ultrà) il pullman si ferma all’area di servizio. Pochi minuti dopo, anche il pullman dei giocatori si ferma allo stesso Autogrill. “Nel casino generale, vorrei scambiare due battute con Di Vaio, ma poiché è circondato da un capannello di tifosi più anziani e pericolosi di me, cerco un altro giocatore con cui fare due chiacchiere o una foto. Il mio sguardo si ferma su di lui. Mentre tutti festeggiano, ordinano birre, intonano cori, lui è lì, solo, in disparte, ipod nelle orecchie, faccia triste. Mi avvicino, cerco di fare il simpatico: “Dyego! Una foto, dài!” racconta l’editorialista di “Lacrime di Borghetti”. Lui si toglie gli auricolari con la musica. Sorriso di circostanza, si fa fotografare e ripiomba nel suo mondo. Il giornalista decide di lasciarlo da solo, unico che in quell’Autogrill non sembra essere felice, forse perché – giocando il Bologna fuori casa – non ha potuto neanche esibirsi in palleggi e quant’altro per il suo pubblico. Qualche mese dopo il Bologna è nella melma della zona retrocessione e deve lottare contro Torino, Chievo, Lecce per rimanere a galla.
Tutti sono ormai convinti che il povero Coelho sia sì l’idolo dei tifosi, ma si trovi malissimo a Bologna, lui si allena come tutti gli altri ma vede il campo una partita sì e cinque no. Un giorno leggiamo un’intervista sul Corriere dello Sport-Stadio. Coelho, l’oggetto misterioso, si mette a nudo: “A Bologna sto molto bene”. Dice che abita in una bella zona, fuori porta Saragozza, che, sì, i primi tempi in Italia sono stati un po’ difficili, poi ha fatto venire dal Brasile moglie, figli, genitori, zii e parenti, tutti a Bologna, e adesso si sente davvero a casa. Ci tiene a sottolineare che è un atleta di Cristo e che crede molto nella famiglia. I tortellini sono ottimi e il pubblico è fantastico. Dopo la lettura dell’articolo, siamo sempre più convinti che a fine stagione ci lascerà. Intanto, Mihajlovic viene cacciato dalla panchina del Bologna, gli succede Papadopulo. L’ambientamento di Coelho nel campionato italiano latita. Mette insieme spezzoni di partita, qualche minuto a provare cross sballati, una traversa contro il Torino nel match-spareggio. Mica si può rischiare a far giocare uno così, nella bolgia della lotta per non retrocedere. Ce lo immaginiamo, ormai a fine stagione, ai giardinetti con la famiglia, a fare due passaggi coi figli e qualche palleggio funambolico con il supertele, un triste samba a fare da sottofondo.
Estate 2009: nell’indifferenza generale, il Bologna lo rispedisce come da copione in Brasile, con 13 presenze ed 1 gol all’attivo. Lui prende armi e bagagli e se ne torna a Belo Horizonte. Chissà se salendo sull’aereo avrà pensato alle domeniche al Dall’Ara, a quei matti dei tifosi, ai tortellini, alla sua casa in via Saragozza, a quel gol contro l’Ascoli. Chissà che cosa gli rimane di quella stagione in Emilia, dopo che il sipario è calato e il clown triste è tornato ad essere niente di più e niente di meno che un onesto, mediocre terzino dell’Atletico Mineiro.