La stronza se l’è portato via. È così che Stefano Borgonovo chiamava la SLA che ne consumò, poco alla volta, il corpo e l’anima. Ed è per colpa della SLA che oggi il calcio italiano piange la morte di Nicola Loprieno: aveva 78 anni e anche lui – come capitato anche a Signorini e a Lombardi – è scomparso a causa della gravissima malattia degenerativa che lo aveva assalito dieci anni fa.
Difensore vecchio stampo che, chi ha i capelli bianchi, forse può ricordare per la carriera trascorsa tra Matera e Lecce, per l’andatura caracollante e l’interpretazione del ruolo (stopper) che faceva di lui una sorta di ultimo baluardo davanti all’area di rigore. Loprieno – come racconta Fanpage – aveva iniziato a giocare nella Liberty Bari (sua città d’origine) ma è nella Città dei Sassi e in Salento che ha scritto le pagine più belle di un calcio che non c’è più. Quello virato seppia. Quello fatto di passione pura e attaccamento alla maglia.
Quello che alla domenica, sui campi della C, si reggeva sulla perfetta – ed emozionante – simbiosi tra la squadra e il pubblico di casa. Fu con la maglia dei giallorossi pugliesi che conquistò nella stagione 1975-‘76 una storia promozione in Serie B. E fu sempre con la casacca dei salentini che posò per un’amichevole di lusso contro il Milan. Lui da un lato, Gianni Rivera dall’altro: uno scatto prima del fischio d’inizio. Dieci anni fa arrivò il responso, durissimo del medico. Loprieno si era accorto che qualcosa non andava: faceva fatica a parlare, ad articolare il pensiero e le parole. Tutte quelle cose che gli erano sembrate naturali fino ad allora divennero tremendamente difficili. La SLA si faceva già sentire, da quel momento nulla fu come prima.
Quelle gambe che tante volte lo avevano sorretto in campo non funzionavano più. Negli ultimi anni era attaccato alle macchine, bloccato in un letto attrezzato per i pazienti che soffrono per quella patologia degenerativa. Ha lottato finché ha potuto.