1941, 1975, 2003, 2015: sono quattro colpi andati a vuoto per il Teramo, che indicano però come questa realtà coltivi la speranza di lasciarsi alle spalle, finalmente, un passato che comprende lunghi periodi di dilettantismo. L’attività calcistica in città ebbe inizio nel 1913 e si limitò a tornei rionali finché, a partire dal 1929, alcune formazioni (i giallorossi dell’A.S. Teramo e la Gran Sasso, prima formazione a indossare le caratteristiche maglie biancorosse) tentarono d’insediarsi stabilmente nei campionati federali; a riuscire nell’intento fu la Società Sportiva Teramo, fondata nel 1936 col nome di Interamnia e ammessa nel 1939 alla Serie C. Appena un anno dopo, il corrispondente del «Littoriale» Carlo Piermatteo si ritrovava a tessere sperticate lodi per la giovane formazione, che era riuscita ad inserirsi nella lotta per la promozione in B («la difesa potente, la mediana coordinatrice e la prima linea composta di atleti pronti a sfruttare lo occasioni favorevoli»).
Finché resse fisicamente il maturo Mameli Viani, faro della formazione schierata dall’ex portiere milanista Compiani, il piccolo Teramo occupò i vertici della classifica, lottando strenuamente per l’ammissione agli spareggi nazionali con Ravenna e Pescara. L’obiettivo sfuggì per due punti: fu la «Strapaesana» biancazzurra di Mario Pizziolo a salire di categoria, scrivendo una bella pagina della sua storia, mentre sui teramani calò l’oblio per la scelta, in un periodo tanto complesso, di non prendere parte al successivo campionato di terza serie.
Per lunghi anni fu attesa la riscossa, ritardata da puntuali difficoltà economiche, da uno spareggio per la C perso inopinatamente contro gli eterni rivali del Giulianova e dall’emergente dualismo con un’altra compagine cittadina, il G.S. Interamnia, che nel 1969 accettò di unire le forze per disputare una Serie D competitiva. Il 1974 fu l’anno del ritorno tra i semiprofessionisti; il tempo di ambientarsi ed ecco partire, a dicembre, l’assalto al Modena capolista: 24 gare senza sconfitte, una striscia che s’interruppe a Novi Ligure, il nuovo sogno cadetto sfumato per tre punti. A guadagnarsi i galloni di capocannoniere del girone fu una sgusciante ala romana, Giancarlo Pulitelli; il presidente alessandrino Paolo Sacco lo scelse per rilanciare la squadra dopo la scottante retrocessione dalla B e versò nelle casse biancorosse cento milioni di lire: fu un flop. «Umidità pazzesca, freddo che ti entrava nelle ossa: Alessandria non era l’ambiente adatto a me», dichiarò anni dopo Pulitelli in un’intervista a Daniele Mosconi; senza un solo gol all’attivo, a ottobre venne svenduto al Pisa per appena quaranta milioni.
Anche l’allenatore di quel «Teramo delle meraviglie», Eugenio Fantini, passò per Alessandria: era il 1979, le troppo spericolate campagne acquisti del patron Bruno Cavallo (che col team abruzzese, peraltro, collaborava da diverso tempo, avendo la sua industria tessile uno stabilimento in città) condannarono i Grigi alla C2. Anche il Teramo in quell’anno cadde in quarta serie, sancendo l’inizio di un nuovo periodo di magra: esaltante, ma effimera, fu la promozione in C1 ottenuta con in campo l’ex grigio Paolo Da Re, nel 1986.
Sei anni dopo i biancorossi ripiombavano tra i dilettanti. Una lenta risalita portò il Diavolo a giocarsi per la terza volta la promozione in B, nel 2003: un team guidato dal futuro campione d’Italia Simone Pepe agguantò i play-off di C1, persi al cospetto del Martina Franca.
In quello stesso anno falliva l’Alessandria; nel 2006 Gianni Bianchi vide in Claudio Gabetta l’allenatore giusto per ricondurre i Grigi tra i professionisti, il Teramo glielo soffiò a un passo dalla firma. Poco tempo dopo anche gli abruzzesi passarono per le forche caudine della bancarotta: nel 2008 furono costretti a ripartire addirittura dalla Promozione, per dare poi il via ad un’irresistibile scalata alle categorie superiori.
È storia recente la clamorosa promozione in B colta a suon di gol (44 quelli del duo Donnarumma-Lapadula), vanificata da un tentativo di combine rilevato dalle autorità in occasione della partita contro il poco temibile Savona. Ed è quindi naturale che società, città e tifosi alimentino una speranza: quella di superarsi, agguantando obiettivi mai raggiunti prima. Inevitabile, dopo averli pregustati.
Daniele Bolzani