Lanerossi nello spirito della Crozaia. 4.9000.000 di veneti sommati a 1.230.000 di friulani fanno poco più di 6 milioni di abitanti; una popolazione che supera di oltre 2 milioni quella della Croazia, nazione indipendente solo da qualche decennio. Croazia la cui nazionale di calcio è attualmente vice campione del mondo, battuta nella partita di finale dalla Francia favorita nella sorte da un autogol e da un rigore.
Croazia, una nazionale autoctona che, fatalmente, sfoggia gli stessi colori del Lanerossi Vicenza Virtus 1902, compagine promossa nel campionato cadetto e con lo sguardo mirante alla massima serie. Perché richiamo ai tifosi biancorossi vicentini questa colorata allegoria?
Perché la nazionale croata è l’espressione di una popolazione di 4 milioni di persone che ha dimostrato d’avere nel dna la grinta e il temperamento giusto per battersi con chiunque senza timore reverenziale.
Quello che stupisce i 60 milioni di italiani, invece, è pensare come sia possibile che da una platea demografica originaria così striminzita sia nata una squadra di giocatori abili e forti. Rifletto che non si devono considerare gli atleti nel loro valore singolo per calcolare quello di una nazionale, come si fa generalmente con le formazioni di club orientate principalmente sull’uomo-squadra.
Come abbiamo visto nell’ultimo mondiale, le nazionali basate essenzialmente sulle aspettative del proprio “fenomeno” hanno fallito di brutto (Ronaldo, Messi, Neymar ecc.).
Ogni giocatore va valutato nel suo complesso e sopratutto per l’apporto che dà al gioco concreto nel contesto più ampio dello spirito di squadra; motivazione questa che sta alla base di ogni sport collettivo. Questa è la forza principale che dà lo spunto a tutti per lottare con sempre maggiore determinazione al fine di raggiungere l’agognato comune obiettivo.
Non giocare puramente per se stessi, ma avere la visione più ampia di cooperare con altri 10 con gratificazione. Ebbene, pensando alla Croazia di oggi e al Lanerossi dei tempi migliori, sono andato a spulciare le “rose” delle formazioni nei famosi 19 campionati di serie A del vecchio e glorioso “brand”, oggi capitanato dal patròn Renzo Rosso con suo figlio Stefano presidente, e mi è balzato subito all’occhio una peculiarità particolare che rapporto ai tempi moderni.
Le squadre biancorosse d’allora che disputavano la massima serie, erano composte principalmente da giocatori veneti e friulani.
Un esempio per tutti? Nel Lanerossi del campionato 1961-’62 i 14/18 dei calciatori erano nativi del Nord Est: Bazzoni (Villafranca veronese), Luison (Piazzola sul Brenta), Panzanato (Venezia), Bernard (San Giovanni al Natisone), Puia (Gorizia), Zanon (Piazzola sul Brenta), De Marchi (Schio), Zoppelletto (Venezia), Luigi Menti (Vicenza), Fortunato (Tricesimo), Fusato (Vicenza), Campana (Bassano del Grappa), Colausig (Gradisca d’Isonzo), Baston (Bassano del Grappa).
Ho analizzato le “rose” fino al 1976 anno della retrocessione in B e ho annotato che i giocatori veneti con i friulani, aggregati nello spirito di squadra, avevano una media numerica per annata che si attestava sulle 13 unità veneto/friulane su un plafond di 19 giocatori.
Dove voglio arrivare con questo ragionamento regionalista retrò? Semplicemente affermare che non serve andare in giro per il mondo ad acquistare “fenomeni”.
I giocatori locali capaci ci sono già in loco, magari prelevati dai club cinesi, indonesiani o yankees dei grossi club multietnici. Ecco perché asserisco che qua nel Nord Est c’è solo bisogno di valorizzare i giovani che addestriamo in casa e segnalati dalle figure demodé affiliate alla società sportiva che un tempo chiamavamo all’inglese talent scout.
Giocatori locali da inserire negli organigrammi di una società realista e che potranno emergere dando il meglio legandosi allo spirito di squadra, con una maglia epica come quella della R ad asola e che rappresenti bene le radici storiche di un territorio circoscritto.
Aspirare, tirando fuori dal vecchio baule la stoffa biancorossa messa sotto naftalina per troppi anni e lottare con “fame” di vittoria per tornare agli antichi fasti della serie A meritando a pieno la denominazione di Nobile Provinciale.
Giuseppe (Joe) Bonato