Martin Palermo nasce a la Plata il sette novembre del ’73 da una famiglia originaria di Macchiagodena, Molise. Inizia a giocare nel ruolo di portiere fino all’età di 11 anni, quando mister Garcia, per mancanza di materia prima, lo inventa centravanti, la prima di mille stranezze che renderanno la sua carriera irripetibile. Nel nuovo ruolo Palermo segna 54 gol mostrando doti mostruose per prestanza fisica e finalizzazione. Salito in prima squadra, si mette in luce con 34 gol in 94 presenze scatenando un vero e proprio derby, un “Superclasico” tra River e Boca per assicurarsi le prestazioni di questo gigante dai capelli biondo platino.
L’inizio al Boca tra Maradona e Riquelme e i tre rigori di fila sbagliati con la Colombia
La spunta il Boca di Bianchi nel ‘97, grazie all’intermediazione di Diego Armando Maradona, affidandogli il numero 9 ed il ruolo di terminale offensivo. Proprio Palermo regalerà al “Pibe de Oro”, proprio quell’anno, l’ultima vittoria nel “Superclasico”. Martin, pur essendo goffo e impacciato nei modi, è dotato di grinta e coraggio fuori dal comune, che uniti ad una vena realizzativa impressionante lo rendono l’interprete più forte, longevo e amato della storia del Boca.
Ha come compagni di squadra giocatori del calibro di Oscar Cordoba, del capitan Bermudez e del mediano Serna, che formano il trio colombiano, del forte e tenace mediano Battaglia, di Guillermo Barros Schelotto, spalla di Palermo e secondo giocatore più titolato della storia dei “Bosteros”, del suo alter-ego Delgado e per finire di Juan Roman Riquelme, “El Ultimo Diez”, un genio assoluto, capace di determinare la partita con una giocata.
La combinazione Roman-Martin, quella tra l’esteta e il gigante, “El Diez” y “El Nueve”, sarà una costante per dieci lunghi anni, scanditi dalle rispettive parentesi europee. Nel primo ciclo bostero due titoli nazionali l’Apertura e la Clausura e tre titoli internazionali, una Libertadores, una Recopa Sudamericana e un’Intercontinentale vinta da protagonista. In quegli anni si afferma come uno degli attaccanti emergenti del panorama mondiale e come il 9 più forte del Sudamerica, accumulando un bottino di 81 gol in 102 partite. La carriera di Palermo si caratterizza inoltre, proprio come il personaggio, non a caso soprannominato El Loco, per irrazionalità, follia e un continuo saliscendi tra momenti felici e momenti tristi.
Tra i momenti di follia, come dimenticare i tre rigori di fila sbagliati nel match di Copa America contro la Colombia, che decreteranno l’eliminazione dell’Albiceleste dal torneo e il suo ostracismo dalla Nazionale. Pochi mesi dopo la quale Martin si rompe del ginocchio destro, che lo terrà fuori per 6 mesi, tornando giusto in tempo per entrare, siglare il 3-0 ai danni del River ed aprire le porte della finale agli Xeneizes, poi vinta contro il Palmeiras. Il 28 novembre 2000, il Boca di Palermo, dopo un percorso incredibile che lo ha portato ad affermarsi in Sudamerica, affronta il Real Madrid di Fernando Hierro, Raul, Figo, Roberto Carlos, nella finale di Coppa Intercontinentale, per stabilire chi ha il diritto di fregiarsi col titolo di campione mondiale. Sulla panchina dei “Bosteros” siede Carlos Bianchi, uno che sa come fermare i colossi del calcio europeo, perché già autore di un’impresa sensazionale contro il Milan di Capello due anni prima. Il mister tocca le corde giuste e la squadra risponde con una prestazione perfetta per fiducia nei propri mezzi, organizzazione, intensità, e soprattutto ”garra”, la grinta e la tenacia tipica dei sudamericani.
L’approccio degli argentini è dei migliori e, con un uno-due terrificante si ritrovano a condurre sul risultato di 2-0 a soli 6 minuti dall’inizio del match. I gol sono entrambi sull’asse Riquelme-Palermo: il 10 argentino prima serve Palermo con un cross morbido morbido, poi innesca il contropiede del 2-0 sfruttando la corsa di Palermo, che depositando la palla in rete, porta in delirio i tifosi gialloblù e lascia attoniti i Blancos, che riescono solo ad accorciare le distanze pochi minuti dopo con un bel gol di Roberto Carlos. Al National Stadium di Tokyo il Boca si laurea campione del mondo e le luci della ribalta sono tutte per quel ragazzone biondo platino, El Titan, che ha appena trascinato il Boca sul tetto del mondo.
La fuga (dolorosa) spagnola e il ritorno a casa, con il record e l’ennesimo infortunio
Ottenuto il titolo mondiale, Palermo chiude il suo primo ciclo con gli Xeneizes, conquistando il titolo di Apertura e perfezionando il tanto sospirato passaggio dal Nuovo al Vecchio Continente. Dopo il duplice nulla di fatto con la Lazio di Cragnotti, la rottura del legamento e la corte del Chelsea, a fargli da guida nel Nuovo Mondo c’è il Villareal. Con il Submarino Amarillo segna 18 gol in 36 partite, ma a mettergli i bastoni tra le ruote ci pensa un altro stupido infortunio. Mentre esulta per un gol, crolla il muretto di un cartellone pubblicitario e la prognosi del medico è terribile: 6 mesi di stop. Conclude l’avventura europea nel 2004, dopo aver disputato una brutta stagione col Betis Siviglia, e fa ritorno tra le mura di casa, a la “Bombonera” dove gli Xeneizes sono pronti a celebrare il ritorno del Figliol Prodigo. Nella sua seconda avventura a Buenos Aires, diventa il miglior marcatore della storia del Boca con 236 gol, sfilando il primato a Roberto Cherro. “El Titan” trova vecchi compagni, come Abbondanzieri, Barros Schelotto e Battaglia e nuove leve, come Jesus Datolo, Fernando Gago, Carlitos Tevez e Rodrigo Palacio. Nel 2004 a fianco di Carlitos vince la prima Copa Sudamericana della storia del Boca, siglando 4 gol, di cui uno decisivo in finale. Nelle successive due stagioni Palermo forma una super-coppia con Palacio detto El Trenza, un giovane e funambolico fantasista. In 12 mesi i magnifici due trascinano il Boca a vincere prima la Recopa Sudamerica e poi la seconda Copa Sudamerica della sua storia, oltre alla realizzazione di una storica doppietta, la vittoria consecutiva del campionato Apertura e di quello Clausura, eguagliando un’impresa riuscita in passato solo agli odiati cugini del River. Nell’estate del 2006 il duo bissa il successo in Recopa Sudamerica nella doppia sfida contro il Sao Paolo, con 2 gol decisivi di Palermo per il 4-2 finale.
Nel 2007 il numero 9 del Boca celebra il ritorno di Juan Romàn Riquelme, suo vecchio compagno di gioco, reduce da un’esperienza europea tra Barcellona e Villareal: dopo essersi segnalato come uno dei migliori centrocampisti della Champions, aveva finito per litigare con mister Pellegrini ed essere messo fuori rosa. Riquelme agisce da trequartista puro, dietro alle due punte Palermo e Palacio: i tre formano un micidiale tridente offensivo, capace di realizzare 17 gol (8 Roman, 5 Palermo, 4 Palacio), che regala al Boca la vittoria della sesta Libertadores e la possibilità di arrivare in finale al Mondiale per club. Malauguratamente per lui l’incontro viene perso per 4-2 per l’assenza di Riquelme contro un Milan, in cerca di rivincita dopo la sconfitta del 2003. L’anno successivo Martìn, dopo aver contribuito con un gol alla vittoria della Recopa Sudamericana nella doppia sfida tutta argentina contro l’Arsenal di Sarandì, è vittima dell’ennesimo scherzo del destino: rottura del crociato alla seconda di campionato. Tale infortunio lo costringe ai box per sei mesi, e ad assistere dalla tribuna alla vittoria del suo ultimo titolo, l’Apertura 2008.
Al ritorno in campo segna 13 gol in 19 partite, raggiungendo col Boca gli ottavi di Libertadores. Il 4 ottobre 2009, nel match di Apertura contro il Velez, succede qualcosa di straordinario. El Loco Palermo infrange ogni legge della fisica segnando un gol di testa da 40 metri. Un’opera d’arte che gli vale il secondo posto nel Guinness World record. “El Optimista del Gol”, ribattezzato così da mister Bianchi per l’incredibile forza mentale e la grinta da leone, non smette di stupire, e si laurea appena 18 giorni dopo come il più grande bomber della Storia del “Superclasico”, il derby tra Boca e River.
Di nuovo in albiceleste, dopo dieci anni, con Diego Armando
Le sue buone prestazioni attirano l’attenzione di un suo vecchio estimatore, Diego Armando Maradona, allora ct dell’Argentina, che lo convoca in Nazionale 10 anni dopo l’ultima terribile esperienza. Si proprio lui, D10S ha bisogno dei gol, dell’esperienza, della “garra” del Loco per salvare l’Argentina dal rischio di una disfatta storica: la mancata qualificazione al Mondiale. Dopo aver riscaldato i motori contro il Ghana, è l’ora di Argentina-Perú: dopo il pareggio in Paraguay è necessaria una vittoria per andare in Sudafrica. È il 90esimo minuto e il Perú ha appena trovato il gol del pari. Maradona in panchina è una maschera, Messi in campo vaga come un fantasma. Mancano due minuti di recupero l’Argentina prova gli ultimi disperati assalti. Sugli sviluppi di un cross Palermo, appostato sul secondo palo, la mette dentro. Esulta con le braccia aperte, con lo sguardo rivolto verso il cielo, come a scrollarsi di dosso, in una sorta di catarsi, le scorie accumulate in anni e anni di assenza dalla nazionale e le critiche di chi lo considerava “bollito”.
Intorno a lui c’è la festa del “Monumentàl”, lo stadio degli odiati rivali del River, che inneggia al suo nome al grido di “San Martin”, ringraziandolo per il miracolo appena compiuto: aver salvato D10S e tutto il popolo argentino da una disfatta storica. Alla ripresa del campionato segna 10 gol in 19 match nel torneo di Clausura e, grazie alla doppietta a La Bombonera nel 4-0 contro il Sarandì, si consacra come il più grande realizzatore della storia del Boca con 220 gol. A fine campionato prepara le valigie per il Sudafrica: il Mondiale è un atto dovuto per chi a Diego e all’Albiceleste ha salvato la pelle. Al 35esimo minuto entra al posto di Milito, realizzando la sua unica presenza ad un Mondiale all’età di 37 anni. 9 minuti più tardi, su tiro respinto di Messi, arriva il tap-in vincente del Loco Palermo: gli bastano solo 10 minuti per segnare e archiviare partita e primo posto nel girone.
L’addio alla Bombonera, San Martin vestito da Superman
Di ritorno dal Sogno Mondiale, Martin si appresta a vivere l’ultima stagione da professionista, ma è deciso a farlo alla grande. Con 14 reti in 38 partite, di cui una nel “Superclasico” contro il River, non si può dire che non si sia riuscito. Il 12 giugno 2011 gioca la sua ultima partita alla “Bombonera” tra le lacrime e le ovazioni della sua gente. A fine partita, parte la festa tra i cori e l’inno nazionale: “El Loco” non si smentisce e pronuncia il suo discorso d’addio vestito da Superman; mentre un gruppo di tifosi stacca lo scheletro della porta e lo regala al loro Supereroe. Un ultimo omaggio per il più grande giocatore della storia del club, capace di lasciare col fiato sospeso due generazioni di tifosi con le sue peripezie e i suoi fantastici gol (ben 236!) sempre al limite dell’impossibile.
Giacomo Bonetti