“Godrò di tutto il fascino che questo paese incantevole ha per me, come se fosse volontà sua, né lascerò che i miei pensieri vadano verso altri sogni”. Così la scrittrice francese Pauline Marie de la Ferrinays coniugata Craven si esprimeva in merito a Cava de’ Tirreni, luogo in cui aveva creato un centro culturale dedicandosi varie opere filantropiche.
Cava de ‘ Tirreni è un piccolo gioiello nell’entroterra della costiera amalfitana, situato nella vallata che separa i Monti Picentini e i Monti Lattari a pochi chilometri dal mare. Nelle vie del paese si respirano storia e folklore in un continuo alternarsi di architettura religiosa e civile. Per il patrimonio architettonico e per il paesaggio la cittadina in provincia da Salerno viene chiamata “la piccola Svizzera”, epiteto paradossale vista la zona in cui è situata. Cava de’ Tirreni è effettivamente un’anomalia rispetto ad altre zone limitrofe tristemente note alle cronache: in città vi sono infatti numerosi istituti di credito e si respira un clima di tranquillità e sicurezza malgrado il calo delle attività produttive negli ultimi anni. Nel 1980 il terremoto che travolse l’Irpinia arrivò fino a Cava con sette morti, centinaia di sfollati e gravi danni subiti dal Duomo cittadino. Nell’autunno del 1982 la città sotto molti aspetti era ancora scossa dal grave fenomeno sismico e molte persone vivevano ancora nei containers. Un ottimo diversivo ai tempi duri dell’epoca era rappresentato dai successi della Cavese, squadra di calcio cittadina che stava disputando secondo campionato di Serie B.
Il 7 novembre 1982 la squadra allenata da Pietro Santin è però attesa da un impegno proibitivo: la trasferta a San Siro contro il Milan. I rossoneri erano reduci dalla seconda retrocessione dopo lo scandalo calcio scommesse e lo sciagurato campionato 1981-’82. La squadra costituita per la categoria è però ambiziosa e punta ad un’immediata risalita: il capitano è già Franco Baresi campione del mondo con la nazionale ai mondiali di Spagna. Ci sono poi giocatori in rampa di lancio che arriveranno a vincere scudetti e coppe campioni e ad essere per diversi anni nel giro della nazionale (Mauro Tassotti, Alberigo Evani Aldo Serena) giocatori che hanno giocato o giocheranno in pianta stabile in serie A (Sergio Battistini, Giancarlo Pasinato, Vinicio Verza e Ottorino Piotti), un ex nazionale come Oscar Damiani e la stella, il possente scozzese Joe Jordan chiamato a riscattare una serie di annate deludenti. La squadra è allenata da Ilario Castagner e dopo un inizio stentato (due pareggi nelle prime due partite) ha letteralmente messo il turbo surclassando nell’ultimo impegno casalingo l’altra nobile decaduta Bologna con il punteggio di 5-0. La Cavese dal canto suo sta facendo un’ottima stagione dopo la sofferta salvezza ottenuta la stagione precedente. La squadra è formata da onesti mestieranti di categoria ed ha come elementi di spicco i bomber Costante Tivelli e Bartolomeo Di Michele.
Il 7 novembre 1982 è una tipica giornata autunnale nella Pianura Padana con freddo e pioggerellina. A scaldare l’atmosfera della “Scala del calcio” ci pensano i seimila tifosi giunti a sostenere la Cavese tra eroi che hanno affrontato il lungo viaggio in pullman e immigrati al nord che non vedono l’ora di rispolverare le proprie origini. Il focoso presidente Violante sa che la sfida conto il Milan è un’occasione unica e triplica il premio partita per i suoi giocatori ma la vittoria sembra una mera utopia. I giocatori di Santin sono proiettati in un clima irreale: all’ingresso in campo si trovano davanti cinquantamila spettatori, un colpo d’occhio pazzesco per chi è abituato ad uno stadio che quando c’è il tutto esaurito ne ospita settemila. Il canovaccio dei primi minuti dell’incontro è assai prevedibile: il Milan prende d’assalto la porta della Cavese con il portiere Franco Paleari a tenere insieme baracca e burattini. Al 23’ avviene l’inevitabile: in una mischia in area Paleari fa l’ennesimo miracolo su Verza, il gigante Jordan ribadisce in porta di testa, Piangerelli respinge il pallone a ridosso della linea. La Var ai tempi non è nemmeno nei sogni più oscuri di Biscardi, l’arbitro Falzier decide di convalidare e i meneghini sono così meritatamente in vantaggio.
Passano tre minuti e avvengono due eventi difficili da pronosticare: il primo è un errore difensivo di Baresi, troppo audace nel liberare l’area di tacco, il secondo è il colpo di Costante Tivelli, bomber da 150 gol in carriera tra serie B e serie C, che riceve palla da Pavone e fa partire un sinistro violentissimo che non lascia scampo a Piotti. Nella zona riservata alla Fossa dei Leoni, dietro il portiere del Milan, cala un silenzio irreale mentre dall’altra parte dello stadio i seimila da Cava de’ Tirreni impazziscono di gioia in un trionfo di pianti, petardi e cori che rivendicano l’orgoglio meridionale. I rossoneri si riversano immediatamente nella metà campo avversaria alla ricerca del nuovo vantaggio ma Serena non è in giornata di grazia e Paleari si traveste da San Gennaro. L’intervallo è una dolce tregua per i tifosi della Cavese che si possono gustare quel dolce risultato.
L’apoteosi arriva però al decimo del secondo tempo: Pavone brucia un irriconoscibile Baresi e crossa in mezzo per Bartolomeo Di Michele che trova nell’area di San Siro il deserto del Bengodi visto che Tassotti si è completamente dimenticato di lui. Lo stacco di testa non lascia spazio a Piotti e incredibilmente la Cavese è in vantaggio a San Siro. Se il gol di Tivelli era stato per i tifosi ospiti un’immagine che per essere messa a fuoco aveva bisogno di un intero campo da calcio, il colpo di testa di Di Michele è invece immediato. Ad alcuni manca il respiro, altri non vogliono vedere.Milan-Cavese 1-2, 55° minuto. Ne mancano trentacinque per il definitivo trionfo, trentacinque minuti che ai tifosi ospiti sembrano lunghi quanto la costruzione della Salerno-Reggio Calabria. Il Milan però si è spento, ci prova dalla distanza, ma basta un Paleari in versione ordinaria per neutralizzare i tentativi dei padroni di casa. I minuti che separano dal novantesimo diventano trenta, poi venti, poi dieci. Intanto subentra il nervosismo, la tensione, la stanchezza.. e la storia che ha deciso che quel 7 novembre 1982 sarà una giornata speciale. Triplice fischio, finalmente ci si può liberare, finalmente si può dar voce al proprio orgoglio. E’ proprio vero, la Cavese ha battuto il Milan a San Siro. Il presidente Violante dichiara a caldo: “Devo bere assolutamente qualcosa, altrimenti non mi riprendo”, a Novantesimo Minuto si parla addirittura di “Real Cavese”. Il giorno dopo i titoli dei giornali si sprecano, il più inflazionato è la citazione del film di Vittorio De Sica “Miracolo a Milano”.
Ovviamente non può continuare, ovviamente è un sogno. Quella con la Cavese sarà l’unica sconfitta stagionale per il Milan che a fine campionato otterrà senza troppi patemi la promozione in Serie A. Pochi anni dopo arriveranno Berlusconi e Sacchi che riporteranno i rossoneri sul tetto d’Europa e del mondo. La Cavese invece subirà un calo nel girone di ritorno e mancherà la promozione per un soffio, retrocedendo poi l’anno successivo e iniziando poi un pellegrinaggio nelle categorie minori che non la riporterà più ai fasti di quella stagione 1982-’83. Resta però una storia, che va avanti ormai da trentasei anni, la storia di tredici giocatori che in paese sono ancora degli eroi. Resta il racconto di quel 7 novembre 1982 che viene tramandato di generazione in generazione con tutte le sfumature di un ricordo che svanisce e di una leggenda che vuole rimanere tale.
Come racconta oggi il bomber Costante Tivelli “Di ricordi certo non si vive, ma è bello goderseli una volta ogni tanto”.. come salvaschermo del proprio cellulare ha un tabellone luminoso, in uno stadio gremito una grigia domenica di inizio anni ottanta. C’è scritto Milan-Cavese 1-2 Jordan, Tivelli, Di Michele.. questo può bastare.
Valerio Zoppellaro