Orazio Russo, il pendolino terribile innamorato del Catania
Gen 16, 2020

Il Catania stava perdendo per due a zero contro il Vicenza. Ad un certo punto però, dalla panchina, l’’allenatore fece alzare un giocatore. Non era particolarmente giovane, né famoso, ma era amatissimo dal pubblico. Si chiamava Orazio Russo.

Russo con la fascia di capitano del Catania

Era un catanese, un tifoso del Catania. Da bambino aveva sognato di essere uno dei quarantamila che sedevano in tribuna – io c’ero, quel giorno – agli spareggi dell’Olimpico, nel giugno dell’’ottantatré.

Foto a fianco: Orazio Russo nel Lecce

E in quel momento, durante la partita del mio sogno, stava vivendo uno degli ultimi anni della sua carriera da giocatore. E lo stava vivendo da giocatore del Catania.

Russo nella sua unica presenza in Serie A, sempre con il Catania

Poco dopo il suo ingresso in campo, Orazio corse sulla destra verso il fondo. Quindi dal suo piede partì un cross diretto al centro dell’’area di rigore.

Nella Spal

E lì un difensore del Vicenza fece una cosa che nessun difensore nella realtà avrebbe mai potuto fare. Calciò la palla di tacco, con un gesto degno di Maradona, che annichilì il suo portiere, realizzando un autogol capolavoro. Un autogol da sogno, il più bell’autogol della sua vita.

Nel Padova

Il Catania a quel punto perdeva ancora. Ma, adesso, soltanto per due a uno. Pioveva a dirotto, ormai. E il tempo continuava a scorrere.

Foto a fianco: nel Savoia

Quando l’ultimo granello di sabbia stava per scivolare in fondo alla clessidra, la palla capitò ancora dalle parti di Orazio. Poco fuori dall’’area di rigore vicentina, un po’ decentrato sulla destra, questi la controllò con la coscia destra, poi la lasciò ricadere sul sinistro.

Orazio Russo e Fabio Caserta in allenamento a Massannunziata

E con esso, prima che cadesse a terra, la calciò con tutta la forza dei suoi muscoli, con tutta la precisione della sua mira, con tutto l’’amore che aveva in corpo per la maglia del Catania.

Nel giorno dell’addio al calcio

E la mandò a conficcarsi proprio alla confluenza di palo e traversa, all’’angolo opposto della porta, con un tiro che nessun portiere avrebbe potuto parare.

Il granello di sabbia rimase ancora un attimo sospeso, giusto il tempo necessario per permetterci di ammirare quel gol da sogno. Poi ricadde sul fondo della clessidra, e l’’arbitro fischiò la fine su un insperato risultato di parità.

Claudio Spagnolo

Vai all’articolo originale

Condividi su: