L’anima sportiva di un gruppo di tifosi calabresi del Catanzaro è riemersa veleggiando tra i vecchi ritagli di giornale e le foto del nostro amato capitano dell’ AC Thiene, Luigi Sardei detto Gino. Nato nella nostra cittadina nel 1937, Gino dopo aver debuttato a 17 anni tra i dilettanti rossoneri in Promozione, proseguì la carriera da professionista nel Brescia proseguendo nella Reggiana, Palermo, accasandosi per sei stagioni nel Catanzaro in serie B e poi tornare nella sua città di Thiene da capitano artefice della promozione in serie D.
Lo spirito sportivo del gruppo di tifosi del Catanzaro si è manifestato un anno dopo la scomparsa di Gino, avvenuta una calda sera d’estate del 2014, con il ritrovamento di una lettera che alcuni sostenitori giallorossi scrissero al calciatore vicentino il giorno dopo la finale di Coppa Italia Catanzaro – Fiorentina del 19 maggio del 1966 disputata allo stadio Olimpico di Roma. L’esito fatale di quella partita per Sardei e compagni giunse al 4° minuto del secondo tempo supplementare con il rigore assegnato alla squdra viola proprio per un fallo di mano in area di Sardei, poi trasformato fortunosamente da Bertini.
Risultato finale 2 a 1 per la Fiorentina e il sogno della Coppa Italia per Gino e le aquile giallorosse che svaniva. Con la pubblicazione di questo commovente scritto, voglio rendere omaggio agli autori della bella missiva e al nostro amico capitano scomparso. L’ultima pagina della lettera con le firme dei supporter calabresi, purtroppo, è andata perduta.
Il sottoscritto, tutti i simpatizzanti del club rossonero del Thiene, assieme ai famigliari di Sardei ringraziano i tifosi calabresi e l’US Catanzaro per aver manifestato a Gino, con moto sincero, l’essenza del proprio spirito sportivo.
” Roma 20 maggio 1966 Caro Sardei, siamo un gruppo di tifosi del Catanzaro residenti a Roma in un quartiere popolare (Centocelle). Eravamo all’Olimpico ieri a tifare per voi. Abbiamo deciso di scriverti, essendo stato impossibile avvicinarti ieri e anche per non turbarti ancora. Avremmo voluto dire a te, a Provasi e agli altri: grazie! Grazie di averci regalato la più bella giornata della nostra vita. Grazie per averci fatto assistere ad una partita indimenticabile.
Grazie per averci fatto vedere come si giuoca, oltre che con la testa e con le gambe, anche con l’anima e col cuore. Anche noi abbiamo creduto di morire in quel momento; ma, credici, neppure per un istante ti abbiamo biasimato e superato il primo istante di sbigottimento, senza nessun accordo preventivo, ci siamo trovati tutti a scandire il tuo nome. Al nostro coro si è aggiunto quello di altri e avremmo voluto gridarti in quel momento che poco ci importava del trofeo (che moralmente avete meritato). Quando in una competizione si giuoca con la passione con cui hai giuocato tu, l’esito della gara perde ogni importanza.
Il fallo è stato un eccesso di zelo. Il tuo impeto generoso ha spinto la tua mano a sollevarsi verso il pallone. Ti stringiamo in un abbraccio ideale con i tuoi compagni; assieme a Gasparini, Maccacaro e Provasi e a tutti gli altri senza distinzione. Il sentimento dell’affetto non ha graduatoria di meriti. Ciao Sardei; e non pensarci più! E se un giorno, come ha scritto oggi un giornalista romano; se un giorno racconterai ai tuoi figli le vicende di ieri e il tuo trauma, non dimenticar di dir loro che un gruppo di giovani (e alcuni non più giovani) ha pianto le tue stesse lacrime in quel momento e con te ha vissuto il tuo dramma” .
Giuseppe (Joe) Bonato